Giovanni Crocioni, scrivendo delle superstizioni nelle Marche, citava una Decisio De Superstitione dell'inquisitore Padre Domenico Maroni da Cagli.
Le streghe erano famose per i loro balli funebri...
« Tutti quelli dunque che hanno fatto patto, o espressamente o tacitamente, col Demonio, o per sé o per altri, questi si chiamano sortìleghi, superstiziosi, maghi, maliardi, stregoni, fattocchiari e divinatori.
Sono tali:
[...] Le donne che, mentre si portano li morti alle sepolture, fanno alcuni giri a guisa di danze o balli nelle piazze o nei sagrarii della chiesa, gridando e piangendo i morti. » [1]
Il rito della danza funebre era associato alle streghe:
nella demonologia, si era conservato il residuo di un'antica pratica di risveglio.
Ernesto De Martino descrive un rito per 'ridestare' il Morto...
« Un tempo in Westfalia durante i funerali una persona si collocava al centro della stanza mortuaria, e mentre i presenti danzavano si lasciava cadere a terra simulando la rigidità della morte.
A questo punto seguiva il lamento funebre e il bacio rituale al finto morto:
[...] Esaurita la cerimonia dei baci veniva eseguito un ballo tondo finché il finto morto al centro del cerchio si rialzava, mescolandosi alle danze. » [2]
Prendersi cura del Morto era importante.
Secondo la superstizione popolare, le streghe erano Morti trascurati:
Morti non pianti che tormentavano i Vivi.
Nei Sinodi diocesani dell'Emilia Romagna, si legge...
« Tutti potevano (ingegnandovisi) osservare le streghe, per le quali l'Epifania era giorno di fatica
[...] Con ogni verosimiglianza tutte queste streghe raffigurano le anime dei morti, libere di aggirarsi per le contrade dei vivi e di recar danno, in questa loro antichissima festa ». [3]
La paura nei Morti non pianti era così forte che, al passaggio di un feretro, si tenevano porte e finestre chiuse per evitare che l'anima del defunto entrasse in casa...
« Tanto al Sud quanto al Nord [...] è ancora in uso da qualche parte il costume, anch'esso ripetutamente condannato dai sinodi nel corso dei secoli, di aprire le finestre per consentire all'anima del moribondo di andarsene via, la finestra s'ha da chiudere, evidentemente perché l'anima del trapassato non torni. » [4]
◉ Sulle streghe e l'emancipazione femminile, vedi:
Le streghe e gli aborti: il Noce che rende libere.
◉ Sulle difese messe in atto contro gli Spiriti, vedi:
Vestirsi a lutto: come ingannare gli Spiriti.
◉ Sul potere magico di girare in cerchio, vedi:
Liturgie popolari: le origini magiche del Girotondo.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura da un Libro d'Ore all'uso di Roma, con scheletri che danzano in cerchio.
⮩ È tratta da un manoscritto visibile nel sito della Bodleian Library di Oxford, Ms. Douce 135: folio 72 recto.
_In apertura del post, incisione con scheletri danzanti opera di Michael Wolgemut, dalle Cronache di Norimberga di Hartmann Schedel.
Su Wikipedia è visibile una riproduzione.
Note al testo ---
[1] Cfr. Giovanni Crocioni, Superstizioni e pregiudizi nelle Marche durante il Seicento, Cappelli, Bologna, 1974, p. 65.
⮩ Crocioni si riferiva alle Decisiones prudentiales casuum et quaesitorum conscientiae..., edite a Forlì nel 1702 e riportate in Opac Nazionale.
[2] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975, p. 291.
[3] Cfr. Cleto Corrain e Pierluigi Zampini, Documenti Etnografci e folkloristici nei Sinodi Diocesani dell'Emilia-Romagna, Estratto da "Palestra del Clero", Rovigo, 1964, p. 10.
[4] Cfr. Annamaria Rivera, Il mago, il santo, la morte, la festa : forme religiose nella cultura popolare, Dedalo, Bari, 1988, p. 78.
venerdì 1 dicembre 2023
venerdì 17 novembre 2023
La voce degli Antenati: i Rospi indovini.
Che legame c'è tra i rospi e i Morti?
Per gli antichi, le anime degli antenati non abitavano i cieli;
ma lo stagno!
Nell'acqua risiede il principio della vita.
Gli animali che vivono a metà tra la terra e l'acqua -i Rospi- mettono in comunicazione gli uomini con i Morti.
Gian Luigi Beccaria spiega...
« Secondo una superstizione bretone nel rospo vive l'anima di un antenato.
In Lunigiana i rospi sono la reincarnazione delle persone morte.
In Sicilia (lo dice l'etimologia popolare del nome, buffa, poiché sbuffa) si crede che nel rospo siano carcerate le anime dei superbi.
Poiché vivono in lui anime di trapassati, di dannati a scontare una pena, va nutrito e trattato con affetto:
chi lo uccide avrà in sorte disgrazie.
[...] Appartiene alle tradizioni europee la credenza che l'anima del padrone di casa ritorni sotto forma di grosso rospo nel luogo dove è vissuto. » [1]
Il linguista Mario Alinei ricostruì, per aferesi (→ caduta della vocale iniziale), l'origine della parola "rospo" da quella "aruspice"...
« La nostra ipotesi è che rospo derivi dal latino haruspex 'aruspice', il mago di origine etrusca.
[...] Il rospo-parente appare anzitutto nelle fiabe, come dovremmo aspettarci sulla scorta delle teorie di Propp.
Nella loro recente e monumentale ricerca, Gamkrelidze e Ivanov includono rospi e rane fra gli animali che nella mitologia indoeuropea rappresentano il "mondo sotterraneo", e figurano come figli e antenati. » [2]
I defunti conoscono il futuro; e il rospo è prossimo ai Morti.
Per sapere ciò che avverrà i Rospi/aruspici, in grado di vedere il futuro, hanno un filo diretto con l'Oltretomba...
« aver dei contatti con le anime dei morti significa, in un certo modo, esser morti.
[...] perché i morti sanno tutto. » [3]
◉ Sugli animali dotati di poteri numinosi, vedi:
Animali Incantati: dal mito di Orfeo all'incanto dei Santi.
Stregoneria Animale: il gufo succhiatore che si trasforma in capro.
Animali Totem: il culto apotropaico di san Lupo.
Note alle immagini ---
_ L'immagine in apertura del post proviene da un manoscritto della Bibliothèque Municipale di Amiens: ms 108, folio 42v.
Vedi il sito BVMM, dedicato alle biblioteche virtuali francesi.
_La seconda immagine è tratta da un Bestiario iraniano dalla Morgan Library di New York, per segnatura: ms M 500, folio 76v.
_La miniatura in conclusione, con una 'rana-capolettera', è tratta da un manoscritto cinquecentesco visibile nel sito della British Library:
Royal MS 2 A XVI, folio 1 verso.
Note al testo ---
[1] Cfr. Beccaria, I nomi del mondo: santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 97.
[2] Cfr. Alinei, Rospo aruspice e rospo antenato, Quaderni di semantica, anno VIII, n. 2, Il Mulino, Bologna, dicembre 1987,
pp. 265 e 291-292.
[3] Cfr. Mircea Eliade, Lo Sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Eizioni Mediterranee, Roma, 2005, p. 106.
venerdì 10 novembre 2023
Bambini pagani? I piccoli Maghi e il Limbo.
Prima di ricevere il battesimo, i bambini si credevano pagani.
Il pianto dei neonati all'aspersione poteva essere interpretato come una resistenza del dèmone alla conversione.
L'antropologa Annamaria Rivera scriveva...
« [...] il bambino assume una sia pur incompleta identità soltanto dopo aver ricevuto il battesimo.
Altrimenti è pagano e, se muore, è destinato al limbo, aldilà indefinito come la sua identità. » [1]
Il battesimo era dispensato ad ogni costo:
in caso di morte prematura, il piccolo era un'anima perduta.
« Per il battesimo, nel paese di Pollone, era usanza di accompagnare il neonato al fonte battesimale con un secchiello di rame (o d'argento se si trattava di bambini ricchi), per esser pronti a un battesimo di fortuna nel caso che il piccolo stesse per morire durante il tragitto. » [2]
Bisognava fare presto:
troppo rischioso lasciare, a lungo, i bambini senza battesimo...
« Quell'intervallo di tempo, spesso non trascurabile, che va dal parto al battesimo, in cui il nato è considerato 'pagano' e non può quindi essere protetto dalle influenze negative mediante oggetti denotati in senso religioso:
"Nu ciriciullo de stoffa lu preparemo da per nui, però sempre dopo vattezzato perché prima erono pagani. » [3]
L'idea che i bambini senza battesimo fossero impuri, pre-cristiani, condizionò la loro educazione.
Il legame tra Magia e Infanzia era così stretto che giochi e filastrocche, fino al secolo scorso, erano costruite su figure e numeri dell'Incanto.
Gli stessi giochi dei bambini sono sopravvivenze di rituali pagani...
« L'antico immaginario magico-religioso è in qualche modo sopravvissuto a livello infantile, nei giochi. » [4]
Raffaele Pettazzoni si soffermava sul nesso tra giochi per bambini e ritualità arcaiche...
« Le cantile di parole senza senso onde i ragazzi accompagnano certi loro giochi sono sovente l'ultimo residuo di antiche formule d'incantesimo o di magia. » [5]
◉ Sulle sopravvivenze di rituali magici nel mondo infantile:
M'ama / non m'ama: una divinazione d'amore fatta con i fiori.
◉ Sui giochi e sul rumore come rito apotropaico:
Pasqua esplosiva: le usanze 'belle' di una volta.
◉ Ripetizione incantatoria in una filastrocca:
« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.
◉ Alleati e vittime delle streghe descritti in una filastrocca:
Il maleficio delle Tre Civette.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura con bambini che giocano su una scacchiera da un manoscritto dal Paul Getty Museum di Los Angeles, e visibile nel sito ufficiale.
Per segnatura: Ms. Ludwig IX 2, folio 142.
_La miniatura in apertura, con un bambino che riceve il battesimo,
è tratta da un manoscritto francese della Morgan Library di
New York, visibile nel sito della Biblioteca americana:
ms M. 751, folio 48r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Annamaria Rivera, Il mago, il santo, la morte, la festa. Forme religiose nella cultura popolare, Edizioni Dedalo, Bari, 1988, p. 101.
[2] Cfr. La sagra degli Ossessi. Il patimonio delle tradizioni popolari italiane nelle società settentrionali, a cura di Carlo Tullio Altan, Sansoni, Firenze, 1972, p. 149.
[3] Cfr. Giancarlo Baronti, Tra bambini e acque sporche: immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Morlacchi, Perugia, 2008, p. 112.
[4] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 154.
[5] Cfr. Raffaele Pettazzoni, Il Rombo in I Misteri: saggio di una teoria storico-religiosa, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, p. 17.
Il pianto dei neonati all'aspersione poteva essere interpretato come una resistenza del dèmone alla conversione.
L'antropologa Annamaria Rivera scriveva...
« [...] il bambino assume una sia pur incompleta identità soltanto dopo aver ricevuto il battesimo.
Altrimenti è pagano e, se muore, è destinato al limbo, aldilà indefinito come la sua identità. » [1]
Il battesimo era dispensato ad ogni costo:
in caso di morte prematura, il piccolo era un'anima perduta.
« Per il battesimo, nel paese di Pollone, era usanza di accompagnare il neonato al fonte battesimale con un secchiello di rame (o d'argento se si trattava di bambini ricchi), per esser pronti a un battesimo di fortuna nel caso che il piccolo stesse per morire durante il tragitto. » [2]
Bisognava fare presto:
troppo rischioso lasciare, a lungo, i bambini senza battesimo...
« Quell'intervallo di tempo, spesso non trascurabile, che va dal parto al battesimo, in cui il nato è considerato 'pagano' e non può quindi essere protetto dalle influenze negative mediante oggetti denotati in senso religioso:
"Nu ciriciullo de stoffa lu preparemo da per nui, però sempre dopo vattezzato perché prima erono pagani. » [3]
L'idea che i bambini senza battesimo fossero impuri, pre-cristiani, condizionò la loro educazione.
Il legame tra Magia e Infanzia era così stretto che giochi e filastrocche, fino al secolo scorso, erano costruite su figure e numeri dell'Incanto.
Gli stessi giochi dei bambini sono sopravvivenze di rituali pagani...
« L'antico immaginario magico-religioso è in qualche modo sopravvissuto a livello infantile, nei giochi. » [4]
Raffaele Pettazzoni si soffermava sul nesso tra giochi per bambini e ritualità arcaiche...
« Le cantile di parole senza senso onde i ragazzi accompagnano certi loro giochi sono sovente l'ultimo residuo di antiche formule d'incantesimo o di magia. » [5]
◉ Sulle sopravvivenze di rituali magici nel mondo infantile:
M'ama / non m'ama: una divinazione d'amore fatta con i fiori.
◉ Sui giochi e sul rumore come rito apotropaico:
Pasqua esplosiva: le usanze 'belle' di una volta.
◉ Ripetizione incantatoria in una filastrocca:
« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.
◉ Alleati e vittime delle streghe descritti in una filastrocca:
Il maleficio delle Tre Civette.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura con bambini che giocano su una scacchiera da un manoscritto dal Paul Getty Museum di Los Angeles, e visibile nel sito ufficiale.
Per segnatura: Ms. Ludwig IX 2, folio 142.
_La miniatura in apertura, con un bambino che riceve il battesimo,
è tratta da un manoscritto francese della Morgan Library di
New York, visibile nel sito della Biblioteca americana:
ms M. 751, folio 48r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Annamaria Rivera, Il mago, il santo, la morte, la festa. Forme religiose nella cultura popolare, Edizioni Dedalo, Bari, 1988, p. 101.
[2] Cfr. La sagra degli Ossessi. Il patimonio delle tradizioni popolari italiane nelle società settentrionali, a cura di Carlo Tullio Altan, Sansoni, Firenze, 1972, p. 149.
[3] Cfr. Giancarlo Baronti, Tra bambini e acque sporche: immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Morlacchi, Perugia, 2008, p. 112.
[4] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 154.
[5] Cfr. Raffaele Pettazzoni, Il Rombo in I Misteri: saggio di una teoria storico-religiosa, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, p. 17.
mercoledì 1 novembre 2023
Mangiare e bere i Morti: il tesoro di Ade.
Mangiare i Morti era una pratica che i Sinodi diocesani dovevano scongiurare.
Si proibiva di trasformare i cimiteri in degli orti...
« Un poco di luce sui motivi di queste tassative prescrizioni ci viene da un sinodo di Rimini del 1711.
Ci si preoccupa che i parroci non abbiano ad adibire ad orti i cimiteri, cibandosi indecorosamente dei loro prodotti e peccando così di necrofagia indiretta. » [1]
I prelati temevano il riaffiorare di antiche credenze pagane sul banchetto funebre.
Ernesto de Martino, sul rito di mangiare i morti, scriveva ...
« [...] troviamo una sorprendente conferma di questa interpretazione in determinate espressioni linguistiche popolari che stabiliscono una equivalenza tra banchetto funebre e "bere" o "mangiare" i morti.
[...] In particolare gli abitanti di Zurigo erano chiamati Totenfresser o Totentrinker a cagione dei loro imponenti banchetti funebri.
A queste espressioni fa riscontro l'italiano "mangiare i morti", con lo stesso significato. » [2]
L'usanza di mangiare i morti derivava dal mondo antico, quando si credeva nel ricco Ade (Plutone, per i latini).
Un dio infero così prospero da coincidere, nel paradigma latino, con il dio stesso della ricchezza: Pluto...
◉ Nominativo: Pluto
◉ Genitivo: Plutonis
◉ Dativo: Plutoni
◉ Accusativo: Plutonem
◉ Vocativo: Pluto
◉ Ablativo: Plutone
Robert Graves, ne I miti greci, citava questa associazione...
« [...] si parla di Ade come di Plutone o Pluto, cioè il "ricco" ». [3]
Che la morte coincidesse con la ricchezza era noto ai Romani...
« A Roma il cipresso era sacro in special modo a Dis Pater, antica divinità infernale il cui nome significa "il più ricco di tutti gli dei", perché il numero dei suoi sudditi non cessava di crescere ». [4]
La terra, in cui si seppellivano i Morti, restituiva agli uomini la ricchezza:
non a caso, nel gergo popolare, i soldi si chiamano "la grana" proprio dal "grano".
Ignazio Buttita riportava un'invocazione dei contadini siciliani a sant'Antonio, il cui elemento iconografico è proprio il pane...
« La famiglia contadina [...] pregava sant'Antonio da Padova affinché favorisse un abbondante raccolto:
Sant'Antuninu, sant'Antuninu, / a lu gran Diu vu' siti vicinu: / grossa la spica, biunna la grana, / ed ogni cori s'allegra e si sana! » [5]
◉ Post sul rito del pasto funebre ---
Cristo 'infornato': mangiare gli Dèi.
Nota alle immagini ---
_Le miniature con cui ho illustrato il post sono tratte dal manoscritto Add MS 36684 della British Library:
folii 100 recto, 142 verso e 144 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Cleto Corrain e Pierluigi Zampini, Documenti etnografici e folkloristici nei Sinodi Diocesani dell'Emilia-Romagna, in Palestra del Clero, agosto-settembre 1964, Rovigo, p. 27.
[2] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975, p. 227.
[3] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota g a p. 109.
[4] Cfr. Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, Studio Tesi, Pordenone, 1989, p. 76.
[5] Cfr. Ignazio Buttita, I morti e il grano. Tempi del lavoro e ritmi della festa, Meltemi, Roma, 2006, p. 86.
Si proibiva di trasformare i cimiteri in degli orti...
« Un poco di luce sui motivi di queste tassative prescrizioni ci viene da un sinodo di Rimini del 1711.
Ci si preoccupa che i parroci non abbiano ad adibire ad orti i cimiteri, cibandosi indecorosamente dei loro prodotti e peccando così di necrofagia indiretta. » [1]
I prelati temevano il riaffiorare di antiche credenze pagane sul banchetto funebre.
Ernesto de Martino, sul rito di mangiare i morti, scriveva ...
« [...] troviamo una sorprendente conferma di questa interpretazione in determinate espressioni linguistiche popolari che stabiliscono una equivalenza tra banchetto funebre e "bere" o "mangiare" i morti.
[...] In particolare gli abitanti di Zurigo erano chiamati Totenfresser o Totentrinker a cagione dei loro imponenti banchetti funebri.
A queste espressioni fa riscontro l'italiano "mangiare i morti", con lo stesso significato. » [2]
L'usanza di mangiare i morti derivava dal mondo antico, quando si credeva nel ricco Ade (Plutone, per i latini).
Un dio infero così prospero da coincidere, nel paradigma latino, con il dio stesso della ricchezza: Pluto...
◉ Nominativo: Pluto
◉ Genitivo: Plutonis
◉ Dativo: Plutoni
◉ Accusativo: Plutonem
◉ Vocativo: Pluto
◉ Ablativo: Plutone
Robert Graves, ne I miti greci, citava questa associazione...
« [...] si parla di Ade come di Plutone o Pluto, cioè il "ricco" ». [3]
Che la morte coincidesse con la ricchezza era noto ai Romani...
« A Roma il cipresso era sacro in special modo a Dis Pater, antica divinità infernale il cui nome significa "il più ricco di tutti gli dei", perché il numero dei suoi sudditi non cessava di crescere ». [4]
La terra, in cui si seppellivano i Morti, restituiva agli uomini la ricchezza:
non a caso, nel gergo popolare, i soldi si chiamano "la grana" proprio dal "grano".
Ignazio Buttita riportava un'invocazione dei contadini siciliani a sant'Antonio, il cui elemento iconografico è proprio il pane...
« La famiglia contadina [...] pregava sant'Antonio da Padova affinché favorisse un abbondante raccolto:
Sant'Antuninu, sant'Antuninu, / a lu gran Diu vu' siti vicinu: / grossa la spica, biunna la grana, / ed ogni cori s'allegra e si sana! » [5]
◉ Post sul rito del pasto funebre ---
Cristo 'infornato': mangiare gli Dèi.
Nota alle immagini ---
_Le miniature con cui ho illustrato il post sono tratte dal manoscritto Add MS 36684 della British Library:
folii 100 recto, 142 verso e 144 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Cleto Corrain e Pierluigi Zampini, Documenti etnografici e folkloristici nei Sinodi Diocesani dell'Emilia-Romagna, in Palestra del Clero, agosto-settembre 1964, Rovigo, p. 27.
[2] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975, p. 227.
[3] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota g a p. 109.
[4] Cfr. Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, Studio Tesi, Pordenone, 1989, p. 76.
[5] Cfr. Ignazio Buttita, I morti e il grano. Tempi del lavoro e ritmi della festa, Meltemi, Roma, 2006, p. 86.
mercoledì 18 ottobre 2023
Madre Luna: il simbolo della Dea nella chiesa di un cimitero.
Nella chiesa perugina al cimitero di Monterone c'è un simbolo mariano curioso, sulla cuspide dell'altare:
due V incrociate, chiuse ai lati da due segni a forma di mezza Luna.
Sotto corre una scritta ambigua:
V SS. delle Grazie
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in cima al colle, fiancheggia l'ingresso al Cimitero:
cosa c'entra la Madre di Cristo con i Morti?
Torniamo al nostro simbolo:
la V si riferisce alla Vergine, a cui la chiesa è consacrata.
Gian Luigi Beccaria spiegava come la Madonna ereditò questa lettera dal culto di Venere, di cui la Vergine era la continuazione in età cristiana...
« Sostituzione frequente è Maria in luogo di Venere:
capillus Veneris diventa cheveux de Notre-Dame
[...] Il tipo capelli della Madonna 'capelvenere' si diffonde a livello popolare in tutte le lingue europee forse per il tramite stesso dei monaci che negli erbari propongono la sostituzione del nome pagano col nome cristiano. » [1]
L'iscrizione non è casuale:
la V è il più antico simbolo del Femminino.
In un vaso da Vulci, Dioniso si mostra a due Menadi;
una di loro regge un capro in mano:
i loro corpi sono 'avvolti' da V multiple, dritte e al rovescio.
Le due mezzelune, affrontate, nel mondo pagano erano simbolo della Vita che ☽ nasce e che muore ☾ .
Il poeta latino Ovidio, ne I Fasti, scriveva sul doppio volto della profetessa Carmenta:
era Lei a dispensare la sorte dei nascituri...
« E chiunque tu sia, se ami gli antichi riti, sta’ vicino
a chi prega, ascolterai nomi mai prima uditi:
si cerca di placare Pòrrima, e Postverta
[…] si crede che l’una cantasse ciò che era stato,
l’altra predicesse ciò che sarebbe accaduto. » [2]
Le due facce di Carmenta predicevano il futuro del nascituro, come i due volti di Giano -dio a cui la Dèa era associata, e alle cui feste seguiva: nel Calendario romano.
« Carmenta era quindi la dea che prediceva il futuro a chi nasceva, analoga alla Moira dei Greci.
[…] Gli appellativi che venivano attribuiti alla dea, di antevorta e postvorta, sono interpretati da Pettazzoni, come riferiti alla luna. Infatti, nel suo ciclo, la luna si presenta rivolta ora in una direzione ora in un’altra (luna crescente ☽ e ☾ luna calante).
Le due “facce” di Carmenta sono associate in qualche modo alle due facce di Giano. » [3]
Le due Lune affrontate erano il simbolo della Dèa come Labrys:
l'ascia bipenne della cultura Minoica.
In un vaso (phitos) rinvenuto nel golfo di Mirabella, vediamo la labrys associata ad una grande testa di Toro:
l'animale paredro della Madre Cretese...
Ermes usò un'ascia bipenne per estrarre Atena dalla testa di Zeus.
Come scrisse l'archeologa inglese Jane Ellen Harrison, Atena era la Grande Madre ingenerata – associata al simbolo della bipenne –
a cui si diede poi un padre:
partorita proprio con l'ascia, simbolo del Suo culto Matriarcale.
« Come folgore scaturì la sua vita dalla luce della testa del Padre, eppure questo rimane un disperato espediente teologico per privare delle sue condizioni matriarcali una Kore nata dalla terra. » [4]
Questo simbolismo, materno e funebre,
☽ Luna crescente ◉ Luna calante ☾ ,
si deve a un fatto empirico:
molti nascituri, nel mondo antico e fino all'Ottocento, venivano alla luce già Morti.
La dèa che vigilava sulle gravidanze era, anche, Colei che avrebbe accompagnato i Morti al 'guado'.
L'antropologa Michela Zucca spiegava:
« La nascita, nel mondo antico, era l'altra faccia della morte:
il numero di decessi per complicazioni da parto doveva essere altissimo, le madri hanno continuato a morire fra i dolori più atroci per dar luce a nuove vite fino a poco tempo fa. » [5]
Nella chiesa mariana di un Cimitero, e in un Simbolo, è sopravvissuto questo arcaico potere.
Se vuoi approfondire l'argomento, dai uno sguardo al libro...
◉ Sul culto lunare della Dèa-vacca, vedi:
La luna e le corna: il culto della Vacca lunare.
◉ Sulla Madre oscura protettrice, vedi:
Madre Nera e dèmoni protettivi: la dèa apotropaica e la Madonna Bruna.
Note alle immagini ---
_La pittura vascolare con la Nascita di Atena, sopra, è assegnata al Pittore del Phrynos, e fa parte delle collezioni del British Museum.
_La pittura vascolare con Dioniso che appare a due Menadi, terza immagine del post, è opera del Pittore di Amasis: il vaso, a figure nere, proviene da Vulci ed è custodito nel Cabinet des médailles della Bnf di Parigi.
Visita la pagina dedicata su Wikipedia.
_La miniatura con una figura a due teste, quarta immagine del post, è tratta dal manoscritto B 11.22 del Trinity College di Cambridge: folio 8 verso.
_Il vaso con una testa di Toro (o Vacca sacra), e asce bipenne che corrono intorno, emblema Minoico, è un Pythos dal Museo Archologico di Heraklion (isola di Creta).
Note al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 74.
[2] Cfr. George Thomson, Eschilo e Atene, Einaudi, Torino, 1949,
p. 218.
[3] Cfr. Enrico Comba e Margherita Amateis, Le porte dell’anno: cerimonie stagionali e mascherate animali, Collana di studi del "Centro interdipartimentale di scienze religiose", Università di Torino, 2019, p. 327.
[4] « Her life as the lightning was flashed from the light of her Father's head, but it remains a desperate theological expedient to rid an earth-born Kore of her matriarchal conditions. »
Cfr. Jane Ellen Harrison, The making of a Goddess: Athene in Prolegomena to the study of Greek religion, Cambridge University Press, 1908, p. 302.
→ Alessandro Zabini ha curato, nel libro, la traduzione del testo che la Harrison dedicava alla dèa Atena.
[5] Cfr. Michela Zucca, Donne delinquienti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, bandite, tarantolate, Tabor, Valle di Susa, 2021,
p. 42.
due V incrociate, chiuse ai lati da due segni a forma di mezza Luna.
Sotto corre una scritta ambigua:
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in cima al colle, fiancheggia l'ingresso al Cimitero:
cosa c'entra la Madre di Cristo con i Morti?
Torniamo al nostro simbolo:
la V si riferisce alla Vergine, a cui la chiesa è consacrata.
Gian Luigi Beccaria spiegava come la Madonna ereditò questa lettera dal culto di Venere, di cui la Vergine era la continuazione in età cristiana...
« Sostituzione frequente è Maria in luogo di Venere:
capillus Veneris diventa cheveux de Notre-Dame
[...] Il tipo capelli della Madonna 'capelvenere' si diffonde a livello popolare in tutte le lingue europee forse per il tramite stesso dei monaci che negli erbari propongono la sostituzione del nome pagano col nome cristiano. » [1]
L'iscrizione non è casuale:
la V è il più antico simbolo del Femminino.
In un vaso da Vulci, Dioniso si mostra a due Menadi;
una di loro regge un capro in mano:
i loro corpi sono 'avvolti' da V multiple, dritte e al rovescio.
Le due mezzelune, affrontate, nel mondo pagano erano simbolo della Vita che ☽ nasce e che muore ☾ .
Il poeta latino Ovidio, ne I Fasti, scriveva sul doppio volto della profetessa Carmenta:
era Lei a dispensare la sorte dei nascituri...
a chi prega, ascolterai nomi mai prima uditi:
si cerca di placare Pòrrima, e Postverta
[…] si crede che l’una cantasse ciò che era stato,
l’altra predicesse ciò che sarebbe accaduto. » [2]
Le due facce di Carmenta predicevano il futuro del nascituro, come i due volti di Giano -dio a cui la Dèa era associata, e alle cui feste seguiva: nel Calendario romano.
« Carmenta era quindi la dea che prediceva il futuro a chi nasceva, analoga alla Moira dei Greci.
[…] Gli appellativi che venivano attribuiti alla dea, di antevorta e postvorta, sono interpretati da Pettazzoni, come riferiti alla luna. Infatti, nel suo ciclo, la luna si presenta rivolta ora in una direzione ora in un’altra (luna crescente ☽ e ☾ luna calante).
Le due “facce” di Carmenta sono associate in qualche modo alle due facce di Giano. » [3]
Le due Lune affrontate erano il simbolo della Dèa come Labrys:
l'ascia bipenne della cultura Minoica.
In un vaso (phitos) rinvenuto nel golfo di Mirabella, vediamo la labrys associata ad una grande testa di Toro:
l'animale paredro della Madre Cretese...
Ermes usò un'ascia bipenne per estrarre Atena dalla testa di Zeus.
Come scrisse l'archeologa inglese Jane Ellen Harrison, Atena era la Grande Madre ingenerata – associata al simbolo della bipenne –
a cui si diede poi un padre:
partorita proprio con l'ascia, simbolo del Suo culto Matriarcale.
« Come folgore scaturì la sua vita dalla luce della testa del Padre, eppure questo rimane un disperato espediente teologico per privare delle sue condizioni matriarcali una Kore nata dalla terra. » [4]
Questo simbolismo, materno e funebre,
si deve a un fatto empirico:
molti nascituri, nel mondo antico e fino all'Ottocento, venivano alla luce già Morti.
La dèa che vigilava sulle gravidanze era, anche, Colei che avrebbe accompagnato i Morti al 'guado'.
L'antropologa Michela Zucca spiegava:
« La nascita, nel mondo antico, era l'altra faccia della morte:
il numero di decessi per complicazioni da parto doveva essere altissimo, le madri hanno continuato a morire fra i dolori più atroci per dar luce a nuove vite fino a poco tempo fa. » [5]
Nella chiesa mariana di un Cimitero, e in un Simbolo, è sopravvissuto questo arcaico potere.
Se vuoi approfondire l'argomento, dai uno sguardo al libro...
◉ Sul culto lunare della Dèa-vacca, vedi:
La luna e le corna: il culto della Vacca lunare.
◉ Sulla Madre oscura protettrice, vedi:
Madre Nera e dèmoni protettivi: la dèa apotropaica e la Madonna Bruna.
Note alle immagini ---
_La pittura vascolare con la Nascita di Atena, sopra, è assegnata al Pittore del Phrynos, e fa parte delle collezioni del British Museum.
_La pittura vascolare con Dioniso che appare a due Menadi, terza immagine del post, è opera del Pittore di Amasis: il vaso, a figure nere, proviene da Vulci ed è custodito nel Cabinet des médailles della Bnf di Parigi.
Visita la pagina dedicata su Wikipedia.
_La miniatura con una figura a due teste, quarta immagine del post, è tratta dal manoscritto B 11.22 del Trinity College di Cambridge: folio 8 verso.
_Il vaso con una testa di Toro (o Vacca sacra), e asce bipenne che corrono intorno, emblema Minoico, è un Pythos dal Museo Archologico di Heraklion (isola di Creta).
Note al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 74.
[2] Cfr. George Thomson, Eschilo e Atene, Einaudi, Torino, 1949,
p. 218.
[3] Cfr. Enrico Comba e Margherita Amateis, Le porte dell’anno: cerimonie stagionali e mascherate animali, Collana di studi del "Centro interdipartimentale di scienze religiose", Università di Torino, 2019, p. 327.
[4] « Her life as the lightning was flashed from the light of her Father's head, but it remains a desperate theological expedient to rid an earth-born Kore of her matriarchal conditions. »
Cfr. Jane Ellen Harrison, The making of a Goddess: Athene in Prolegomena to the study of Greek religion, Cambridge University Press, 1908, p. 302.
→ Alessandro Zabini ha curato, nel libro, la traduzione del testo che la Harrison dedicava alla dèa Atena.
[5] Cfr. Michela Zucca, Donne delinquienti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, bandite, tarantolate, Tabor, Valle di Susa, 2021,
p. 42.
mercoledì 11 ottobre 2023
Sant'Antonio: il dèmone del Fuoco purificatore.
Sant'Antonio Abate è ciò che resta di un antico dèmone del Fuoco,
i cui poteri non erano (sempre) benefici.
Alfonso Di Nola, storico delle Religioni, scriveva...
« [...] la mitologia subalterna ha cumulato nell'immagine del fuoco materiale attribuito al santo molti motivi di diversa origine e natura, trasformandolo in un signore del fuoco, che ha dominio sul potere ambiguo in esso presente. » [1]
« [...] sant'Antonio è il signore dell'ignis sacer, curato per sua intercessione, ma anche da lui mandato all'uomo per punizione.
Il male stesso prende il nome dal santo.
[...] il santo fa la parte di un cattivo demone del fuoco. » [1]
La 'signoria' sul fuoco conservò, nell'immaginario cristiano, quel regno ctònio che accomunava sant'Antonio alle entità Infere.
Cosa c'era prima del diavolo?
Un fabbro che forgiava tesori, e abitava le cavità della terra sacre alla Madre Terra...
« artefici-stregoni che vivono isolati nei boschi, signori del ferro e del fuoco, più a contatto di altri con le viscere della madre terra, esseri neri che incutono paura per la fuliggine che ricopre il loro volto, e rispetto per la loro grande maestria. » [2]
Il diavolo, in origine, era un fabbro zoppo che lavorava alla fornace con il fuoco purificatore.
Perché era zoppo?
Il dio Padre lo aveva precipitato agli Inferi, come Zeus aveva già fatto con Efesto:
guai a ribellarsi al potere del Padre!
« Il mito narra che Efesto divenne zoppo dopo uno "scontro" con Zeus.
Anche il diavolo è diventato zoppo in seguito a uno scontro con Dio, come conseguenza di un castigo.
Zoppo è il diavolo, zoppo è Efesto, entrambi di cielo in terra caduti:
il diavolo zoppo ha alle spalle, come Efesto, una famosa brutta caduta, la caduta dal cielo di angelo ribelle, ed Efesto neonato è scaraventato da Zeus giù dall'Olimpo. » [2]
Il dominio sul fuoco rimase in dote a sant'Antonio Abate che ne conservò il potere purificatore...
« Il fuoco di sant'Antonio era difatti ritenuto la conseguenza di un contatto con un'anima volante del purgatorio che intendeva lasciare un segno della sua presenza per portare a ravvedimento la persona colpita:
la malattia, chiamata popolarmente fuoco sacro, nel Logudoro e in Gallura è foggu di lu purgadoriu:
scompariva se si celebrava una messa pagata con il ricavato di una questua fra i vicini. » [2]
Note alle immagini ---
_La miniatura sopra, che raffigura un vecchio zoppo, è tratta da un manoscritto visibile nel sito della British Library:
Add Ms 42130, folio 55r.
_La miniatura in apertura mostra il Santo tra le fiamme con il segno degli Ospitalieri Antoniani: la Tau.
È tratta dal manoscritto Harley 1251: folio 39 verso.
_La seconda miniatura, con un diavolo zoppo, è tratta dal manoscritto Yates Thompson ms 13 : folio 140v.
Note al testo ---
[1] Cfr. Alfonso Di Nola, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, p. 247.
[2] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 146, 151, 197.
i cui poteri non erano (sempre) benefici.
Alfonso Di Nola, storico delle Religioni, scriveva...
« [...] la mitologia subalterna ha cumulato nell'immagine del fuoco materiale attribuito al santo molti motivi di diversa origine e natura, trasformandolo in un signore del fuoco, che ha dominio sul potere ambiguo in esso presente. » [1]
« [...] sant'Antonio è il signore dell'ignis sacer, curato per sua intercessione, ma anche da lui mandato all'uomo per punizione.
Il male stesso prende il nome dal santo.
[...] il santo fa la parte di un cattivo demone del fuoco. » [1]
La 'signoria' sul fuoco conservò, nell'immaginario cristiano, quel regno ctònio che accomunava sant'Antonio alle entità Infere.
Cosa c'era prima del diavolo?
Un fabbro che forgiava tesori, e abitava le cavità della terra sacre alla Madre Terra...
« artefici-stregoni che vivono isolati nei boschi, signori del ferro e del fuoco, più a contatto di altri con le viscere della madre terra, esseri neri che incutono paura per la fuliggine che ricopre il loro volto, e rispetto per la loro grande maestria. » [2]
Il diavolo, in origine, era un fabbro zoppo che lavorava alla fornace con il fuoco purificatore.
Perché era zoppo?
Il dio Padre lo aveva precipitato agli Inferi, come Zeus aveva già fatto con Efesto:
guai a ribellarsi al potere del Padre!
« Il mito narra che Efesto divenne zoppo dopo uno "scontro" con Zeus.
Anche il diavolo è diventato zoppo in seguito a uno scontro con Dio, come conseguenza di un castigo.
Zoppo è il diavolo, zoppo è Efesto, entrambi di cielo in terra caduti:
il diavolo zoppo ha alle spalle, come Efesto, una famosa brutta caduta, la caduta dal cielo di angelo ribelle, ed Efesto neonato è scaraventato da Zeus giù dall'Olimpo. » [2]
Il dominio sul fuoco rimase in dote a sant'Antonio Abate che ne conservò il potere purificatore...
« Il fuoco di sant'Antonio era difatti ritenuto la conseguenza di un contatto con un'anima volante del purgatorio che intendeva lasciare un segno della sua presenza per portare a ravvedimento la persona colpita:
la malattia, chiamata popolarmente fuoco sacro, nel Logudoro e in Gallura è foggu di lu purgadoriu:
scompariva se si celebrava una messa pagata con il ricavato di una questua fra i vicini. » [2]
Note alle immagini ---
_La miniatura sopra, che raffigura un vecchio zoppo, è tratta da un manoscritto visibile nel sito della British Library:
Add Ms 42130, folio 55r.
_La miniatura in apertura mostra il Santo tra le fiamme con il segno degli Ospitalieri Antoniani: la Tau.
È tratta dal manoscritto Harley 1251: folio 39 verso.
_La seconda miniatura, con un diavolo zoppo, è tratta dal manoscritto Yates Thompson ms 13 : folio 140v.
Note al testo ---
[1] Cfr. Alfonso Di Nola, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, p. 247.
[2] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 146, 151, 197.
mercoledì 4 ottobre 2023
Vietato entrare: la lotta contro i monaci.
I monasteri non riscuotevano le simpatie di san Francesco.
Il monachesimo era una vecchia istituzione del mondo feudale con cui i frati non dovevano confondersi.
Guai a farsi vedere nei paraggi di un monastero:
il 'buon' Francesco non lo avrebbe perdonato!
Tommaso da Celano racconta punizioni memorabili...
« Un frate aveva in monastero due figlie di perfetta condotta religiosa.
Un giorno si offrì volentieri per portare là un piccolo e povero dono da parte del santo, ma questi lo riprese con estrema durezza, con parole che qui non posso riferire.
[...] Un altro frate d'inverno, mosso da compassione, si recò ad un altro monastero, non tenendo conto della proibizione del santo, così tassativa.
Quando Francesco lo venne a sapere, lo fece camminare nudo per parecchie miglia, nel freddo intensissimo della neve. » [1]
Perché mai san Francesco era così duro con chi, tra i frati, violava il divieto di entrare nei monasteri?
Costruire non era cosa facile:
specie nel MedioEvo!
Molti primitivi tuguri francescani sorgevano su proprietà benedettine [2] che i monaci dismettevano:
Francesco capì che la fortuna dei frati era legata al declino (morale e materiale) dell'Ordine benedettino.
Fin dalla prima cappella ceduta, che divenne il quartier generale dei frati: la Porziuncola.
« Successivamente Francesco, seguendo la volontà e l'ispirazione di Dio, domadò umilmente e ottenne la chiesa dall'abate di San Benedetto del monte Subasio, presso Assisi. » [3]
Francesco sapeva come corteggiare i monaci, alla bisogna, ed inviava loro, ogni anno, un bel cesto di pesce...
« Sebbene l'abate e i monaci avessero concesso in dono al beato Francesco e ai suoi frati la chiesa senza volerne contraccambio o tributo annuo, tuttavia il beato Francesco, da abile e provetto maestro, [...] ogni anno mandava al monastero una corba piena di pesciolini chiamate lasche. » [4]
Il declino dei benedettini era vistoso [2].
Nell'immaginario popolare, si formò l'idea che i monaci appartenessero ad un mondo chiuso e immutabile:
tanto da essere accostati ai morti...
« I numerosissimi racconti monastici di apparizioni confermano il simbolismo funerario dell'abbigliamento dei monaci.
Dal giorno in cui ha "preso l'abito", il monaco non lo lascia più, né in vita né nella tomba [...] La sua cappa munita di un cappuccio (cuculla) svolge una funzione particolare nel passaggio dalla vita alla morte e, al contrario, nella visita che un morto fa ai vivi. » [5]
Nei racconti della Valnerina, si ritrova una versione ancora più sinistra sul rapporto Monaci–Morti...
« Nel racconto 8, le anime di due monaci assassinati non si rendono visibili ai passanti notturni ma fanno udire un sordo trascinar di catene che dichiara che stanno ancora scontando le pene del purgatorio. » [6]
◉ Sulle rivalità all'interno della fraternitas, vedi:
San Francesco e quella lettera contro gli stupri poco gradita...
◉ Sulle punizioni che toccavano ai frati 'ribelli', vedi...
La paura fa 90: lo 'stile' francescano...
Il bello dei cadaveri: l'Obbedienza secondo San Francesco.
San Francesco e il pugile di Firenze: a scuola di pugni prima di papa Bergoglio.
Note alle immagini ---
_L'immagine in apertura è una miniatura raffigurante due monaci:
il Padre Superiore ed un sottoposto.
È tratta dal manoscritto Stowe ms 17, folio 191r:
nel sito della British Library si può visionare il documento integrale.
_La seconda miniatura, con il monaco intento a scavare, è tratta dal manoscritto Yates Thompson 26, visibile nel sito della British Library: folio 39r.
_Le tre miniature, con un monaco alla prese con gli scheletri, provengono tutte dal manoscritto Ms M. 359
della Morgan Library di New York: folii 132r, 141v e 144v.
Note al testo ---
[1] Cfr. Tommaso da Celano, Capitolo CLVI -ff 795
in Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova, 2004, p. 497.
⮩ Citavo il passo, spiegando la penetrazione francescana in territorio benedettino, ne Le stimmate dello sciamano, Eleusi, Perugia, 2010, a p. 129.
[2] Paolo Rossi ci ricorda che -oltre alla Porziuncola- pure l'eremo di Cesi o Portaria e l'eremo di Vasciano fossero, in origine, presidi benedettini che i monaci abbandonavano.
« Nella solitudine boschiva del monte, oltre a diverse spelonche, v'era una fatiscente cappellina benedettina che a Francesco fu ceduta dall'Abate di Porta Reale, padrone di quel luogo. »
⮩ Cfr. Paolo Rossi, L'eremita degli Arnolfi, comunemente detto eremo di Cesi o di Portaria (Terni), Vincezo Ursini Editore, Catanzaro, 1996, p. 16.
« Il Monachesimo, che aveva fatto fronte ai barbari, nel secolo XII era entrato in profonda crisi, e vediamo scomparire tanti monasteri e abbazie, che non sono più scuole e centri ascetici, ma vengono trasformate in commende date a vescovi e cardinali. »
« Nel silenzio recondito della fitta boscaglia, l' "Alter Christus", oltre al benedettino oratorio intitolato a San Silvestro, trovò una cisterna d'acqua, più tardi detta "Pozzo di San Francesco" ».
⮩ Cfr. Paolo Rossi, Francesco d'Assisi e la valle ternana: notizie sui viaggi apostolici tenuti dal Poverello di Dio nella provincia di Terni, Thyrus, Arrone, 1997, pp. 18 e 30.
[3] Cfr. Leggenda dei tre Compagni, Capitolo XIII - ff 1465.
[4] Cfr. Compilazione di Assisi -ff 1575.
Un'altra fonte sottolinea la perfetta sintonia tra frati e monaci (!), e aggiunge:
« [i monaci] ricambiavano il dono con una giara di olio. »
⮩ Vedi Specchio di perfezione, Capitolo 56 -ff 1744.
[5] Cfr. Jean-Claude Schmitt, Spiriti e fantasmi nella società medievale, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 272.
[6] Cfr. Mario Polia, Tematiche del pensiero religioso e magico in Tra Cielo e Terra. Religione e magia nel mondo rurale della Valnerina, Volume II, Edicit, Foligno 2009, p. 420,
venerdì 22 settembre 2023
Lo scettro di Set: il dio dalle orecchie d'Asino.
La testa dell'asino era un emblema di potere nell'Antico Egitto.
Robert Graves, ne I miti Greci, scriveva...
« Due orecchie d'asino poste alla sommità di uno scettro di bambù erano l'insegna di sovranità di tutti gli dèi dinastici egizi, in ricordo dei tempi in cui Set dalle orecchie d'asino governava il loro pantheon ». [1]
L'asino era un animale da trasporto importante:
lo scettro a testa d'Asino indicava la Guida suprema.
Lo scettro dalle orecchie d'Asino (in inglese, Was-sceptre) a cui si riferisce Graves, era associato al dio Set dalla testa di Asino:
divinità a capo di tutti gli dèi egizi, in età arcaica...
« In epoca predinastica Set dev'essere stato a capo di tutti gli dèi d'Egitto, dal momento che il segno di regalità portato da tutti gli dèi dinastici era il suo scettro di giunco con orecchie d'asino. » [2]
Una traccia residua dell'asino sacralizzato si trova nell'arte Ortodossa: nel culto di San Cristoforo.
Santo raffigurato, nelle icone bizantine, alternativamente con una testa di asino (Set) o di cane (Anubi).
Pierre Saintyves, nello studio San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole, provava la continuità tra il Cristoforo degli Ortodossi e gli dèi egizi...
« Le analogie tra le immagini del santo e quelle del dio sono dunque lampanti e, sapendo che il culto di Anubi si protrasse nell'Impero romano fino al III e IV secolo e in Egitto fino a molto più tardi, si può presumere che le immagini del santo furono a volte una semplice cristianizzazione delle immagini del dio. » [3]
Lo storico francese Charbonneau-Lassay, ne Il bestiario del Cristo, spiegava che l'asino si trasformasse, senza un (apparente) motivo logico, in altri animali divinizzati: come il cavallo o il cane...
« In realtà, nell'antica iconografia della Grecia, della valle del Danubio, della Russia, dell'Armenia, della Scandinavia e dell'Irlanda, si trova il santo con delle teste molto imprecise, di cui alcune parti sembrano ricordare l'asino, il cavallo, il cane, il vitello... » [4]
◉ Un libro e un post sul culto (pagano) di Cristoforo:
San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole.
Note alle immagini ---
_Sopra, Icona russa seicentesca con san Cristoforo dalla testa di mulo (o cavallo?) dalla città di Cherepovets, vicino San Pietroburgo.
Ho tratto l'immagine da Wikipedia, dove ha una pagina dedicata.
_In apertura del post, miniatura con un Asino intento nella lettura.
È tratta da un manoscritto della Bibliothèque Municipale di Abbeville, visibile nel sito francese BVMM - Bibliothèque virtuelle des manuscrits médiévaux.
Per segnatura: ms 3, folio 6 recto.
_La seconda immagine è lo scettro del faraone Thuthmosis III, la cui tomba fu scoperta grazie agli scavi finanziati dal magnate inglese Jesse Haworth.
Ho tratto la foto da Wikipedia.
Note al testo ---
[1] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota 2 a p. 257.
[2] Cfr. Robert Graves, La Dea bianca, Adelphi, Milano, 1982, p. 321.
[3] Cfr. Pierre Saintyves, Dal Santo agli Dei. San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole, Eleusi, Perugia, 2012,
p. 51.
[4] Charbonneau-Lassay citava uno studio coevo a Saintyves:
Henri Gaidoz, “Saint Christophe à tête de chien en Irlande et en Russie”, Mémoires de la Société nationale des antiquaires de France (1924); qui si metteva in risalto la testa asinina di Cristoforo.
« Gadoz dice egli stesso che la testa è più simile a quella del cavallo o dell'asino che a quella del cane. »
→ Cfr. Louis Charbonneau-Lassay, Il Bestiario del Cristo, vol. I, Arkeios, Roma, 1994, pp. 342-343.
Robert Graves, ne I miti Greci, scriveva...
« Due orecchie d'asino poste alla sommità di uno scettro di bambù erano l'insegna di sovranità di tutti gli dèi dinastici egizi, in ricordo dei tempi in cui Set dalle orecchie d'asino governava il loro pantheon ». [1]
L'asino era un animale da trasporto importante:
lo scettro a testa d'Asino indicava la Guida suprema.
Lo scettro dalle orecchie d'Asino (in inglese, Was-sceptre) a cui si riferisce Graves, era associato al dio Set dalla testa di Asino:
divinità a capo di tutti gli dèi egizi, in età arcaica...
« In epoca predinastica Set dev'essere stato a capo di tutti gli dèi d'Egitto, dal momento che il segno di regalità portato da tutti gli dèi dinastici era il suo scettro di giunco con orecchie d'asino. » [2]
Una traccia residua dell'asino sacralizzato si trova nell'arte Ortodossa: nel culto di San Cristoforo.
Santo raffigurato, nelle icone bizantine, alternativamente con una testa di asino (Set) o di cane (Anubi).
Pierre Saintyves, nello studio San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole, provava la continuità tra il Cristoforo degli Ortodossi e gli dèi egizi...
« Le analogie tra le immagini del santo e quelle del dio sono dunque lampanti e, sapendo che il culto di Anubi si protrasse nell'Impero romano fino al III e IV secolo e in Egitto fino a molto più tardi, si può presumere che le immagini del santo furono a volte una semplice cristianizzazione delle immagini del dio. » [3]
Lo storico francese Charbonneau-Lassay, ne Il bestiario del Cristo, spiegava che l'asino si trasformasse, senza un (apparente) motivo logico, in altri animali divinizzati: come il cavallo o il cane...
« In realtà, nell'antica iconografia della Grecia, della valle del Danubio, della Russia, dell'Armenia, della Scandinavia e dell'Irlanda, si trova il santo con delle teste molto imprecise, di cui alcune parti sembrano ricordare l'asino, il cavallo, il cane, il vitello... » [4]
◉ Un libro e un post sul culto (pagano) di Cristoforo:
San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole.
Note alle immagini ---
_Sopra, Icona russa seicentesca con san Cristoforo dalla testa di mulo (o cavallo?) dalla città di Cherepovets, vicino San Pietroburgo.
Ho tratto l'immagine da Wikipedia, dove ha una pagina dedicata.
_In apertura del post, miniatura con un Asino intento nella lettura.
È tratta da un manoscritto della Bibliothèque Municipale di Abbeville, visibile nel sito francese BVMM - Bibliothèque virtuelle des manuscrits médiévaux.
Per segnatura: ms 3, folio 6 recto.
_La seconda immagine è lo scettro del faraone Thuthmosis III, la cui tomba fu scoperta grazie agli scavi finanziati dal magnate inglese Jesse Haworth.
Ho tratto la foto da Wikipedia.
Note al testo ---
[1] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota 2 a p. 257.
[2] Cfr. Robert Graves, La Dea bianca, Adelphi, Milano, 1982, p. 321.
[3] Cfr. Pierre Saintyves, Dal Santo agli Dei. San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole, Eleusi, Perugia, 2012,
p. 51.
[4] Charbonneau-Lassay citava uno studio coevo a Saintyves:
Henri Gaidoz, “Saint Christophe à tête de chien en Irlande et en Russie”, Mémoires de la Société nationale des antiquaires de France (1924); qui si metteva in risalto la testa asinina di Cristoforo.
« Gadoz dice egli stesso che la testa è più simile a quella del cavallo o dell'asino che a quella del cane. »
→ Cfr. Louis Charbonneau-Lassay, Il Bestiario del Cristo, vol. I, Arkeios, Roma, 1994, pp. 342-343.
venerdì 15 settembre 2023
In nome di Robin: il dio danzante delle Streghe.
Robert Graves, ne La Dea Bianca, descrive il frontepizio di un libro inglese che mostra il dio diabolico delle streghe: detto Robin.
Ai suoi piedi, gli adoratori del dio dalle zampe caprine danzano in cerchio, mentre un gufo -l'uccello infero della notte- vola nel cielo.
Graves scrive...
« In Francia il termine Robin, considerato diminutivo di Robert ma probabilmente prototeutonico, significa "ariete" e anche "diavolo".
[...] I due sensi di ariete e diavolo si trovano fusi nell'illustrazione di un opuscolo pubblicato a Londra nel 1639:
Robin Goodfellow, his mad pranks and merry gets ("Pazze monellerie e gaie imprese di Robin Buondiavolo").
Robin è raffigurato come un dio itifallico delle streghe, con corna di giovane ariete, zampe d'ariete, una scopa di strega sopra la spalla sinistra e una candela accesa nella mano destra.
Dietro di lui s'intravede una conventicola di streghe e stregoni in costume puritano impegnati a danzare in tondo, mentre un cane nero lo guarda adorante, un musicista suona una tromba e in alto passa a volo un gufo. » [1]
Il capo delle streghe di Glastonbury si chiamava 'Robin'.
La chiave è nel rosso:
colore identificativo del diavolo e di un uccellino detto, in inglese, proprio Robin: il pettirosso.
Graves scrive ancora...
« Il 'Robin' che significa 'ariete' è stato equiparato mitologicamente al 'Robin' (latino rubens) che significa 'pettirosso'. » [1]
Robin, l'uccellino-diavolo della foresta, aveva qualcosa in comune con Robin Hood: eroe della foresta di Sherwood?
Hood, in inglese, è il cappuccio:
copricapo della congrega capeggiata da Robin...
« Le gaie imprese di un certo Robin Hood, il famoso fuorilegge della foresta di Sherwood, [...] nato a Wakefield nello Yorkshire tra il 1285 e il 1295, e al servizio di re Edoardo II negli anni 1323 e 1324, venero associate alle mascherate del Calendimaggio. » [1]
E perché i seguaci di Robin danzavano in cerchio?
La danza in cerchio fu demonizzata dalla Chiesa, e associata agli adoratori del Diavolo.
Nei culti pagani, danzare in cerchio era un rito di consacrazione.
Pierre Saintyves scriveva...
« La maggior parte delle vecchie danze popolari in cerchio hanno un'origine rituale:
i loro canti sono degli incantesimi dal potere magico.
[...] Si effettua una circumambulazione girando intorno ad un masso, ad un albero, ad un animale o ad un essere umano
[...] I riti di circumambulazione sono essenzialmente finalizzati a delimitare, costituire, definire il campo d'azione delle forze magico-religiose che vengono sprigionate da determinati atti ». [2]
◉ Un post e un libro sull'incanto del Girotondo ---
Liturgie popolari: le origini magiche del Girotondo.
◉ Sulle tracce di pratiche divinatorie associate al cerchio, nelle Fonti Francescane ---
L'Oracolo del cerchio: una divinazione ballata nei Fioretti di san Francesco.
◉ Sul gufo e sulla sua trasformazione nel dio-capro ---
Stregoneria Animale: il gufo succhiatore che si trasforma in capro.
Note alle immagini ---
_Le immagini con cui ho illustrato il post sono il Frontespizio e l'AntiPorta di Robin Goodfellow, libro edito a Londra e visibile, nella versione del 1639, nel sito della British Library.
_L'incisione con il dio delle Streghe si trova citata, anche, nella pagina inglese di Wikipedia sul Puck:
lo spiritello demoniaco delle tradizioni popolari.
Note al testo ---
[1] Cfr. Robert Graves, La dea bianca: grammatica storica del mito poetico, Adelphi, Milano, 1992, p. 455.
[2] Cfr. Pierre Saintyves, Liturgie popolari. Le origini magiche del Girotondo, Eleusi, Perugia, 2018, pp. 20, 23 e 30.
Ai suoi piedi, gli adoratori del dio dalle zampe caprine danzano in cerchio, mentre un gufo -l'uccello infero della notte- vola nel cielo.
Graves scrive...
« In Francia il termine Robin, considerato diminutivo di Robert ma probabilmente prototeutonico, significa "ariete" e anche "diavolo".
[...] I due sensi di ariete e diavolo si trovano fusi nell'illustrazione di un opuscolo pubblicato a Londra nel 1639:
Robin Goodfellow, his mad pranks and merry gets ("Pazze monellerie e gaie imprese di Robin Buondiavolo").
Robin è raffigurato come un dio itifallico delle streghe, con corna di giovane ariete, zampe d'ariete, una scopa di strega sopra la spalla sinistra e una candela accesa nella mano destra.
Dietro di lui s'intravede una conventicola di streghe e stregoni in costume puritano impegnati a danzare in tondo, mentre un cane nero lo guarda adorante, un musicista suona una tromba e in alto passa a volo un gufo. » [1]
Il capo delle streghe di Glastonbury si chiamava 'Robin'.
La chiave è nel rosso:
colore identificativo del diavolo e di un uccellino detto, in inglese, proprio Robin: il pettirosso.
Graves scrive ancora...
« Il 'Robin' che significa 'ariete' è stato equiparato mitologicamente al 'Robin' (latino rubens) che significa 'pettirosso'. » [1]
Robin, l'uccellino-diavolo della foresta, aveva qualcosa in comune con Robin Hood: eroe della foresta di Sherwood?
Hood, in inglese, è il cappuccio:
copricapo della congrega capeggiata da Robin...
« Le gaie imprese di un certo Robin Hood, il famoso fuorilegge della foresta di Sherwood, [...] nato a Wakefield nello Yorkshire tra il 1285 e il 1295, e al servizio di re Edoardo II negli anni 1323 e 1324, venero associate alle mascherate del Calendimaggio. » [1]
E perché i seguaci di Robin danzavano in cerchio?
La danza in cerchio fu demonizzata dalla Chiesa, e associata agli adoratori del Diavolo.
Nei culti pagani, danzare in cerchio era un rito di consacrazione.
Pierre Saintyves scriveva...
« La maggior parte delle vecchie danze popolari in cerchio hanno un'origine rituale:
i loro canti sono degli incantesimi dal potere magico.
[...] Si effettua una circumambulazione girando intorno ad un masso, ad un albero, ad un animale o ad un essere umano
[...] I riti di circumambulazione sono essenzialmente finalizzati a delimitare, costituire, definire il campo d'azione delle forze magico-religiose che vengono sprigionate da determinati atti ». [2]
◉ Un post e un libro sull'incanto del Girotondo ---
Liturgie popolari: le origini magiche del Girotondo.
◉ Sulle tracce di pratiche divinatorie associate al cerchio, nelle Fonti Francescane ---
L'Oracolo del cerchio: una divinazione ballata nei Fioretti di san Francesco.
◉ Sul gufo e sulla sua trasformazione nel dio-capro ---
Stregoneria Animale: il gufo succhiatore che si trasforma in capro.
Note alle immagini ---
_Le immagini con cui ho illustrato il post sono il Frontespizio e l'AntiPorta di Robin Goodfellow, libro edito a Londra e visibile, nella versione del 1639, nel sito della British Library.
_L'incisione con il dio delle Streghe si trova citata, anche, nella pagina inglese di Wikipedia sul Puck:
lo spiritello demoniaco delle tradizioni popolari.
Note al testo ---
[1] Cfr. Robert Graves, La dea bianca: grammatica storica del mito poetico, Adelphi, Milano, 1992, p. 455.
[2] Cfr. Pierre Saintyves, Liturgie popolari. Le origini magiche del Girotondo, Eleusi, Perugia, 2018, pp. 20, 23 e 30.
giovedì 7 settembre 2023
Le streghe e gli aborti: il Noce che rende libere.
Giovanni Crocioni, in un libro sulle Superstizioni marchigiane nel Seicento, cita l'inquisitore domenicano Padre Maroni da Cagli che condanna il ballo delle streghe intorno al Noce di Benevento...
« Tutti li stregoni e le streghe che vanno al ballo, o, come si dice alla paesana, alla noce di Benevento. » [1]
Perché si credeva che le streghe danzassero intorno al noce?
L'albero, per le sue radici 'velenose', era simbolo della morte che le streghe erano accusate di provocare.
« Le radici del noce contengono una sostanza tossica, la juglandina, che ha l'effetto di far morire gli alberi che si trovano nei pressi, per cui il noce è sempre isolato; questo forse giustifica la convinzione contadina che se le radici del noce penetrano nelle stalle fanno deperire le bestie. » [2]
La maga Carradora invitava la madre di una bambina a tenere chiusa la porta di casa per evitare che le streghe entrassero a succhiarne il sangue.
Andrea Romanazzi, ne La stregoneria in Italia, scrive...
« [...] le consigliarono di andare da Carradora... la strega disse:
"Va a casa e metti a letto la bambina, metti un coltello alla finestra e ritorna da me".
E la signora fece così e ritornò da Carradora che disse:
"Le streghe vengono di notte a succhiare il sangue della tua bambina e bisogna impedirlo. » [3]
La paura nelle streghe era connessa alla pratica degli aborti:
molte donne facevano, clandestinamente, ricorso a loro suscitando il terrore nei prelati...
« Nel Malleus un intero capitolo illustra "il modo in cui le streghe ostetriche arrecano i danni peggiori:
o quando uccidono i bambini o quando, esecrandoli, li offrono ai diavoli".
[...] Considerate procuratrici d'aborti e streghe allo stato potenziale, le levatrici furono strettamente sorvegliate dalla Chiesa tridentina, che richiese ai curati delle parrocchie di condurre inchieste sul loro conto e di verificare se sapevano amministrare il battesimo. » [4]
◉ Sui bambini vittime delle streghe, vedi anche:
Lo darò al diavoletto / Che lo tiene un mesetto: cantilene stregate.
◉ Sul dominio della sessualità, attribuito alle streghe, vedi:
Al tempo in cui Mamma Oca era una strega, ovvero la Signora che possiede gli uccelli...
Nota alle immagini ---
_Le miniature nel post, con donne che colgono dall'albero e stringono dei falli, provengono da Le Roman de la Rose, manoscritto Français 25526 della BnF di Parigi, integralmente visibile su Gallica:
folio 160 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Crocioni, Superstizioni e pregiudizi nelle Marche durante il Seicento, Cappelli, Bologna, 1947, p. 65.
→ L'autore riporta il testo delle Decisiones Prudentiales tra cui si legge una Decisio De Superstitione: anno di pubblicazione, 1702.
[2] Cfr. Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, Studio Tesi, Pordenone, 1989, p. 76.
[3] Cfr. Romanazzi, La Stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 135.
[4] Cfr. Jean Delumeau, La paura in Occidente. Storia della paura nell'età moderna, traduzione di Paolo Traniello, Il Saggiatore, Milano, 2018, pp. 75-76.
⮩ Mi soffermavo sulla pratica degli aborti, addebitata alle streghe, nel libricino Ambarabbaciccìcoccò: tre civette sul comò. Storia di un maleficio, Eleusi, Perugia, 2014, p. 43 e ss.
« In uno studio apparso nel 1883 dal titolo "Streghe, sortiere e maliardi nel secolo XVI in Roma", Antonio Bertolotti riportava il caso curioso di una strega del contado perugino, una certa Porzia moglie di Nicolò, abitante nella frazione di San Marco [...] »
« Tutti li stregoni e le streghe che vanno al ballo, o, come si dice alla paesana, alla noce di Benevento. » [1]
Perché si credeva che le streghe danzassero intorno al noce?
L'albero, per le sue radici 'velenose', era simbolo della morte che le streghe erano accusate di provocare.
« Le radici del noce contengono una sostanza tossica, la juglandina, che ha l'effetto di far morire gli alberi che si trovano nei pressi, per cui il noce è sempre isolato; questo forse giustifica la convinzione contadina che se le radici del noce penetrano nelle stalle fanno deperire le bestie. » [2]
La maga Carradora invitava la madre di una bambina a tenere chiusa la porta di casa per evitare che le streghe entrassero a succhiarne il sangue.
Andrea Romanazzi, ne La stregoneria in Italia, scrive...
« [...] le consigliarono di andare da Carradora... la strega disse:
"Va a casa e metti a letto la bambina, metti un coltello alla finestra e ritorna da me".
E la signora fece così e ritornò da Carradora che disse:
"Le streghe vengono di notte a succhiare il sangue della tua bambina e bisogna impedirlo. » [3]
La paura nelle streghe era connessa alla pratica degli aborti:
molte donne facevano, clandestinamente, ricorso a loro suscitando il terrore nei prelati...
« Nel Malleus un intero capitolo illustra "il modo in cui le streghe ostetriche arrecano i danni peggiori:
o quando uccidono i bambini o quando, esecrandoli, li offrono ai diavoli".
[...] Considerate procuratrici d'aborti e streghe allo stato potenziale, le levatrici furono strettamente sorvegliate dalla Chiesa tridentina, che richiese ai curati delle parrocchie di condurre inchieste sul loro conto e di verificare se sapevano amministrare il battesimo. » [4]
◉ Sui bambini vittime delle streghe, vedi anche:
Lo darò al diavoletto / Che lo tiene un mesetto: cantilene stregate.
◉ Sul dominio della sessualità, attribuito alle streghe, vedi:
Al tempo in cui Mamma Oca era una strega, ovvero la Signora che possiede gli uccelli...
Nota alle immagini ---
_Le miniature nel post, con donne che colgono dall'albero e stringono dei falli, provengono da Le Roman de la Rose, manoscritto Français 25526 della BnF di Parigi, integralmente visibile su Gallica:
folio 160 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Crocioni, Superstizioni e pregiudizi nelle Marche durante il Seicento, Cappelli, Bologna, 1947, p. 65.
→ L'autore riporta il testo delle Decisiones Prudentiales tra cui si legge una Decisio De Superstitione: anno di pubblicazione, 1702.
[2] Cfr. Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, Studio Tesi, Pordenone, 1989, p. 76.
[3] Cfr. Romanazzi, La Stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 135.
[4] Cfr. Jean Delumeau, La paura in Occidente. Storia della paura nell'età moderna, traduzione di Paolo Traniello, Il Saggiatore, Milano, 2018, pp. 75-76.
⮩ Mi soffermavo sulla pratica degli aborti, addebitata alle streghe, nel libricino Ambarabbaciccìcoccò: tre civette sul comò. Storia di un maleficio, Eleusi, Perugia, 2014, p. 43 e ss.
« In uno studio apparso nel 1883 dal titolo "Streghe, sortiere e maliardi nel secolo XVI in Roma", Antonio Bertolotti riportava il caso curioso di una strega del contado perugino, una certa Porzia moglie di Nicolò, abitante nella frazione di San Marco [...] »
lunedì 28 agosto 2023
Mostri pagani: Argo Panoptes e l'Agnello dell'Apocalisse.
Un manoscritto dalla British Library ci mostra la prima Visione apocalittica di Giovanni.
Un agnello con sette occhi è seduto accanto all'Eterno...
Nell'Apocalisse, si legge al versetto 5:
« Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato.
Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati sulla terra. »
L'Agnello carico di occhi è, in realtà, una Visione pagana.
Gli occhi plurimi indicano l'Onniveggenza del dio.
Raffaele Pettazzoni, grande antropologo del secolo scorso, ne "L'essere supremo nelle religioni primitive", spiegava che i Greci avessero un dio tutto cosparso di occhi...
« Tale è il caso di Argo, nel mondo greco.
Nella tradizione letteraria Argo è l'occhiuto per eccellenza;
ha occhi in numero di tre, o quattro, o cento, o diecimila, o indeterminatamente "moltissimi", "innumerevoli".
[...] Ad Argo egli aveva un culto come eroe eponimo della città, aveva la sua "tomba", e un suo "santuario".
Sempre ad Argo, su l'acropoli, si conservava un antichissimo simulacro (xòanon) "di Zeus" con tre occhi, due normali e un terzo su la fronte. » [1]
Argo Panoptes [letteralmente: « tutto occhi »], dio eponimo della città greca di Argo, aveva occhi su tutto il corpo:
così veniva raffigurato nelle pitture vascolari!
L'onniscienza del dio Argo i Greci la ripresero da Osiride:
il dio egizio dai tanti occhi.
L'immagine finì nell'ultimo libro della Bibbia:
l'Apocalisse di san Giovanni da Patmos.
Il dio-Agnello dell'Apocalisse che ne scaturì era, quindi, tutto cosparso di occhi: una mediazione tra Argo e Osiride.
Plutarco, nel trattato Iside e Osiride, spiegando il nome del dio e il Suo legame con Argo, ci offre qualche indizio per capire come nacque l'Agnello cristiano di san Giovanni...
« [...] essi scrivono il nome del loro re e signore Osiride col disegno di un occhio e di uno scettro: alcuni interpretano questo nome nel senso di "dai molti occhi" perché nella lingua egiziana os significa "molto" e iri "occhio". » [2]
« La nave che i greci chiamavano Argo viene considerata come immagine della nave di Osiride, e posta tra le costellazioni in suo onore. » [2]
Note alle immagini ---
_Sopra, stampa (acquaforte) di Antonio Tempesta: illustrazione per le Metamorfosi di Ovidio, LACMA di Los Angeles, 1606.
Vedi la relativa pagina su Wikipedia.
_La segnatura del manoscritto è Ms 17333.
L'Opera è integralmente visibile nella sezione Digitised Manuscripts della British Library di Londra.
I folii citati sono 4v e 5r.
_Il vaso citato è uno stamnos, a figure rosse su fondo nero:
l'ho trovato indicato come reperto dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.
La pittura è riprodotta in un disegno [1890] visibile su Wikipedia.
◉ Continuità tra Dèi pagani e Santi cristiani ---
L'Origine del culto dei Santi: gemellaggi pagani.
Ercole e Marte: i guardiani della Porta e i due vescovi guerrieri di nome Ercolano.
Osiride e San Giusto: i due Annegati che regnavano sui Morti.
Note al testo ---
[1] Cfr. Raffaele Pettazzoni, L'essere supremo nelle religioni primitive: l'onniscienza di Dio, Einaudi, Torino, 1965, pp. 140-141.
[2] Cfr. Plutarco, Iside e Osiride, Adelphi, Milano, 1985, p. 69.
venerdì 18 agosto 2023
Signora della Luce? Apollo: il Sorcio distruttore.
Il nome di Apollo cela il suo antico ruolo di sterminatore.
Così il vocabolario Rocci traduce:
ὁ Ἀπολλύων = "distruttore"
→ ἀπόλλυμι = "rovino, distruggo" [1]
Il mitologo Robert Graves scrive...
« Apollo ("distruttore", ovvero "colui che allontana")
[...] lui stesso adottò titoli ed emblemi di un "allontanatore" o "distruttore" pelasgo, un demone-topo cretese (come dimostra il suo appellativo di Sminteo). » [2]
Apollo, in origine, non era affatto una divinità solare, ma un dio-Sorcio che viveva nell'oscurità...
« Apollo Sminteo, cioè Apollo Sorcio, è uno dei più antichi appellativi del dio
[...] il che forse spiega perché Apollo si dicesse nato dove il sole non brillava mai, cioé sotto terra. » [3]
Apollo era un Topo Oracolare:
niente da spartire con la Luce, che poi divenne il Suo principale attributo.
« [...] egli si trova così strettamente associato, in qualità di Sminteo, al topo, l'animale dell'oscurità tellurica e sepolcrale ».
« Per questo Apollo, nonostante la sua natura luminosa, invia oracoli notturni, per mezzo di sogni, tanto a Patare che a Telmesso. »
« Per questo, infine, gli viene attribuita una stretta affinità con l'oscurità e le tenebre. » [4]
Il ruolo di Apollo cambiò, drasticamente, quando gli Elleni, devoti al dio Topo Sminteo, conquistarono l'Oracolo della Dèa a Delfi.
La Luce, dominio della Madre per il suo potere generativo, divenne l'attributo del dio Apollo: la Dèa fu relegata alla sfera lunare.
È la donna che da alla luce: non l'uomo!
La società patriarcale ellenica stravolse questa evidenza.
Graves scrive ancora...
« Apollo, dopo aver ucciso Pitone [...] si impadronisce dell'oracolo della Madre Terra a Delfi.
A Delfi [gli Elleni] uccisero il serpente sacro (un serpente analogo veniva custodito nell'Eretteo ad Atene) e si assunsero la tutela dell'oracolo in nome del loro dio Apollo Sminteo. » [2]
◉ Vedi sull'argomento i seguenti post:
Il serpente paredro della Dea Madre: i capitelli della chiesa di San Filippo Neri a Perugia.
La Santa con il Terzo Occhio. Il culto della Luce in una pittura medievale.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura con un topo che ruba le ostie dal Bestiario Royal MS 12 C XIX: folio 37 recto.
_In apertura, miniatura con il Sole che splende su una città.
È tratta dal manoscritto Harley 3469, visibile integralmente nel sito della British Library: folio 33v.
Note al testo ---
[1] Cfr. Lorenzo Rocci, Vocabolario greco-italiano,
Società Dante Alighieri, Citta di Castello, 1991, pp. 222-223.
[2] Cfr. Robert Graves, La dea bianca: grammatica storica del mito poetico, Adelphi, Milano, 1992, pp. 447-448.
[3] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota 2 a p. 47 e nota 3 a pp. 69-70.
[4] Cfr. Johan Jacob Bachofen, Il potere femminile: storia e teoria, a cura di Eva Cantarella, Il Saggiatore, Milano, 1977, pp. 169-170.
martedì 8 agosto 2023
Montagna Madre: il nome sacro della Marmotta.
Dietro il nome della marmotta c'è l'Animale-Antenato, e la fede nello Spirito Madre della montagna.
Il linguista Mario Alinei spiega la traccia di questo culto ancestrale, conservatosi nella parola "marmotta"...
« Il medico senese del '500, Pietro Andrea Matthioli, nella sua descrizione dei Topi montani pubblicata a Venezia nel 1568, ci informa:
"Chiamansi in su'l Trentino nelle cui montagne, et massime in quelle di Tanole, se ne veggono assai, Marmontane :
il quale vocabolo corrotto non vuole rivelare altro che mus montanus.
[...] Come già detto, infatti, il tipo francese la monte appare soprattutto col significato di 'pascolo alpino', e le marmotte per poter scavare le loro tane, ed anche per raccogliere l'erba che serve loro per prepararle, hanno bisogno di terreno erboso.
Ed erano i sassi, il terriccio e la ghiaia portati in superficie dai loro scavi nei pascoli alpini che le rendevano poco gradite ai falciatori. » [1]
A differenza del castoro, roditore che cerca i corsi d'acqua, la marmotta scava tane nel profondo della terra:
dominio della Madre, al cui culto era associata...
« Marmotta, pertanto, è in origine la 'madre-monte', cioè la madre Molta che rappresenta la montagna stessa nelle credenze più arcaiche. » [2]
« Soltanto il richiamo a queste leggende e al ruolo delle marmotte come madri e progenitrici dei Fanes può far comprendere la nascita del nome "marmotta".
La sua prima parte (mar) è infatti il nome della madre, che nei dialetti dell'alta Italia è reso come mare,
[...] Quanto poi a molta, si tratta di un termine legato alla montagna, una variante di montem 'monte', reso al femminile (spesso i nomi sostitutivi di quello vero tabuizzato indicano una caratteristica dell'animale, tra cui anche il suo habitat). » [2]
◉ La Montagna Madre da cui sgorga acqua sacra ---
Le acque uterine della Dèa: all'Eremo di Santa Maria Giacobbe.
Nota all'immagine --
_In apetura del post, miniatura con orsetti (o marmotte?) suonatori tratta dalla Morgan Library di New York, Graduale Ms. 905 II:
folio 88 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Mario Alinei, “Tre studi etimologici” in “Rivista internazionale di semantica teorica e applicata”, Vol. 23, nº 1, Anno 2002, pp. 28 e 30.
[2] Cfr. Mario Alinei e Francesco Benozzo, DESLI: Dizionario Etimologico Semantico della Lingua Italiana. Come nascono le parole, Pendragon, Bologna, 2015, p. 72.
Il linguista Mario Alinei spiega la traccia di questo culto ancestrale, conservatosi nella parola "marmotta"...
« Il medico senese del '500, Pietro Andrea Matthioli, nella sua descrizione dei Topi montani pubblicata a Venezia nel 1568, ci informa:
"Chiamansi in su'l Trentino nelle cui montagne, et massime in quelle di Tanole, se ne veggono assai, Marmontane :
il quale vocabolo corrotto non vuole rivelare altro che mus montanus.
[...] Come già detto, infatti, il tipo francese la monte appare soprattutto col significato di 'pascolo alpino', e le marmotte per poter scavare le loro tane, ed anche per raccogliere l'erba che serve loro per prepararle, hanno bisogno di terreno erboso.
Ed erano i sassi, il terriccio e la ghiaia portati in superficie dai loro scavi nei pascoli alpini che le rendevano poco gradite ai falciatori. » [1]
A differenza del castoro, roditore che cerca i corsi d'acqua, la marmotta scava tane nel profondo della terra:
dominio della Madre, al cui culto era associata...
« Marmotta, pertanto, è in origine la 'madre-monte', cioè la madre Molta che rappresenta la montagna stessa nelle credenze più arcaiche. » [2]
« Soltanto il richiamo a queste leggende e al ruolo delle marmotte come madri e progenitrici dei Fanes può far comprendere la nascita del nome "marmotta".
La sua prima parte (mar) è infatti il nome della madre, che nei dialetti dell'alta Italia è reso come mare,
[...] Quanto poi a molta, si tratta di un termine legato alla montagna, una variante di montem 'monte', reso al femminile (spesso i nomi sostitutivi di quello vero tabuizzato indicano una caratteristica dell'animale, tra cui anche il suo habitat). » [2]
◉ La Montagna Madre da cui sgorga acqua sacra ---
Le acque uterine della Dèa: all'Eremo di Santa Maria Giacobbe.
Nota all'immagine --
_In apetura del post, miniatura con orsetti (o marmotte?) suonatori tratta dalla Morgan Library di New York, Graduale Ms. 905 II:
folio 88 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Mario Alinei, “Tre studi etimologici” in “Rivista internazionale di semantica teorica e applicata”, Vol. 23, nº 1, Anno 2002, pp. 28 e 30.
[2] Cfr. Mario Alinei e Francesco Benozzo, DESLI: Dizionario Etimologico Semantico della Lingua Italiana. Come nascono le parole, Pendragon, Bologna, 2015, p. 72.
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