giovedì 24 novembre 2016

Dalle Trinità medievali alla Storia Infinita: morfologia dell'orrido.


La Storia Infinita racchiude tante di quelle citazioni paganeggianti che è sempre un piacere rivederlo!

Il film del 1984 è una piccola miniera di citazioni esoteriche.

Tutto inizia dal sigillo del libro trafugato da Bastiano, un doppio uroboro emblema della circolarità della Storia.

Poi c'è il Triskele che campeggia a mo' di bandiera sul pennone della Torre d'Avorio, dimora dell'Infanta Imperatrice, e che Atreyu scorge a cavallo del drago Falkor alla base della Torre prima che il nulla inghiotta tutto [sotto].




Ma tra gli abitanti di Fantàsia, accorsi da tutto il Regno fino alla Torre all'inizio della Storia, si annidano due citazioni che mi sono molto familiari.

Due coppie di personaggi bifronti e trifronti, che l'obiettivo inquadra di sfuggita e che hanno un preciso retroterra nell'arte europea...




Il MedioEvo riciclò dal mondo classico l'iconografia tricefala per semplificare una spinosa questione dottrinaria:
la presenza di tre persone in un unico Dio.

Un esempio notevole che rintracciai anni fa [1] è l'anonimo ex-voto della Trinità tricefala alla chiesa di Santa Maria a Vallo di Nera.


Ma gli inventori dei personaggi di Fantàsia hanno sicuramente attinto da modelli più recenti:
quelli elaborati nel Rinascimento.

La scoperta delle decorazioni della Domus Aurea di Nerone fornì ai pittori un ventaglio di soluzioni decorative!

Un bell'esempio proprio ad Assisi è la Volta pinta nel palazzo del legato pontificio, al piano stradale, dove campeggia tra i vari mostricciattoli un'erma bifronte [2] ...





L'estroso pittore alessandrino Felice Giani nel '700 ideò addirittura un'inquietante versione 'quadricefala', per decorare il soffitto di una delle sale al piano nobile di palazzo Conestabile della Staffa [3] a Perugia...




Note ---

[1] Di questo ex-voto ho inserito una riproduzione bianco/nero nel libro "Il culto proibito della Dèa" per evidenziare le differenze tra una comune Trinità tricefala maschile e la strana Trinità 'muliebre' dell'abbazia di San Pietro a Perugia.
Cfr. il libro a p. 22.

[2] Tutto il ciclo è tempestato di riferimenti alla fertilità.
La civetta, sormontata dai bastoni fioriti, è una chiara allusione erotica; su questo argomento vedi il post Il maleficio delle Tre Civette.
Per datare l'affresco di Assisi è attestato un pagamento nel Bollettario del Comune ad un certo « Raphael pictor » di 4 fiorini in data 21 agosto 1556.
Cfr. Ezio Genovesi, Le grottesche della Volta pinta in Assisi, Accademia properziana del Subasio, 1995, p. 16.

[3] Il palazzo oggi ospita la Biblioteca Augusta, e l'affresco in questione si trova nella stanza adibita ad Ufficio Fondo Antico.

venerdì 4 novembre 2016

La beata Angelina e le sacerdotesse del Fuoco.


L'iconografia di certi Santi, talvolta, è del tutto speculare a quella degli dèi pagani:
esaminiamo il caso della Beata Angelina da Montegiove.


Uno dei suoi ritratti più famosi è riportato sull'antiporta della prima agiografia a lei dedicata, scritta da padre Iacobilli e stampata a Foligno nel 1627.

Nel braccio destro la beata Angelina stringe la sua 'creatura', il convento delle terziarie francescane.
Dalla mano sinistra invece scaturisce la fiamma del fuoco sacro.

Nel 1737 Carlo Grandi rielaborò il disegno in un'incisione a bulino e acquaforte[1] per la riedizione della fortunatissima Vita di padre Iacobilli...


Stavolta del modellino del convento non c'è più traccia, sostituito dalla Regola a cui le sorelle terziarie aderiscono.
Ma il fuoco della fede arde ancora sul palmo della sua mano.

Angelina fu ritratta spesso con in mano il fuoco, Suo attributo di potere.

Anche in un Albero francescano non sopravvissuto, menzionato dal frate Fabio Siri, campeggiava questa immagine...

« Il padre Andrea Bonfanti [...] pubblicò l'anno 1614 in Fiorenza una Tavola o foglio reale dell'immagini di tutti i santi e beati del Terzo Ordine di san Francesco; e fra gli altri pone quello della Beata Angelina con titolo di contessa di Civitella che porta nella pianta della mano una fiamma di fuoco. » [2]

Per giustificare l'associazione tra Angelina e il fuoco, Iacobilli narrava che la Beata al cospetto del re di Napoli Ladislao, per provare la forza della sua fede, avesse tenuto dei tizzoni ardenti, « bragie fiammeggianti », tra le pieghe della veste !

« Stupido in tanto mirava & ammirava il Re fiammeggianti le bragie & in tutto illeso il manto della donzella, che le conteneva; & non meno stupiva che ella havesse penetrato l'intimo del suo cuore & propolato il segreto di volerla far ardere nel fuoco, che egli sempre occulto & celatissimo riserbò nel seno. » [3]

Il fuoco sacro custodito da Angelina nella tunica era un'immagine così potente da essere sfruttata ancora nei santini del primo '900...


La Beata Angelina fondò un convento di vergini che rifiutavano la clausura e vivevano tra loro in comunità, senza barriere.

Nella sua iconografia è evidente la sopravvivenza di poteri paganeggianti.

Siamo davanti ad una vestale post litteram ?



Nota all'immagine ---

Sopra, Vestali nell'atto di sacrificare al Fuoco sacro.
Roma, Musei capitolini].


Note al testo ---

[1] Cfr. Servus Gieben, Iconografia di Angelina da Montegiove in Biografie antiche della beata Angelina da Montegiove..., Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, Spoleto 1996, p. 218.

[2] Cfr. Fabio Siri da Montereale, Sommario della Vita della B. Angelina..., Foligno 1663, p. 14.

[3] Cfr. Ludovico Iacobilli, Vita della B. Angelina Corbara, contessa di Civitella d'Abruzzo, in Foligno 1627, pp. 36-37.