giovedì 20 ottobre 2022

« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.


In un manoscritto del Roman de Renart una miniatura ci mostra dei diavoletti che recitano delle preghiere:
al centro, sull'altare, è un candelabro a tre braccia.

Il numero TRE è centrale nelle operazioni magiche.

Le filastrocche per bambini lo hanno conservato:
la memoria magica si è 'fossilizzata' nei giochi infantili.

« È noto che i giochi dei fanciulli in genere sono delle sopravvivenze.

Le cantilene di parole senza senso onde i ragazzi accompagnano certi loro giochi sono sovente l'ultimo residuo di antiche formule d'incantesimo o di magia. » [1]

« Anghingò
Tre galline e tre capò
Per andare alla cappella
C'era una ragazza bella
Che suonava il ventitré
Uno due tre
. »
La filastrocca An-ghin- è proprio uno di questi incanti:
costruito sul numero TRE.

Il linguista Vermondo Brugnatelli, in un articolo visibile on-line [2], risaliva al possibile significato della formula An-ghin-gò:
un'analoga formula latina -HANC HINC HUC- che si riferisce ad una conta infantile...

« Di passaggio osservo che probabilmente sulla base del latino sarebbe possibile investigare altre filastrocche (o segmenti di filastrocche) che oggi appaiono formate da suoni privi di senso. Per esempio, un'altra filastrocca che comincia con an ghin gon

[...] *HANC HINC HUC "questa (mano?) da qui a qua..." sarebbe molto appropriata per la gestualità della conta. »

Il numero TRE serviva, magicamente, ad innescare l'incanto celato nella filastrocca.

Andrea Romanazzi, ne La stregoneria in Italia, ci fornisce sull'uso del TRE diversi rituali popolari: uno è contenuto ne Il Candelaio [1582] di Giordano Bruno...

« con la destra mano lo gitterete sul fuoco e direte tre volte al dì:
"Aurum thus"


[...] ospiterete tre volte con gli occhi chiusi e poi a poco a poco svoltando verso il caldo del fuoco la presente immagine [...]
La farete tornare al medesimo lato tre volte insieme tre volte dicendo: "Zalarath, Zalaphar"...
» [3]

→ "Capò" è una volgarizzazione dal latino capo-onis:
si riferisce ai "tre capponi" da portare alla cappella.


Sul pericolo di augurare fortuna, vedi:

Magia al rovescio. Maledizioni che portano fortuna.

Post sulla filastrocca 'stregonesca' Ambarabaciccìcoccò ---

Il maleficio delle Tre Civette.

Post sulla pratica apotropaica della conta ---

La magia della conta: come annullare le streghe.

M'ama / non m'ama: una divinazione d'amore fatta con i fiori.


Note alle immagini ---

_La miniatura sopra è tratta dal manoscritto 1094 della Bibliothèque Municipale di Avignone: l'immagine si trova, digitalizzata, nel sito francese della Biblioteca Virtuale dei Manoscritti Medievali (BVMM).

_Le prime due miniature del post sono tratte dal Roman de Renart, manoscritto della Biblioteca Nazionale di Francia (Bnf) :
folii 47 recto e 61 recto.


Note al testo ---

[1] Cfr. Raffaele Pettazzoni, Il rombo in I Misteri: saggio di una teoria storico-religiosa, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1924,
p. 17.

[2] L'articolo citato è, integralmente, consultabile on-line nel sito del linguista Vermondo Brugnatelli.

Un altro linguista, Gian Luigi Beccaria, spiega una dinamica linguistica che è, anche, antropologica:

« Il mito nasce, si trasforma, perde il suo significato sacrale, e prima di morire lascia qualche impronta indelebile che perdura nella vita familiare e quotidiana.
L'antico immaginario magico-religioso è in qualche modo sopravvissuto a livello infantile, nei giochi
. »

Cfr. Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 154.

[3] Cfr. Andrea Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 68.

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