lunedì 26 dicembre 2022

Botti di Capodanno: un rito d'inizio Anno per spaventare gli Spiriti maligni.

Il passaggio tra vecchio e nuovo anno è delicato:
i dèmoni sono in agguato.

Spari e campane servivano proprio a metterli in fuga...

« Gli strumenti in ferro sono apotropaici, allontanano il demone

[...] Ricordo ancora quand'ero bambino che nelle campagne i nostri nonni, appena c'era minaccia di temporale, facevano suonare le campane, usanza che si ricollega alle antiche credenze secondo cui i demoni possono essere messi in fuga dal suono del metallo, campane, campanelli, cembali, il suono del gong. » [1]
I botti sono un'evoluzione delle campane e dei sonagli:
si 'scampanava' per scacciare i dèmoni, quando l'uso della polvere da sparo non era ancora affermato in Europa.

L'importante era fare più rumore possibile.

Paolo Toschi spiegava bene questa usanza...

« E al fragore dei cocci rotti si unisce quello dei "botti", che sono, sì, ora soltanto espressione di chiassosa allegria, ma che in origine avevano anche la funzione di scacciare e distruggere gli spiriti maligni. » [2]

Gli animali, specie i gatti, fuggivano terrorizzati?
Meglio! Il rumore serviva proprio a questo.

I gatti erano gli animali più spesso posseduti dal diavolo:
i botti avevano, soprattutto contro di loro, potere apotropaico.

Andreina Ciceri, scrivendo delle Tradizioni popolari friulane, spiega bene questa usanza esorcistica...

« Nelle Valli del Nat, a Natale la compagnia dei giovani suonava le campane fino a mezzanotte, a fine d'anno fino alle prime ore successive, ai Tre Re [Magi: Epifania, n.d.a.] per l'intera notte e spesso a gara coi paesi vicini ("per avere le rape più grosse").
Alle campane si accompagnava anche lo sparo di mortaretti, ché il rumore doveva cacciare gli spiriti maligni
. » [3]

Note alle immagini ---

_L'immagine sopra, con un cane che brandisce delle campanelle, è tratta dal manoscritto Douce 5: folio 180v.

_In apertura del post, miniatura tratta dal medesimo manoscritto: folio 100v.

_La miniatura con un coniglietto che suona le campane della chiesa è tratta dal manoscritto W.102 presso il Walters Art Museum di Baltimora (U.S.A.) : folio 81r.


Note al testo ---

[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, 2000, p. 149.

[2] Cfr. Paolo Toschi, Invito al folklore italiano: le regioni e le feste, Editrice Studium, Roma, 1963, p. 118.

[3] Cfr. Ciceri, Tradizioni popolari friulane, Volume 2, Chiandetti, Udine, 1982, p. 597.

venerdì 9 dicembre 2022

Ghirlande appese: l'esorcismo di Natale.


Chi nasce nel giorno di Natale, o al solstizio d'estate, può essere preda di forze demoniache.

« [...] le madri di gemelle e chi nasce nel giorno di San Giovanni o di Natale, sono destinati a divenire streghe e stregoni.

[...] In particolare, nel chietino, per le tre notti successive al giorno di Natale il padre, con un piccolo ago rovente, disegna una piccola croce sopra il piede del figlio per "guarirlo" ed evitargli la sorte infausta. » [1]

In quei due giorni dell'anno -la notte tra il 24 e il 25, a giugno e dicembre- i dèmoni sono molto attivi. Specie a Natale:
per scongiurarli, si appende una ghirlanda sulla porta di casa.

La ghirlanda ha potere apotropaico...

« I giorni solstiziali (san Giovanni, o il Natale) erano sentiti come delicati e decisivi momenti di passaggio, momenti dell'anno gravidi di incertezza di cui gli spiriti maligni cercavano di approfittare. »

« Le ghirlande appese alle porte e alle finestre per tener lontano streghe, diavoli, e i temporali, cioè i demoni che li causavano, sono intrecciate di erbe dotate di "potere sia medicinale che divinatorio". » [2]

Una di queste piante antistregoniche era la felce.
L'etnologo siciliano Giuseppe Pitrè spiegava l'uso di questa pianta magica che le streghe coglievano a Natale.
Appenderne un ramoscello alla porta, le avrebbe dissuase dall'entrare in casa...

« Nella notte di Natale, le streghe colgono la felce (la fèce) che si chiama anche l'erba della concordia o della sconcordia, ed ha forma di mano.
Le streghe uniscono o disuniscono le dita di quella strana mano, quando operano le loro malìe, per unire o disunire gli animi
» . [3]

Note alle immagini ---

_La miniatura sopra, con un Vescovo dalle zampe ferine e sul posteriore una testa barbuta, è tratta dal manoscritto Stowe 17, visibile integralmente nel sito della British Library: folio 206r

_La miniatura in apertura, con un demone che stringe dei festoni, è tratta dal manoscritto Add MS 62925 della British Library:
folio 23v.


Note al testo ---

[1] Cfr. Andrea Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2008, p. 25.

[2] Le felci sono legate ai due solstizi, d'inverno e d'estate:
il seme, per credenze popolari, cade in estate:

" In alcuni dialetti la felce maschio ha nome felce di san Giovanni (per esempio, bolognese fallza ed san Svàn) :
si credeva che il seme nascesse e cadesse in quella magica notte, a mezzanotte in punto, e in quell'ora lo si andava a cercare perché teneva lontanno i malefici
. "

Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 55, 59 e 257.

[3] Giuseppe Pitrè, Curiosità popolari tradizionali. Credenze, usi e costumi abruzzesi, vol. VII, Palermo, 1890, p. 80.

Vedi la relativa pagina su Google Libri.

giovedì 1 dicembre 2022

Stregoneria Animale: il gufo succhiatore che si trasforma in capro.

Un manoscritto inglese ci mostra una capra e un gufo cornuto:
nei dialetti, un legame stretto unisce i due animali...

« i ciuffi auricolari brunoneri molto lunghi nel gufo reale ricordano le corna di una capra.
Anche il verso del rapace può aver richiamato il belare della capra.

Di qui il nome, in Valtellina, di cavra bésula "capra belante", cabra beso in Valcamonica e Poschiavo, cabra besol a Bormio, dove cabra begiol era anche il nome del caprimulgo che insieme a al duch, il gufo reale, porta la morte in quelle case dove va a cantare. » [1]

Dietro questa storia c'è il "capro espiatorio", che gli ebrei scacciavano nel deserto, ogni volta, per allontanare le impurità peccaminose [2].
Secondo Erodoto, gli Egiziani -il popolo più lussurioso del Mediterraneo!- organizzavano perfino l'accoppiamento rituale della donna al capro...

« Il capro e Pan si chiamano in egiziano Mendes.

In questo nomo ai miei tempi avvenne il seguente fatto straordinario:
un caprone si univa pubblicamente ad una donna, e questo era divenuto uno spettacolo pubblico
. » [3]

In una miniatura da un manoscritto del Trinity College di Cambridge, la vacca munge le tette di una donna:
le due figure sono, nella fantasia del miniatore, una cosa sola!
Il filtro medievale sviluppò l'appetito carnale del gufo:
nacque così il gufo succhia-vacca:

« Gli animali antenati potevano allattare i bambini o rubare il latte alle madri dei bambini.

Molte fiabe o leggende raccontano ad esempio che il gufo si attaccava alle mammelle di donne che allattavano o di altri animali, come la vacca:
ebbene, l'origine del nome conferma questa concezione arcaica, dal momento che è una variante del latino bufo

[...] il cui significato originario era 'succhia-vacca' (si tratta del composto indoeuropeo bos 'vacca' + dha 'succhiare')
». [4]

◉ Sugli animali 'malefici', vedi anche:

Una civetta diabolica nella chiesa di Santa Maria a Lugnano in Teverina.

Teschio di cane: un'arma contro i malefici delle 'gatte'.


Note alle immagini ---

_Sopra, disegno con un diavolo cornuto dal manoscritto Add Ms 11283, visibile integralmente nel sito della British Library: folio 6r.

_In apertura del post, miniatura con un gufo e un capro 'rampante' dal manoscritto Add Ms 62925: folio 63r.

_La seconda immagine del post è un disegno a margine del testo, sempre dal Bestiario Add Ms 11283: folio 7r.

_La terza miniatura, con una vacca che spreme il seno di una donna, è tratta dal manoscritto B.11.22 del Trinity College di Cambridge, visibile nel sito della Biblioteca inglese:
folio 118 verso.


Note al testo ---

[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 222.

[2] « A tutti questi tratti devono aver contribuito il racconto che Erodoto fa del culto sessuale egiziano del dio caprone nella città di Mendes, e il costume biblico del "capro espiatorio", scacciato nel deserto come portatore di tutte le impurità peccaminose degli uomini.
I cronisti greci identificano il caprone sacro di Mendes con Pan; originariamente doveva trattarsi di un ariete piuttosto che di un caprone
. ».

Cfr. Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Garzanti, Milano, 1991, pp. 93-94.

[3] Cfr. Erodoto, Storie, Libro II, paragrafo 46 [2], in Biblioteca Universale Rizzoli, traduzione di Augusta Izzo d'Accinni, Volume Primo, Milano, 1984, p. 375.

[4] Cfr. Mario Alinei e Francesco Benozzo, DESLI: Dizionario Etimologico Semantico della Lingua Italiana. Come nascono le parole, Pendragon, Bologna, 2015, p. 70.

mercoledì 16 novembre 2022

Il Toro nel Labirinto: la Labrys della Dea e il sacrificio del Dio fecondatore.


Diodoro Siculo, nella Biblioteca Storica, ci racconta come le donne, per ottenere fertilità, si spogliassero nude davanti ad un toro venerato in nome di Apis...

« [...] i sacerdoti che hanno quest'incarico portano il vitello dapprima a Nilopoli, dove lo allevano per quaranta giorni, quindi, fattolo salire su una nave con una cabina dorata, lo conducono a Menfi, nel santuario di Efesto.

Nei quaranta giorni di cui si diceva lo possono vedere soltanto le donne:
gli stanno di fronte e gli mostrano, tiradosi su le vesti, i genitali:
ma d'allora in poi, è proibito loro di venire al cospetto di questo dio
. » [1]

L'adorazione del Toro Apis, che gli Ebrei avevano riportato dall'Egitto sotto forma di Vitello d'oro, era comune ai popoli del Mediterraneo: gli Ebrei pagani non facevano eccezione...

« [...] notiamo che, in forma di toro, Zeus rapì Europa (epifania della Madre), si unì ad Antiope e tentò di far violenza a sua sorella Demetra.
E a Creta si leggeva uno strano epitaffio:
"Qui giace il grande bovino che si chiama Zeus"
.

Le divinità lunari mediterraneo-orientali erano rappresentate in forma di toro e investite di attributi taurini. » [2]
Il toro, simbolo del potere della Dèa, era ospitato nel Suo tempio Minoico: il Labirinto.

La Labrys della Grande Madre era una cosa sola con il Labirinto:
la radice comune delle due parole ne è la prova...

« Sir Arthur Evans fa l'ipotesi che il Labirinto fosse appunto il palazzo stesso, così chiamato dalla labrys o doppia ascia, l'emblema della sovranità in Creta, che aveva la forma di due quarti di luna (crescente e decrescente) uniti a dorso e simboleggianti il potere creatore e distruttore della dea. » [3]

Uccidere il Toro, in cerimonie (tauromachie) sopravvissute poi in forma ludica, era come fare un voto alla Dèa:
il Toro si cacciava non solo in Spagna, ma perfino a Trieste!

Questa usanza era ancora sentita all'inizio dell'Ottocento, quando Antonio Cratey la riportava [1808] nella Perigrafia dei nomi imposti alle androne, contrade e piazze di Trieste...

« [...] e ridotto il terreno ad uso di squero, che poscia fu rinchiuso, ed in esso si facevano da principio nel carnovale le caccie del toro ». [4]

◉ Sul dio toro Apis, e gli dèi cornuti della fertilità, vedi il post:

La luna e le corna:
il culto della Vacca lunare
.

◉ Sulla continuità tra mitologia egizia e tradizione agiografica a Trieste, vedi il post:

Osiride e San Giusto: i due Annegati che regnavano sui Morti.


Note alle immagini ---

_In apertura del post, miniatura con un toro dal Bestiario Harley ms 4751, visibile nel sito della British Library: folio 22 verso.

_La seconda immagine è una miniatura dal manoscritto W.106 del Walters Art Museum.
Opera del miniatore William de Brailes, l'Adorazione del Vitello d'Oro è visibile anche su Wikipedia: folio 13 recto.

_In chiusura del post, bovino trafitto da un cacciatore dal Bestiario Add ms 11283, visibile nel sito della British Library: folio 3 recto.


Note al testo ---

[1] Cfr. Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, Libro I, paragrafo 85, BUR Rizzoli, Milano, 2004, pp. 367-369.

[2] Cfr. Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Borighieri, Torino, 2001, pp. 89-91.

[3] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Miano, 1985, nota 8 a p. 269.

[4] Cfr. Antonio Cratey, Perigrafia dell'origine dei nomi imposti alle androne, contrade e piazze di Trieste [...] pubblicata nell'anno 1808 da Antonio Cratey, dalla tipografia di Gasparo Weis, Trieste, p. 256.
Il libro si può consultare anche on-line, su Google Libri e nel sito dell'Università degli Studi di Trieste, in estensione .pdf.

martedì 8 novembre 2022

Il Picchio: profeta della quercia.


La parola greca per indicare il picchio è δρυοκολάπτης:
significa 'colui che batte la quercia' (δρυῦς).
I druidi (δρυίδες) erano, letteralmente, i sacerdoti della quercia.

Fin dall'antichità, il picchio era considerato un uccello magico legato all'albero più sacro di tutti: la quercia.

La quercia mantiene le foglie in inverno, ed è capace con il suo ciclo di 'spezzare' la morte invernale.

Apollo e Zeus erano associati al picchio, cioè alla quercia che il picchio colpisce con il Suo becco...

« Ermete è chiamato figlio di Zeus Pico ("picchio") e Aristofane, ne Gli Uccelli [verso 480], accusa Zeus di aver rubato lo scettro del picchio, così come Pan viene ritenuto figlio di Ermete e della ninfa Driope ("picchio") e Fauno, il Pan latino, era figlio di Pico ("picchio") che Circe trasformò in Picchio per aver disprezzato le sue profferte amorose (Ovidio, Metamorfosi XIV 6).

Sulla tomba cretese di Fauno si leggeva l'epitaffio:
"Qui giace il picchio che era anche Zeus
." » [1]


Profetizzare era un potere associato, anticamente, al picchio che batteva la quercia.

Il passaggio dal Matriarcato agli dèi patriarcali implica, anche, la cancellazione di alcuni culti arborei...

« Il mito di Apollo che seduce Driope sul monte Eta si ricollega forse alla soppressione di un locale culto della quercia, sostituito da quello di Apollo, dio cui era sacro il pioppo. » [1]

« Fu così che Zeus a Dodona e Ammone nell'Oasi di Siwa soppressero il culto della quercia oracolare sacra a Dia o a Dione, come Geova soppresse il culto dell'acacia oracolare di Ishtar e Apollo si impadronì dei santuari di Delfi e di Argo. » [1]

Il picchio batte l'albero come l'uomo penetra la donna:
Mircea Eliade spiega come il potere profetico del picchio si accompagnasse a quello fecondativo...

« In tutta Europa, lungo il Mediterraneo e in varie zone interne dell'Asia, si attribuivano al picchio speciali poteri sovrannaturali, a causa della sua associazione con il tuono, la pioggia e la fertilità.
Sembra che tale credenza sia sorta in età neolitica, insieme alla diffusione dei primi attrezzi agricoli per dissodare la terra
.

[...] Il picchio, in altri termini, possiede una duplice natura, che corrisponde all'ambivalente potere della pioggia:
di fecondare e di distruggere
. » [2]

Note alle immagini ---

_Sopra, miniatura tratta dal manoscritto Sloane 3544, visibile parzialmente nel sito della British Library: folio 24r.

_In apertura, miniatura dal Der naturen bloeme (il Fiore della Natura) del poeta olandese Jacob van Maerlant, manoscritto custodito alla Biblioteca Reale d'Olanda (Koninklijke Bibliotheek): KB KA 16, folio 98v.

_La seconda miniatura del post proviene da un manoscritto della British Library, per segnatura Add MS 11283:
folio 19v. Note alle immagini ---


Note al testo ---

[1] Con l'affermazione degli dèi patriarcali, cambiano anche gli alberi cultuati: Graves scrive...

« Il mito di Apollo che seduce Driope sul monte Eta si ricollega forse alla soppressione di un locale culto della quercia, sostituito da quello di Apollo, dio cui era sacro il pioppo. » [1]

Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota 7 a p. 70, nota 1 a p. 162 e nota 2 a p. 173.

[2] Cfr. Peter C. Chemery in Dizionario del mito, a cura di Mircea Eliade, Jaca Book, Milano, 2018, pp. 169-170.

martedì 1 novembre 2022

Artù e sant'Orso: i due devoti di Artio, la dea celtica degli Orsi.


Una statuetta antica ci mostra Artio, la dea celtica degli Orsi, seduta davanti al Suo 'animale di potere'...

« La città di Berna, fondata nel 1191 dalla famiglia degli Zähringen per celebrare una fortunata caccia all'orso, è contigua alla località di Muri, dove nel 1832 venne rinvenuta una statuetta votiva consacrata alla dea Artio [vedi sopra ],
rappresentata seduta, rivolta verso un grosso orso che sembra sceso da un albero. » [1]

La Dèa Artio diede il nome ad Artù:
re Artù era, probabilmente, un devoto della dèa celtica, prima che l'evangelizzazione lo rendesse un 'paladino' della fede cristiana...

« Si tratta di un antico nome dell'orso.
In Bretone medio e moderno l'orso si chiama artos e in gallese arth
.

Lo stesso termine celtico si ricollega alla radice indoeuropea *rktos.
In realtà, esiste nella mitologia celtica una dea Artio il cui nome ricorda direttamente quello dell'orso. » [2]
I predicatori cristiani, non potendo estirpare il culto dell'Orso, lo 'santificarono' ad Aosta affiancandolo al Padre della Chiesa:
nacque così la chiesa dei Santi Pietro ed Orso...

« Si tentò anche di avvicinare all'orso sacro la sbiadita figura di san Pietro - la chiesa è dedicata ai santi Pietro ed Orso- associando l'imponente belva al capo della chiesa romana, ma il nome dell'apostolo non riuscì mai a sostituirsi al dio del bosco. » [3]

L'orso era così temuto che il Suo nome indoeuropeo divenne tabù, e scomparve:
esorcizzato come una terribile divinità da esorcizzare...

« Le tribù primitive disponevano di tutta una serie di finzioni rituali atte a invalidare l'offesa arrecata a un animale, a cancellare la colpa:
tabuizzata era l'uccisione dell'orso


[...] È sintomatico che il termine indoeuropeo per "orso"
(latino ursus) sia scomparso nelle lingue del Nord e dell'Est dell'Europa.
Non dobbiamo dimenticare che nell'Asia settentrionale e in Europa l'orso è stato il più forte e il più minaccioso degli animali, quello che ha arrecato i danni più notevoli al bestiame domestico
. » [4]

◉ Sul culto delle Orse nel mondo antico, vedi:

La danza delle Orse di Artemide: un rito violento.


Post sulla Madonna dell'Orso nell'isola di Creta, indizio del culto di Artemide:

L'Orsa Maggiore e la Madonna dell'orso:
il mito sciamanico della Signora degli Animali
.


Note alle immagini ---

_La miniatura sopra è tratta dal manoscritto Harley 4751, visibile integralmente nel sito della British Library: folio 15 verso.

_La seconda miniatura del post è tratta dal Bestiario di Aberdeen, dall'Università della città: folio 15 recto.

_In apertura, statuetta votiva della dea Artio, seduta davanti ad un Orso:
è una delle statuette rinvenute a Muri, e conservate al Museo Storico di Berna (Svizzera).


Note al testo ---

[1] Cfr. Yves Bonnefoy, Dizionario delle mitologie e delle religioni, Volume Terzo: Le divinità..., Bur Rizzoli, Milano, 1989, p. 1572.

[2] Cfr. Philippe Walter, Artu, l'orso e il re, traduzione dal francese di Milvia Faccia, Arkeios, Roma, 2005, pp. 74-75.

→ Analogo il termine greco per orso: ἄρκτος.

[3] Cfr. Carlo Matti, Bestiario del cielo. Il significato segreto delle costellazioni, Ca' del Monte, 2021, p. 28.

[4] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 106, 108-109.

→ Dare ad un neonato il nome di un animale serviva, nel mondo primitivo, ad assicurargli la stessa forza della belva...

« Presso vari popoli della Russia si davano ai bambini nomi "canini" o nomi "brutti", nomi di animali, e con ciò il bambino riceveva dall'animale, portatore di quel nome, tutte le sue doti, la vitalità, la salute ».

giovedì 20 ottobre 2022

« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.


In un manoscritto del Roman de Renart una miniatura ci mostra dei diavoletti che recitano delle preghiere:
al centro, sull'altare, è un candelabro a tre braccia.

Il numero TRE è centrale nelle operazioni magiche.

Le filastrocche per bambini lo hanno conservato:
la memoria magica si è 'fossilizzata' nei giochi infantili.

« È noto che i giochi dei fanciulli in genere sono delle sopravvivenze.

Le cantilene di parole senza senso onde i ragazzi accompagnano certi loro giochi sono sovente l'ultimo residuo di antiche formule d'incantesimo o di magia. » [1]

« Anghingò
Tre galline e tre capò
Per andare alla cappella
C'era una ragazza bella
Che suonava il ventitré
Uno due tre
. »
La filastrocca An-ghin- è proprio uno di questi incanti:
costruito sul numero TRE.

Il linguista Vermondo Brugnatelli, in un articolo visibile on-line [2], risaliva al possibile significato della formula An-ghin-gò:
un'analoga formula latina -HANC HINC HUC- che si riferisce ad una conta infantile...

« Di passaggio osservo che probabilmente sulla base del latino sarebbe possibile investigare altre filastrocche (o segmenti di filastrocche) che oggi appaiono formate da suoni privi di senso. Per esempio, un'altra filastrocca che comincia con an ghin gon

[...] *HANC HINC HUC "questa (mano?) da qui a qua..." sarebbe molto appropriata per la gestualità della conta. »

Il numero TRE serviva, magicamente, ad innescare l'incanto celato nella filastrocca.

Andrea Romanazzi, ne La stregoneria in Italia, ci fornisce sull'uso del TRE diversi rituali popolari: uno è contenuto ne Il Candelaio [1582] di Giordano Bruno...

« con la destra mano lo gitterete sul fuoco e direte tre volte al dì:
"Aurum thus"


[...] ospiterete tre volte con gli occhi chiusi e poi a poco a poco svoltando verso il caldo del fuoco la presente immagine [...]
La farete tornare al medesimo lato tre volte insieme tre volte dicendo: "Zalarath, Zalaphar"...
» [3]

→ "Capò" è una volgarizzazione dal latino capo-onis:
si riferisce ai "tre capponi" da portare alla cappella.


Sul pericolo di augurare fortuna, vedi:

Magia al rovescio. Maledizioni che portano fortuna.

Post sulla filastrocca 'stregonesca' Ambarabaciccìcoccò ---

Il maleficio delle Tre Civette.

Post sulla pratica apotropaica della conta ---

La magia della conta: come annullare le streghe.

M'ama / non m'ama: una divinazione d'amore fatta con i fiori.


Note alle immagini ---

_La miniatura sopra è tratta dal manoscritto 1094 della Bibliothèque Municipale di Avignone: l'immagine si trova, digitalizzata, nel sito francese della Biblioteca Virtuale dei Manoscritti Medievali (BVMM).

_Le prime due miniature del post sono tratte dal Roman de Renart, manoscritto della Biblioteca Nazionale di Francia (Bnf) :
folii 47 recto e 61 recto.


Note al testo ---

[1] Cfr. Raffaele Pettazzoni, Il rombo in I Misteri: saggio di una teoria storico-religiosa, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1924,
p. 17.

[2] L'articolo citato è, integralmente, consultabile on-line nel sito del linguista Vermondo Brugnatelli.

Un altro linguista, Gian Luigi Beccaria, spiega una dinamica linguistica che è, anche, antropologica:

« Il mito nasce, si trasforma, perde il suo significato sacrale, e prima di morire lascia qualche impronta indelebile che perdura nella vita familiare e quotidiana.
L'antico immaginario magico-religioso è in qualche modo sopravvissuto a livello infantile, nei giochi
. »

Cfr. Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 154.

[3] Cfr. Andrea Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 68.

lunedì 10 ottobre 2022

Terra Sacra: gli adoratori della Vipera.


Stefano Gasparri, in un libro sulle sopravvivenze pagane tra i Longobardi, ci parla del culto della Vipera.

Un idolo d'oro, a forma di vipera, era adorato dal conte di Benevento, Romualdo, prima che il vescovo cristiano Barbato lo facesse distruggere...

« Secondo il racconto è in particolare il duca, con il conforto dei suoi sodales, i compagni più fedeli, che è seguace di questo culto.

È necessario un inganno di Barbato, con la decisiva collaborazione della duchessa Teuderada, per estirpare la superstiziosa adorazione della vipera.

L'idolo d'oro, che il duca Romualdo continuava ad adorare di nascosto nel suo palazzo, pur dopo la sua prima conversione ad opera di Barbato stesso, viene fuso e trasformato in calice e patera per la messa. » [1]

Il culto dei Longobardi per la vipera ha un precedente sorprendente nell'antica Grecia:
l'adorazione della dea Madre Vipera Echidna (Ἔχιδνα: in greco, letteralmente, la «Vipera»).

La Dea della Terra era vendicativa contro i suoi profanatori:
la rimozione del Suo culto fu, probabilmente, uno dei primi atti del potere Patriarcale...

« Sacrifici umani maschili erano offerti alla dea, come Euridice, e le vittime morivano per il morso di una vipera.

La morte di Echidna per mano di Argo si ricollega probabilmente alla soppressione del culto argivo della dea-serpente
. » [2]


Un post e un libro sul culto Matriarcale dei Serpenti ---

Serpenti Sacri: la Nutrice. Dalla dea Minoica a santa Verdiana.


Note alle immagini ---

_Sopra, miniatura con una vipera dal manoscritto Harley 4751: folio 60 recto.

_La miniatura in apertura è tratta dal Bestiario ms 24 dall'Università di Aberdeen (Scozia) risalente al 1200 circa:
folio 67v.

_La seconda miniatura del post, con due teste di serpente che si scrutano, proviene dallo stesso Bestiario di Aberdeen: folio 68v.


Note al testo ---

[1] « La Vita Barbati Episcopi Beneventani è il testo fondamentale sulla conversone dei Longobardi del ducato di Benevento.

[...] La vita del vescovo di Benevento contiene il ricordo di due culti pagani dei Longobardi.
Il primo è il culto della vipera


[...] Si potrebbe spiegare l'intrusione dell'episodio nel racconto, ed anor più la sua sopravvivenza nella memoria locale, proprio con l'esistenza di relitti di credenze contadine locali, attinenti alla sfera della fertilità. »

Cfr. Stefano Gasparri, La struttura della vita del vescovo Barbato e il culto della vipera in La cultura tradizionale dei Longobardi. Struttura tribale e resistenze pagane, Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, Spoleto, 1983, pp. 69-72.

[2] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1983,
nota 1 a p. 114.

domenica 2 ottobre 2022

Dov'è finita la mano? Indizi per un culto degli alberi alla Basilica di San Francesco.

Il Miracolo della sorgente cela un dettaglio prezioso.

Francesco è raffigurato in ginocchio, a mani giunte:
la mano dell'Eterno è assente dalla raffigurazione.
Chi sta pregando il Santo, per far scaturire l'acqua:
Dio o gli alberi?

La stessa scena si ripete nel borgo di Assisi:
è la Rinuncia agli averi.
Anche qui Francesco prega: tra le nuvole, spunta la mano benedicente di Dio.
La mano di Dio, nelle pitture medievali, consacra il Santo.
Possibile che Giotto si sia dimenticato un dettaglio così importante, nel primo affresco?

Gli unici due prodigi 'rurali' del Santo, la "Predica agli uccelli" e il "Miracolo della sorgente", si trovano sulla parete d'ingresso della Basilica Superiore:
in controfacciata. Varcato il portale.

Le due pitture erano destinate a quei devoti che rimanevano assiepati in fondo alla chiesa, non avendo la proprietà di una panca su cui sedersi: il volgo.

La mano di Dio non era un dettaglio secondario:
è il segno della Volontà divina che incorona gli Asceti.
Francesco, in punto di morte, aveva firmato un Testamento [1226] in cui dichiarava che i frati dovessero sottomettersi all'autorità dei sacerdoti:
le loro mani erano sacre, emanazione diretta della mano di Dio.
Guai a dubitarne!

« E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori.

[...] E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nent'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri. » [1]

Papa Onorio III teneva a ribadire il concetto:
al punto da non bollare la Regola dei frati finché Francesco non si decise ad accettare questa condizione...

« Frate Francesco promette obbedienza e riverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. » [1]
La sottomissione alle mani Sante è ribadita da Tommaso da Celano nella Vita Seconda, e si capisce quanto per il Santo fosse importante la sudditanza alla Chiesa...

« Voleva che si dimostrasse grande rispetto alla mani del sacerdote, perché a esse è stato conferito il divino potere di consacrare questo sacramento:

"Se mi capitasse –diceva spesso– di incontrare insieme un santo che viene dal cielo e un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani.

Direi infatti: "Ohi! Aspetta, san Lorenzo, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrannaturale
!" » [2]


Post sui luoghi francescani, in origine santuari pagani ---

Francesco, lo stregone che piantava gli alberi.

Falco o gufo? La Dea dell'ombra e le piume diaboliche.

Edilizia francescana: sotto il Sacro Convento, le forche del boia...

La Madonna come antidoto agli dèi pagani.


Note alle immagini ---

_Su Wikipedia si trovano due schede dedicate agli affreschi di Giotto alla Basilica Superiore, qui analizzati:

Miracolo della sorgente,
Rinuncia ai beni terreni.

→ Dell'assenza della Mano divina nell'affresco alla Basilica di Assisi parlavo ne Lo stregone di Assisi, il volto negato di san Francesco, Eleusi Edizioni, Perugia, 2009, pp. 63-64.


_La terza immagine del post, con un asceta benedetto dalla mano di Dio, è tratta dal manoscritto Add ms 17341.
È visibile nel sito della British Library: folio 21v.

_La quarta immagine, con un prete che officia sull'altare, è una miniaura tratta dal manoscritto Yates Thompson 11: folio 6v.
È visibile nella sezione Illuminated Manuscipts della British Library.

_L'ultima immagine del post è una miniatura tratta dal manoscritto Add ms 10293: folio 280r.
L'Opera si trova, integralmente scansionata, nel sito della British Library.


Note al testo ---

[1] Il Testamento di san Francesco, con il relativo brano citato, si trova nelle Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova, 2004 -ff 113.

→ Il riferimento alla Regola bollata del 1223 è al versetto 76.

[2] Il brano, tratto dalla Vita Seconda di Tommaso da Celano, è nel Capitolo CLII -ff 790.

mercoledì 21 settembre 2022

Un teschio sull'altare: le offerte agli Dèi pagani.


Una miniatura da un manoscritto inglese ci mostra un Vescovo-scimmia innalzare sull'altare la testa di un animale:
ricorda il bucranio, teschio di bue che veniva offerto ritualmente agli Dèi pagani.

Il bucranio è simbolo del Paganesimo:
nell'Arte cristiana fu assurto a emblema dei culti idolatri da condannare, salvo poi usarlo per 'impreziosire' i luoghi sacri!

« Bucraneo:
Tema ornamentale che deriva dal cranio del bue o del toro impiegati negli antichi sacrifici compiuti con il fuoco
. » [1]

Il bucranio si ritrova come elemento decorativo nelle chiese:
a Bevagna tre bucrani sono scolpiti sul portale della chiesa di San Michele Arcangelo, in piazza Silvestri...

Fu soprattutto il Rinascimento ad usare questo simbolo:
Il papa umanista Enea Silvio Piccolomini ne fece dipingere addirittura due nella Biblioteca del Duomo di Siena al pittore perugino Pinturicchio:
si trovano tra l'affresco della Canonizzazione di Santa Caterina da Siena e la Partenza per la Crociata ad Ancona.

Da notare, nel bucranio della seconda immagine, i serpenti che escono dalle orbite del teschio:
dettaglio tanto pagano che ci rammenta, proprio in Toscana, i due serpenti di santa Verdiana...

Un post e un libro sul culto (serpentino) di santa Verdiana ---

Serpenti Sacri: la Nutrice. Dalla dea Minoica a santa Verdiana.


Note alle immagini ---

_La miniatura in apertura è tratta dal manoscritto B.11.22 del Trinity College di Cambridge: folio 4 recto.

_Su wikipedia è possibile vedere integralmente il ciclo pittorico eseguito da Pintoricchio per la Libreria Piccolomini di Siena.


Nota al testo ---

[1] Cfr. Jean-Eduardo Cirlot, Dizionario dei Simboli, Siad Edizioni, Milano, 1985, p. 118.

giovedì 15 settembre 2022

Animali Incantati: dal mito di Orfeo all'incanto dei Santi.

Vestirsi da animali, per i predicatori, era una forma di possessione demoniaca.

« Nessun epiteto sembrava eccessivo per denunciare la follia, la demenza, l'indegnità di tali pratiche!
"Mascherandosi da cervo vogliono trasformare il loro aspetto in quello delle bestie selvatiche.

Altri si vestono con pelli di montone; altri ancora inalberano teste di animali, e si rallegrano fino all'esultanza quando arrivano ad assumere l'aspetto di fiere al punto da non sembrare più uomini"


« La metamorfosi dell'uomo in bestia, particolarmente drammatica nel caso del lupo mannaro, è, per il cristianesimo, una cosa abominevole. » [1]
Una miniatura da un manoscritto della British Library, ci mostra proprio un uomo vestito da cane feroce spaventare due figuranti che reggono un palo con sopra un vecchio nudo a cavalcioni!

Cosa preoccupava tanto i predicatori?

Roberto Tagliaferri ci offre un indizio, spiegando il retroterra magico delle mascherate...

« La possessione è il risultato del mascheramento.
[...] Lo sdoppiamento operato dalla maschera produce l'alienazione di sé per essere preda della Potenza. » [2]
Le mascherate sono la sopravvivenza di riti ancestrali,
quando si credeva che gli animali fossero divinità:
vestirsi da animali voleva dire essere posseduti dal dio.

Fin dal mondo antico, chi riusciva ad incantare gli animali era considerato depositario di un potere divino.

Orfeo incantava gli animali con il suono della lira:
da notare in una miniatura da un manoscritto della British Library, la civetta posata sopra la testa del cantore mitico.
È un simbolo del contatto con il mondo Infero dei Morti.
Giamblico racconta che il filosofo-mago Pitagora avesse lo stesso potere incantatorio sugli uccelli che poi consacrerà i Santi:
in primis, Francesco d'Assisi.

Il confronto tra i due racconti, l'agiografia di san Bonaventura e il testo di Giamblico, ci fa capire l'origine del mito cristiano...

« Durante il suo soggiorno lassù, un falco, facendo proprio lì il suo nido, gli si legò con patto di intensa amicizia.
[...] Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. » [3]

« E una volta che Pitagora si trovava a Olimpia a parlare ai discepoli degli auspici tratti dagli uccelli [...] un'aquila passò in volo sopra di lui [...].
Questi fatti, e altri del genere, mostrano che Pitagora deteneva lo stesso potere sugli animali che aveva Orfeo:
cioé di incantarli e soggiogarli in virtù del potere della voce che usciva dalla sua bocca
. » [4]

I poteri a cui si riferiva Giamblico sono descritti nel mosaico romano di sant'Elisabetta a Perugia: Orfeo incanta un uccello!
Molti Santi avevano poteri incantatori sugli animali:
è il caso di san Gallo, che il monaco cristiano Tuotilo raffigura sulla coperta in avorio dell'Evangelium longum nell'atto di porgere del pane a un orso.

La scritta sopra recita:
S. Gallus panem porrigit urso.
Gli animali furono spesso usati per esaltare i Santi, quando non erano puniti perché si credevano posseduti dal diavolo.

Pierre Saintyves racconta, ad esempio, una curiosa scomunica rivolta dal Vescovo di Marsiglia contro i delfini...

« Non avendo voluto i delfini ottemperare alle sacre ingiunzioni del vescovo di Cavaillon né di altri, Turricella che i pescatori e gli altri cittadini stancavano con lamentele e richieste, ne scrisse al papa Paolo V, spiegando come questa inconcepibile ostinazione dei delfini fosse un vero e proprio flagello per Marsiglia. » [5]

Ho raccolto questi temi in un libro, offrendo una traduzione degli scritti di Saintyves e un'introduzione ai prodigi medievali con protagonisti gli animali...


Qualche post sugli animali 'incantati' ---

Da san Francesco a Cappuccetto Rosso: il culto apotropaico del Lupo.

Le streghe che si trasformano in gatte.

Animali parlanti: gli Antenati che tornano.


Note alle immagini ---

_L'immagine in apertura, è tratta dal manoscritto Stowe 17 della British Library: folio 240v.

_La miniatura con Orfeo che incanta gli animali, quarta immagine del post, è tratta dal manoscritto Harley 4431: folio 125v.

_La penultima immagine del post, con San Gallo che porge il pane all'orso, è tratta da Wikipedia: coperta opera del monaco Tuotilo,

_La miniatura sotto, con delle scimmie che accompagnano un suonatore di viella, è tratta dal manoscritto Add 24686 della British Library: folio 17v.


Note al testo ---

[1] Cfr. Jean-Claude Schmitt, Medioevo "superstizioso", Laterza, Roma-Bari, 2005, pp. 70, 72.

[2] Cfr. Roberto Tagliafferi, Liturgia, travestimento e mascheramento in Liturgia e immagine, Atti del Convegno, Messaggero, Padova, 2009, p. 207.

[3] Cfr. Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda Maggiore, Capitolo VIII, Editrici Francescane, Padova, 2004 – ff 1158.

[4] Cfr. Giamblico, La vita Pitagorica, a cura di Maurizio Giangiulio, Rizzoli, Milano, 2001, p. 201 (62).

[5] Cfr. Pierre Saityves, Procès et excommunications contre les animaux in Revue des traditions populaires, XXVII, Paris, 1912,
p. 155.
Su Gallica della Bnf si può consultare l'articolo in lingua originale.

sabato 3 settembre 2022

Il dèmone dell'Arcobaleno: una Balena nel cielo.


Quando il dèmone del cielo ha sete, appare per bere.

Come spiega Mario Alinei, gli antichi credevano che l'arcobaleno fosse un grande pesce assetato...

« la parola italiana arcobaleno, da intendersi, appunto, come 'arco della balena' (lat. ba(l)lena, a sua volta dal greco, dove aveva il sigificato generico di 'cetaceo'), cioè come rappresentazione celeste di un grande animale che beve l'acqua e la fa piovere dal cielo. » [1]

Guai a rimanere in giro quando la Balena percorreva l'arco del cielo.

Il dèmone-baleno non avrebbe perdonato i suoi profanatori!

Gian Luigi Beccaria aveva ricordi indelebili di questo mostro infantile...

« Anche i miei ricordi d'infanzia mi trasmettono un arcobaleno essere maligno, animato e pericoloso:
al suo apparire mi si diceva che là dove quell'arco cade, l'erba resta bruciata
.

Questo fondo animistico si ricava anche da certi tabù di enorme diffusione.
[...] Carlo Levi, in Cristo si è fermato a Eboli (cap. XXII), scriveva:
"Come si prende il male dell'arco?
L'arcobaleno cammina per il cielo, e appoggia sulla terra i suoi piedi, muovendoli qua e là per la campagna
.

Se avviene che i piedi dell'arco calpestino dei panni lasciati ad asciugare, chi indosserà quei panni prenderà, attraverso la virtù che vi è stata infusa, i colori dell'arco e si ammalerà. » [2]


Note alle immagini ---

_La miniatura in apertura, con una Lezione sull'Arcobaleno, è tratta dal De proprietatibus rerum, composto dal frate inglese Bartolomeo Anglico e tradotto in francese da Jean Corbechon come Livre des propriétés des choses:
l'Opera proviene dal FitzWilliam Museum, Cambridge, folio 340v.

_La miniatura in chiusura, in cui un uomo guarda l'arcobaleno apparire alle sue spalle, è tratta dal manoscritto Harley 2278, contenente le Vite dei Santi Edmund e Fremund, opera del poeta John Lydgate: la miniatura è al folio 72v


Note al testo ---

[1] Cfr. Mario Alinei e Francesco Benozzo, DESLI: Dizionario Etimologico Semantico della Lingua Italiana. Come nascono le parole, Pendragon, Bologna, 2015, p. 67.

[2] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 86.

sabato 27 agosto 2022

Pentiti: sai troppo. La Cultura come colpa.

L'erudizione è un'arma usata dal diavolo per dannare gli uomini.

I diavoli più pericolosi sono ottimi eruditi...

« Non sono infrequenti le storie su indemoniati dotti, che parlano per bocca del diavolo (si narrava, a Messina, di uno spirdatu che si era messo a discutere con un esimio teologo su argomenti di alta filosofia, intercalando con disinvoltura frasi greche e latine). » [1]

Bisogna diffidare degli uomini troppo colti:
il diavolo ha un debole per le formule difficili!

« Anche nel XXV cantare del Morgante il "molto savio" Astarotte mostra di conoscere a perfezione la Bibbia
[...] ha molta familiarità con i testi sacri, li cita a volte in latino, in latino gli sfugge a un certo punto anche una formula notarile
. » [1]


San Francesco diffidava dei libri:
la lettura è un esercizio pericoloso.
Meglio rimanere ignoranti, perfino nella Liturgia, e non rischiare che il diavolo s'insinui con pensieri capziosi.
A chi gli chiedeva l'uso di un salterio, rispose...

« [...] quando avrai avuto il salterio, bramerai il breviario.
E avuto il breviario, ti assiderai in cattedra come un solenne prelato e dirai al tuo fratello: "Portami il breviario!"
. »

« Poi il beato Francesco riprese:
"Fratello, anch'io sono stato tentato così di avere dei libri"
[...] Tanti sono quelli che volentieri si elevano alla scienza, che sarà beato chi si renderà sterile per amore del Signore Dio
. » [2]


Nota alle immagini ---

_Le miniature del post provengono dal manoscritto Add MS 62925, digitalizzato nel sito della British Library:
folii 44r, 39v e 30r.


Note al testo ---

[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 137.

[2] Cfr. Compilazione di Assisi, L'insidia della scienza in
Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova, 2004 -ff 1650.