lunedì 20 marzo 2023

Fare il diavolo 'a quattro'. Tracce di un rito demoniaco nella lingua parlata.


Dietro l'espressione « fare il diavolo a quattro » c'è una pratica magica sopravvissuta in forma di spettacolo teatrale.

Nei secoli passati, i diavoli si portavano in scena:
era il residuo di veri scongiuri.
Il linguista Gian Luigi Beccaria spiega...

« Ma torniamo al diavolo a quattro o a sette, locuzioni che si è pensato di riportare al teatro poolare medievale, alle sacre rappresentazioni:
ce n'erano di quelle che potevano permettersi quattro diavoli, o anche più, le grandi diavolerie, di meno le piccole, fatte in economia, con pochi diavoli
. » [1]

Il teatro 'diabolico' era la sopravvivenza di danze e rappresentazioni apotropaiche:
ne è rimasta traccia nei popoli primitivi.

Alfonso Di Nola, storico delle Religioni, narra l'usanza del popolo Mon della Birmania che rappresentava i dèmoni in danze a scopo scaramantico...

« [...] nella cerimonia della "salvazione del villaggio" di evidente struttura sciamanica, si celebra una danza violenta nella quale i partecipanti impersonano gli spiriti maligni (tasé), gli orchi (balù), le streghe, i cani e i maiali. » [2]
Paolo Toschi, folklorista romagnolo, ci racconta come evocare il diavolo ed allestire scene infernali fosse importante nelle rappresentazioni Sacre che si facevano in chiesa...

« Sulla effettiva raffigurazione della scena nei suoi aspetti realistici non abbiamo nessun dubbio:
gl'inventari della confraternita di San Domenico di Perugia, elencano, fra la suppellettile usata per le 'devozioni':
'sei vesti nere', una è del Nemico, e anche 'una feccia del demonio' e 'una barba con pelo nero'
. » [3]

Un rito catartico derivato dal Teatro antico.

Le Erinni, i dèmoni del rimorso che tormentavano chi si era macchiato di delitti infamanti, perseguitano Oreste reo di aver ucciso la madre: Clitennestra.

Il supplizio di Oreste è espiatorio:
messo in scena dal tragediografo Eschilo, lo redime dalla colpa per intervento diretto della dèa Atena...

« Le Erinni erano personificazioni dei rimorsi di coscienza, capaci, come ancora accade nella pagana Melanesia, di uccidere un uomo che per trascuratezza e sbadataggine abbia infranto un tabù. » [4]


Nota alle immagini ---

_Le miniature con cui ho illustrato il post, sono tratte dalle Decretali Smithfield: Royal MS 10 E IV.
Il manoscritto è integralmente visibile nel sito della British Library.
I folii con il diavolo dispettoso che viene immobilizzato, sono:
223 recto, 209 verso e 210 recto.


Note al testo ---

[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 325.

[2] Cfr. Di Nola, Il diavolo: le forme, la storia, le vicende di Satana e la sua universale e malefica presenza presso tutti i popoli, dall'antichità ai nostri giorni, Newton Compton Editori, Roma, 2006, p. 28.

[3] Cfr. Toschi, Le origini del Teatro italiano, Boringhieri, Torino, 1976, pp. 222-223.

[4] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1983,
nota 2 a p. 395.

sabato 11 marzo 2023

Cristo 'infornato': mangiare gli Dèi.

L'antropologo Ernesto De Martino, nel saggio sul Pianto Rituale del mondo antico, spiegava come le lacrime propiziatorie per le messi (sacrificio di Cerere/Libero) si fossero 'evolute' nel pianto cristiano per il sacrificio di Gesù...

« [...] la passione del Cristo poté conservare determinati legami con la passione vegetale, come mostra il pane eucaristico

[...] come nel Pater noster medio alto-tedesco di Johannes von Krolewitz (sec. XIII) dove si legge che Cristo fu "seminato" dal creatore, "germogliò", "venne a maturazione", "fu mietuto", "legato in un covone", "trasportato nell'aia", "trebbiato", "vagliato", "macinato", "chiuso in un forno" e infine dopo tre giorni "tratto fuori" e "mangiato" come pane.

[...] ancora al principio del nosto secolo una contadina neogreca poteva dire della Pasqua:
"Sono in ansia perché se domani Cristo non risorge, noi quest'anno non avremo grano"
. » [1]
I predicatori cristiani sostituirono 'nominalmente' il supplizio degli dèi antichi della fertilità con il supplizio di Cristo.

La Pasqua, non a caso, cade la prima domenica di Luna piena dall'equinozio di Primavera:
un momento cruciale nel ciclo della Terra.

Il 'sacrificio' del pane esisteva già secoli prima della messa cristiana: gli evangelizzatori ne aggiornarono (solo) i nomi.

Plutarco, storico e sacerdote dell'Apollo delfico, guardava con disgusto alle lacrime versate dai suoi contemporanei per il sacrificio 'divino' del grano, che propiziava la rinascita della Terra...

« Non è forse ridicolo il fatto che piangano i frutti e li invochino a crescere e a maturare per il vantaggio degli uomini, al fine di poterli consumare e poi piangere di nuovo? » [2]
Mangiare gli dèi era una pratica delirante.
Cicerone avversava chi lo faceva...

« La madre [di Proserpina] si chiama Cerere come geres (produrre), perché produce le messi

[...] Quando diciamo che le messi sono Cerere, il vino Libero, ci serviamo di un modo di dire usuale, ma pensi che esista qualcuno così pazzo da credere che il cibo di cui si nutre sia dio? » [3]

Un Padre della Chiesa, Clemente Alessandrino, condannava la divinizzazione del grano e del vino:
come se a farlo fossero (solo) i pagani...

« Altri, nel cogliere i frutti coltivati delle piante, chiamarono Deo il grano, come gli Ateniesi, e Dioniso la vite, come i Tebani. » [4]


Post sugli dèi morenti e chi beve il loro sangue ---

Orge Sacre: il vino di Bacco e il sangue di Osiride.

Vivo o morto? Cristo e gli dèi mutanti dell'antichità.

Osiride e San Giusto: i due Annegati che regnavano sui Morti.


Nota alle immagini ---

_Le miniature con cui ho illustrato il post, sono tratte dal manoscritto 42130 della British Library:
folii 170 recto / verso, 172 verso.


Note al testo ---

[1] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975,
pp. 343-344.

[2] Cfr. Plutarco, Iside e Osiride, Adelphi, Milano, 1985,
pp. 133 e 138.

[3] Cfr. Cicerone, La Natura divina [De Natura deorum], traduzione di Cesare Marco Calcante, Rizzoli BUR, Milano, 1994, pp. 211 e 337.

[4] Cfr. Clemente Alessandrino, Protreptico ai Greci, a cura di Quintino Cataudella, Società Editrice Internazionale, Torino, 1940,
p. 52.

venerdì 3 marzo 2023

Madre Nera e dèmoni protettivi: la dèa apotropaica e la Madonna Bruna.


Il colore della Grande Madre è il Nero.

« [...] il nero è all'origine il simbolo della fecondità, come nell'Antico Egitto o in Africa del nord:
il colore della terra fertile e delle nubi gonfie di pioggia
. » [1]

Le Madonne Nere servirono ad assorbire il culto Matriarcale, che aveva il colore scuro della terra.

« Proprio dalla Grande Madre derivano le Vergini Nere, le Madonne Nere dal volto scuro venerate in molti santuari. » [2]

« Sia che fosse chiamata Iside, Ishtar o Gea o con altri nomi, essa rappresentava la dea Terra ». [2]

Il Nero era associato alla Madre, con funzione protettiva.
Nelle culture antiche, la Madre Nera aveva potere apotropaico:
difendeva il culto, e chi in esso si riconosceva.

La Gorgone Medusa, con la sua Maschera nera, come già spiegava Robert Graves, era una Grande Madre protettrice che spaventava i profanatori...

« Le Gorgoni rappresentavano la triplice dea e portavano maschere profilattiche, con occhi fiammeggianti e la lingua che sporgeva tra i denti lunghissimi, per spaventare gli estranei e allontanarli dai loro misteri. » [3]

L'evocazione della Madre Oscura, ripulita da elementi orridi, rimase nella devozione mariana.
È il caso di un Santuario a Castel Ritaldi: la Madonna Bruna.

Nome biblico: il Cantico dei Cantici parlava di una Sposa Bruna in cui sopravviveva il mito delle divinità Oscure...

« Bruna son io e pur leggiarda [...]
Non state a guardare
se io son bruna.
Perché mi ha abbronzato il sole
». [4]
Malgrado le pitture del Santuario della "Bruna" raffigurino una Madonna di carnagione chiara, il Suo nome indica l'antica devozione per una Madonna Nera.

Un indizio del culto per la Madre Oscura già lo dava Luigi Fausti, in un opuscolo devozionale dei primi del '900...

« Perché fu chiamata della Bruna?
Il Vescovo Lascaris credette che ciò avvenisse per il bruno colore dell'Immagine.
Abbiam veduto che nel 1510 si voleva costruire, sul luogo della primitiva cappella, una chiesa della Madonna della Bruna.
Il nome risale dunque alle origini
. [5] »

Che fine aveva fatto la Madonna 'scura'?

Sostituita con una più accettabile, di carnagione chiara:
l'incarnato scuro di questa Madre Terra rimase (solo) nel nome...

« la priorità cronologica spetta a La Bruna, titolo che designò, crediamo, una vecchia Maestà sostituita ai primi del Cinquecento dalla pittura di Tiberio di Assisi ».

« L'immagine, infatti, difficilmente potrebbe definirsi bruna come in generale si afferma: al contrario, si direbbe soffusa di una luce interna che conferisce un tono perlaceo al suo incarnato ». [6]


◉ Sulle Madonne Nere, vedi la relativa pagina su Wikipedia.

◉ Sul Santuario della Bruna, a Castel Ritaldi, vedi la pagina nel sito de I luoghi del silenzio.


Note alle immagini ---

_In apertura del post, statua dell'Artemide Efesia, nera e ricoperta di mammelle, dal Museo Archeologico di Napoli.
⮩ Vedi la pagina dedicata alla statua in Wikipedia.

_La Gorgone nera, seconda immagine nel post, è un particolare da un vaso attico a figure nere con Perseo che uccide la Medusa, dal British Museum, metà del quinto secolo a.C.
⮩ Vedi la descrizione nel sito del Museo.


Note al testo ---

[1] Cfr. Jean Chevalier e Alain Gheerbrant, Dizionario dei Simboli, Bur Rizzoli, Milano, 1986, p. 123.

[2] Cfr. Petra Von Cronenburg, Madonne Nere. Il mistero di un culto, traduzione di Teresa Galiani, Arkeios, Roma, 2004, p. 9-10.

[3] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1983, nota 3 a p. 114.

[4] Il riferimento alla 'Sposa Bruna' è nel Cantico dei Cantici, Capitolo I, vv. 5-6.
Ho tratto il testo da La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Noventa Padovana, 1996, p. 637.

[5] Cfr. Memorie Storiche raccolte dal Canonico Luigi Fausti della [Chiesa] Metropolitana di Spoleto, Tipografia dell'Umbria,
1919, p. 6.

[6] Cfr. Santuario Madonna della Bruna in Castel Ritaldi, a cura di Giuseppe Guerrini, Spoleto, 2010, pp. 16 e 48.