Nella Canonizzazione di santa Caterina da Siena, affrescata alla Biblioteca Piccolomini nella Canonica del Duomo di Siena dal Pinturicchio [1492], notiamo -nella colonna a destra- un teschio animale: dalle cui orbite fuoriescono due serpenti.
Il dettaglio dei teschi animali si ripete, scolpito, sul portale della chiesa parrocchiale di San Michele a Bevagna.
Si tratta di un motivo → pagano importato nell'arte cristiana.
Nella Silly Simphony Hell's Bells (1929) il tema è citato:
un diavolo usa il cranio percuotendolo con due bacchette, come fosse uno strumento musicale...
L'immagine da dove viene?
Cirlot, nel Dizionario dei Simboli, scrive...
« Bucraneo.
Tema ornamentale che deriva dal cranio del bue o del toro impiegati negli antichi sacrifici compiuti con il fuoco. » [1]
I predicatori cristiani demonizzarono i teschi, e gli dèi a cui -nei sacrifici- erano offerti.
Gli dèi stessi furono precipitati all'Inferno come demoni...
« Il Cristianesimo dei primi secoli, infatti, non negò l'esistenza delle divinità pagane, né il loro intervento nei fatti umani, ma respinse il loro carattere divino e in tal modo ridusse gli antichi dèi alla condizione di demoni
Così si trasformarono in diavoli non solo gli dèi maggiori e minori, ma anche i semi-dèi:
inoltre non furono annientati Lamie, Arpie, Chimere, Gerioni, ma furono confinati nell'Inferno, sudditi e collaboratori di Satana. » [2]
L'uso apotropaico dei teschi animali per ingraziarsi il favore del dio celeste sopravvisse, nelle campagne, ancora fino al secolo scorso.
Giuseppe Bellucci, collezionista perugino di amuleti, notava come nelle campagne, dall'Umbria alla Sabina, ancora ai suoi tempi si esponessero i teschi per evitare che dal cielo venissero giù calamità...
« Nelle campagne di Orvinio e di altri paesi del territorio Sabino (Umbria meridionale) si dispongono poi in mezzo ai campi o sulla cima di piccoli alberi, o sui paletti di sostegno delle viti nelle vigne, crani di asino o di capra, ai quali si attribuisce la virtù di preservare i campi, i seminati, i frutti pendenti dai danni delle grandinate ed anche da altre influenze sinistre e singolarmente dalle azioni malefiche delle streghe o dallo sguardo invidioso dell'uomo. » [3]
➔ Sugli amuleti della collezione Bellucci, vedi:
La magia della conta: come annullare le streghe.
Il pelo malefico: un esercito di Ricci per combattere le streghe.
Note al testo ---
[1] Cfr. Jean-Eduardo Cirlot, Dizionario dei Simboli, Siad Edizioni, Milano, 1985, p. 118.
[2] Cfr. Giuseppe Bonomo, Studi demonologici, Flaccovio Editore, Palermo, 1970, p. 102.
[3] Cfr. Giuseppe Bellucci, La grandine nell'Umbria, Il Formichiere, Foligno (Pg), 2018, pp. 31-32
→ ristampa anastatica dell'edizione perugina [1903]
venerdì 14 febbraio 2025
martedì 4 febbraio 2025
Cera a fuoco: il transfert proibito...
Il poeta latino Orazio, delle due streghe Canidia e Sagagna descrive un rito preciso...
« Portavano due bambole, di lana
e di cera: di lana la più grande,
capace di domare la piccina,
che stava lì, di cera, supplicante,
quasi presaga della triste fine
che tocca ai servi ».
« A che narrare
i dettagli [...] il divampar più vasto della fiamma
dal pupazzo di cera? » [1]
Per indirizzare il → maleficio, la strega foggiava una statuetta di cera che riproduceva -in miniatura- le fattezze della vittima.
Rito praticato, ancora, dalle streghe nel Medio Evo...
« Matteuccia disse di fare una certa immagine di cera
[...] e disse alla stessa Caterina di mettere detta immagine sotto il letto di suo marito dicendo queste parole e cioè:
[...] sta fixo
come stecte Christo crucifixo,
torna a me
come tornò Christo in sè
[...]. E disse che tali parole dovevano essere ripetute tre volte ». [2]
Le streghe ricorrevano, spesso, a riproduzioni in miniatura per colpire: tanto che il Clero ne vietava l'acquisto...
« Di Sisto V Institoris ricordò anche la bolla del [14]'78, con la quale vietava ai fedeli e al clero la confezione, la benedizione e l'acquisto di statuette di cera in quanto considerate strumenti di magìa ». [3]
Affinché la candela trasmettesse il maleficio, era meglio associare alla statuetta oggetti di cui la vittima aveva avuto il possesso.
Ne La stregoneria in Italia, Romanazzi scrive...
« [...] si otteneva un feticcio ugualmente utile impastando la cera con oggetti a lui appartenuti ». [4]
➔ Sulle bambole che innescano il maleficio:
Mandragora: la 'bambolina' da onorare.
➔ Sull'uso del numero Tre nelle formule magiche:
Ripeti TRE volte: poteri dello Scongiuro.
« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.
➔ Sulla magia imitativa, vedi anche:
Magia 'simpatica'. Animali evocati sulla carta.
Nota all'immagine ---
_La miniatura in apertura del post è digitalizzata nel sito della Morgan Library di New York.
Per segnatura, Ms M.751: folio 55r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Orazio, Satire, 8, Libro Primo, traduzione di Carlo Carena, Fabbri Centauria, Milano, 2015, vol. secondo, vv. 30-34 e vv. 40-44, p. 533.
[2] Cfr. Domenico Mammoli, Processo alla strega Matteuccia di Francesco, Fondazione Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, Spoleto, 2013, pp. 23-25.
[3] Cfr. Pinuccia di Gesaro, Streghe. L'ossessione del diavolo, il repertorio dei malefizî, la repressione, Praxis 3, Bolzano, 1988, p. 659.
[4] Cfr. Andrea Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 57.
e di cera: di lana la più grande,
capace di domare la piccina,
che stava lì, di cera, supplicante,
quasi presaga della triste fine
che tocca ai servi ».
« A che narrare
i dettagli [...] il divampar più vasto della fiamma
dal pupazzo di cera? » [1]
Per indirizzare il → maleficio, la strega foggiava una statuetta di cera che riproduceva -in miniatura- le fattezze della vittima.
Rito praticato, ancora, dalle streghe nel Medio Evo...
« Matteuccia disse di fare una certa immagine di cera
[...] e disse alla stessa Caterina di mettere detta immagine sotto il letto di suo marito dicendo queste parole e cioè:
come stecte Christo crucifixo,
torna a me
come tornò Christo in sè
[...]. E disse che tali parole dovevano essere ripetute tre volte ». [2]
Le streghe ricorrevano, spesso, a riproduzioni in miniatura per colpire: tanto che il Clero ne vietava l'acquisto...
« Di Sisto V Institoris ricordò anche la bolla del [14]'78, con la quale vietava ai fedeli e al clero la confezione, la benedizione e l'acquisto di statuette di cera in quanto considerate strumenti di magìa ». [3]
Affinché la candela trasmettesse il maleficio, era meglio associare alla statuetta oggetti di cui la vittima aveva avuto il possesso.
Ne La stregoneria in Italia, Romanazzi scrive...
« [...] si otteneva un feticcio ugualmente utile impastando la cera con oggetti a lui appartenuti ». [4]
➔ Sulle bambole che innescano il maleficio:
Mandragora: la 'bambolina' da onorare.
➔ Sull'uso del numero Tre nelle formule magiche:
Ripeti TRE volte: poteri dello Scongiuro.
« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.
➔ Sulla magia imitativa, vedi anche:
Magia 'simpatica'. Animali evocati sulla carta.
Nota all'immagine ---
_La miniatura in apertura del post è digitalizzata nel sito della Morgan Library di New York.
Per segnatura, Ms M.751: folio 55r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Orazio, Satire, 8, Libro Primo, traduzione di Carlo Carena, Fabbri Centauria, Milano, 2015, vol. secondo, vv. 30-34 e vv. 40-44, p. 533.
[2] Cfr. Domenico Mammoli, Processo alla strega Matteuccia di Francesco, Fondazione Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, Spoleto, 2013, pp. 23-25.
[3] Cfr. Pinuccia di Gesaro, Streghe. L'ossessione del diavolo, il repertorio dei malefizî, la repressione, Praxis 3, Bolzano, 1988, p. 659.
[4] Cfr. Andrea Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 57.
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