martedì 28 maggio 2024
Bellezza pagana: che aspetto ha un dèmone?
I dèmoni pagani hanno un'ammaliante bellezza.
Attirano i mortali con forme attraenti e, nel caso delle Sirene, un canto melodioso.
« Le tre Sirene (due soltanto secondo Omero) erano le canore figlie della Terra che attiravano i marinai nei prati della loro isola, dove le ossa delle vittime precedenti giacevano ammucchiate
[...] le Sirene erano sia le sacerdotesse che piangevano su di loro, sia gli uccelli che popolavano l'isola stessa, al servizio della dea della Morte. » [1]
Le Sirene sono dèmoni seducenti e feroci:
la loro natura ambigua deriva da un altro → dèmone: Eros...
« Lo stesso Eros, il dio dell'amore, è un daimon che agisce come tramite tra gli dèi e gli uomini, secondo quanto dice sempre Platone in un altro dialogo, il Simposio. » [2]
« Circe è dunque una divinità, figlia del Sole.
[...] Come le Sirene, ha una voce melodiosa. E, come molti altri demoni maligni, ha un'apparenza affascinante e seducente.
Il canto e la bellezza sono strumenti di cui si serve per irretire gli uomini. » [2]
Qui è racchiusa la mutazione della parola dèmone:
la differenza è (tutta) estetica...
« [...] si apre così la strada che porta la parola daimon da una valenza positiva, o quantomeno neutra, a una valenza negativa.
Si passa dal demone al demonio. » [2]
Il Cristianesimo, per condannarli, fece i dèmoni orrendi:
la bellezza dei dèmoni pagani si conservò, nella tradizione popolare, in (piccole) creature chiamate 'folletti'...
« [...] secondo la credenza popolare, i folletti appaiono in forma di uomini piccolissimi, a volte di deforme aspetto, ma più spesso sono bellissimi. »
« Il Cristianesimo dei primi secoli, infatti, non negò l'esistenza delle divinità pagane, ma respinse il loro carattere divino e in tal modo ridusse gli antichi dèi alla condizione di demoni. » [3]
◉ Sull'evocazione difensiva della sessualità, vedi:
Manofica contro Ombre: gli Spiriti della notte.
◉ Su Cappuccetto Rosso e il dèmone adombrato nel racconto:
Il demone col berretto Rosso: origini di una favola....
◉ Genesi dei dèmoni:
Come nasce un demone: i gatti che leccano...
Nota all'immagine ---
_In apertura, miniatura che mostra una donna (vanesia) specchiarsi e un drago incombere su di lei:
tratta dal manoscritto Add Ms 42130: folio 63r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota 3 a p. 565.
[2] Cfr. Giorgio Ieranò, Demoni, mostri e prodigi. L'irrazionale e il fantastico nel mondo antico, Marsilio Editori, Venezia, 2017,
pp. 11-12 e p. 112.
[3] Cfr. Giuseppe Bonomo, Studi demonologici, Flaccovio Editore, Palermo, 1970, pp. 100 e 102.
lunedì 20 maggio 2024
Ecate: la dèa (censurata) dell'Abbondanza.
Ecate era una dèa (molto) potente nell'antichità.
Il Suo declassamento ci fa intuire come la cultura Patriarcale prese il sopravvento:
Robert Graves scriveva...
« Dal racconto di Esiodo risulta che Ecate fu in origine la triplice dea, dal potere supremo sul Cielo, sulla Terra e sul Tartaro.
Ma gli Elleni diedero la preminenza alla sua forza distruttrice a scapito della sua forza creatrice e infine essa fu invocata soltanto nei riti clandestini di magia nera, specialmente nei luoghi dove si incrociano tre strade. » [1]
Come le donne assicuravano la procreazione così Ecate donava la Vita:
onorarla era un atto necessario.
« Essa, unica tra tutte le divinità della Teogonia -con l'ovvia eccezione di Zeus- gode del particolare privilegio rappresentato dal fatto che la sua giurisdizione, la sua timé, si estende sulla terra, sul mare, nel cielo ». [2]
« Agli albori del V secolo Ecate è tutto tranne che una dea della magia, e ancora meno una dea nefasta come lo diverrà nei secoli successivi.
Nel corso del V secolo s'inscrive invece la netta mutazione delle sue prerogative ». [3]
Ecate era la dea della prosperità.
Tanto che Aristofane, nella commedia Pluto, faceva una battuta (molto) precisa...
« Puoi chiedere alla dea Ecate se è meglio essere ricchi o poveri.
E lei ti dirà che i benestanti e i ricchi ogni mese le offrono un pranzo e che i poveri se lo prendono, prima ancora che sia depositato ». [4]
Perché una dèa così importante, in origine -addirittura- la più importante, fu relegata agli oscuri riti delle streghe?
Il poeta Esiodo, nella Teogonia, ci fornisce un indizio prezioso:
la Madre universale aveva il potere di dare e togliere...
« i branchi di lanose pecore, se così vuole il suo cuore,
da piccoli li fa grandi e da molti riduce a pochi.
Così, per quanto sia nata unigenita da sua madre,
fra tutti gli immortali è onorata di doni ». [2]
Il potere materno sulla Vita faceva paura.
Le streghe, devote ad Ecate, sopravvissute nella Magia medievale, rendevano 'sterili' gli uomini e andavano condannate...
« Consideriamo il De planctu ecclesiae redatto verso il 1330 su richiesta di Giovanni XXII dal francescano Alvaro Pelayo, allora grande penitenziere alla corte di Avignone.
Certe donne sono "empie indovine" e gettano il malocchio.
Talune, "molto criminali", "adoperando incantesimi, malefizi e l'arte di Zabulon", impediscono la procreazione.
Esse provocano la sterilità con erbe e composizioni magiche. »
[5]
◉ Sulla sostituzione ad Ecate del culto Mariano ---
Donne protettrici: la Madonna vs. Ecate.
◉ Sulle streghe che tolgono la vita, vedi:
Le streghe e gli aborti: il Noce che rende libere.
◉ Sul dominio della sessualità imputato alle streghe:
Madre-uccello: donne che diventano streghe.
Al tempo in cui Mamma Oca era una strega, ovvero la Signora che possiede gli uccelli...
Nota all'immagine ---
_In apertura, miniatura che presenta la dea Flora: è opera di Robinet Testard, tratta dal De mulieribus claris.
Manoscritto conservato presso la Bnf: Français 599, folio 56v.
→ La dea romana personificava l'Abbondanza:
come Ecate, in origine.
Note al testo ---
[1] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota 7 a p. 110.
[2] Cfr. Esiodo, Teogonia, Rizzoli - Bur, Milano, 1994, p. 91.
→ Note al testo di Graziano Arrighetti, p. 145.
[3] Cfr. Nicola Serafini, La dea Ecate nell'antica Grecia. Una protettrice dalla quale proteggersi, Aracne, Ariccia (Roma), 2015, p. 325.
[4] "Alle sue immagini collocate nei crocicchi (da cui l'appellativo di Trivia), l'ultimo giorno di ogni mese i Greci usavano offire cibi cucinati che, a quanto pare, finivano per sfamare i poveracci".
→ Cfr. Aristofane, Pluto, Fabbri Centauria, Trebaseleghe (Pd), 2017, p. 47 e ➔ Note al testo di Fulvio Barberis, vv. 594-597, p. 95.
[5] Cfr. Jean Delumeau, La paura in Occidente. Storia della paura nell'età moderna, traduzione di Paolo Traniello, Il Saggiatore, Milano, 2018, pp. 415-416.
venerdì 10 maggio 2024
Manofica contro Ombre: gli Spiriti della notte.
Il poeta latino Ovidio, nei Fasti, ci descrive un gesto preciso per difendersi dagli Spiriti Maligni:
la manofica.
« Chi rammenta l'antico rito e teme gli dèi
[...] mostra il pollice tra le dita congiunte tacendo
perché l'ombre lievi non gli vadano incontro. » [1]
La manofica è, insieme alle corna, il più frequente gesto apotropaico per respingere i dèmoni.
Romanazzi ne spiega il potere...
« Interessantissimo amuleto di tradizione italiana è poi la manufica, una manina di corallo, di legno o d'altro materiale, chiusa a pugno mentre il pollice fa capolino tra il medio e l'indice.
Il gesto, che ripropone l'organo sessuale femminile, assicurerebbe la fertilità. » [2]
Ma la manofica, da sola, non bastava:
urgeva un altro (potente) simbolo di fertilità: le Fave.
Si gettavano fave lungo il percorso notturno per scacciare gli Spiriti.
« Giunta la mezzanotte, il paterfamilias si alzava e, a piedi nudi, si recava ad una fonte per detergervi le mani.
[...] Una volta purificate le mani, prendeva delle fave nere e ne gettava un pugno dietro le spalle. » [3]
Le fave assicuravano il contatto con i Morti:
tanto che si cominciava a piantarle, anche in Umbria, (proprio) nel giorno ai Morti consacrato...
« Così come è considerato un dovere ineludibile mangiare le fave per la ricorrenza dei morti, è anche ritenuto una sorta di obbligo rituale in tutta la regione piantarle proprio in quel giorno. » [4]
Mangiare le fave poteva essere pericoloso.
Nel mondo antico c'era (perfino) chi invitava a non farlo...
« Le fave erano collegate all'oltretomba e Aristotele aveva scritto che Pitagora non voleva vederle, toccarle o mangiarle perché erano "simili alle porte dell'Ade"
[...] Secondo Plinio, era credenza diffusa che nei bacelli delle fave dimorassero le anime dei defunti e ciò era uno dei motivi per cui le fave erano considerate oggetto di tabù ». [5]
➔ Usi anti-stregonici: qualche traccia...
Il pelo malefico: un esercito di Ricci per combattere le streghe.
La magia della conta: come annullare le streghe.
➔ Paura negli Spiriti? La soluzione è diventare invisibili:
Vestirsi a lutto: come ingannare gli Spiriti.
➔ Sul potere apotropaico del rosso:
Non sciogliere il nodo. Un fiocco Rosso contro i dèmoni.
Ghirlande appese: l'esorcismo di Natale.
Nota alle immagini ---
_Nel post, foto di amuleti dalla collezione di Giuseppe Bellucci: al Museo Archeologico dell'Umbria.
➔ Nella prima foto, si riconoscono -tra gli altri- una manofica in corallo (il colore rosso è un potente apotropaico) e un campanello per scacciare gli spiriti.
Nella seconda foto, altra manofica e due cornetti:
uno a forma elicoidale.
Note al testo ---
[1] Cfr. Ovidio, I Fasti, traduzione di Luca Canali, Rizzoli Bur, Milano, 1998, Libro V, vv. 430-432.
[2] Cfr. Andrea Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2007, p. 171.
[3] Cfr. Mario Polia, Le piante e il sacro, Quater, Foligno, 2010,
p. 121.
[4] Cfr. Giancarlo Baronti, Margini di sicurezza: l'ideologia folclorica della morte in Umbria, Morlacchi, Perugia, 2016, p. 121.
[5] Cfr. Giovanni Sole, Il tabù delle fave. Pitagora e la ricerca del limite, Rubbettino, Saveria Mannelli, 2004, pp. 66-67.
venerdì 3 maggio 2024
Il demone col berretto Rosso: origini di una favola...
Cappuccetto Rosso è la sopravvivenza di un demone?
Nel folklore popolare si raccontava, spesso, di un folletto con un cappuccio Rosso che insidiava la notte.
« Lo sciantello era come n bambino tutto vestito de rosso co na cuffietta. » [1]
« Secondo le tradizioni del Cervese (Ravenna) il mazègol è un omino che porta in testa un berrettino rosso... » [1]
« [...] il massariol, noto con varî nomi un po' dappertutto e raffigurato di solito con un berretto rosso, è un piccolo folletto burlone e dispettoso. » [2]
Con la cristianizzazione, tutto ciò che era rimasto escluso dalla conversione fu demonizzato:
quel cappuccio divenne sinonimo di maledizione.
Mancare di battezzare un neonato significava dannarlo.
« [...] le anime di morti senza battesimo si trasformano in mazzamurielli, genietti or benefici or malefici vestiti di rosso con in testa un berrettino del medesimo colore. » [1]
I 'mazzamurielli' suscitavano il terrore nel mondo contadino:
specie tra Umbria, Lazio e Marche...
« Nelle Marche il nome del folletto-incubo è mazzamuriello, e con lo stesso nome è denominato nel Lazio. » [4]
Se il folletto perdeva il suo cappuccio rosso era disposto a tutto pur di riaverlo...
« In Puglia, a Cerignola, a Putignano e altrove, si dice che lo "scazzamurieddu" per riavere il cappuccio rosso è disposto a dare tutto il denaro che gli si chiede. » [3]
« In Sicilia si crede che "lu nfelluttu" ("fulletto" o "fuddittu") non ha più alcun potere se gli si porta via il berrettino rosso ("cappidduzzu"), per cui egli paga qualsiasi somma per tornarne in possesso. » [3]
Quando il parto era tragico, e non si era fatto in tempo ad aspergere il piccolo, occorreva un battesimo post mortem.
A ciò servivano i santuari 'à repit':
luoghi in cui il neonato sarebbe tornato in vita per il tempo necessario a renderlo cristiano: pena la trasformazione in folletto...
« [...] l'officiante, di solito un eremita, riceve il neonato morto dalle mani dei parenti, lo pone sull'altare, finge che ritorni in vita, gli impartisce il battesimo e poi lo riconsegna sempre morto, ma divenuto nel frattempo cristiano e quindi non più inquieto e inquietante. » [1]
◉ Sul culto pagano del Fuoco, vedi:
Il demone col berretto Rosso: il dio del fuoco e Cappuccetto Rosso.
◉ Sul potere apotropaico del Rosso:
Non sciogliere il nodo. Un fiocco Rosso contro i dèmoni.
◉ Sulle tracce di paganesimo nella favola:
Da san Francesco a Cappuccetto Rosso: il culto apotropaico del Lupo.
Nota all'immagine ---
_In apertura, miniatura con un dèmone dal cappuccio rosso, travestito da uccello: notarne la testa aquilina e le zampe equine.
➔ Il dettaglio è digitalizzato nel sito francese di ARCA.
Per segnatura, Ms 0165: folio 26 verso.
Note al testo ---
[1] Cfr. Giancarlo Baronti, Margini di sicurezza: l'ideologia folclorica della morte in Umbria, Morlacchi, Perugia, Tomo III, 2016, pp. 1065 e 1067.
[2] Cfr. Giuseppe Vidossi, Saggi e scritti minori di folklore, Bottega d'Erasmo, Torino, 1960, p. 232.
[3] Cfr. Giuseppe Bonomo, Studi demonologici, Flaccovio Editore, Palermo, 1970, p. 128.
[4] Cfr. Alessandro Alimenti, Folletti, streghe, vampiri ed altri esseri fantastici: il sonno e la notte disturbati
in → Medicine e magie. Le tradizioni popolari in Italia, a cura di Tullio Seppilli, Electa, Milano, 1989, p. 37.
Nel folklore popolare si raccontava, spesso, di un folletto con un cappuccio Rosso che insidiava la notte.
« Lo sciantello era come n bambino tutto vestito de rosso co na cuffietta. » [1]
« Secondo le tradizioni del Cervese (Ravenna) il mazègol è un omino che porta in testa un berrettino rosso... » [1]
« [...] il massariol, noto con varî nomi un po' dappertutto e raffigurato di solito con un berretto rosso, è un piccolo folletto burlone e dispettoso. » [2]
Con la cristianizzazione, tutto ciò che era rimasto escluso dalla conversione fu demonizzato:
quel cappuccio divenne sinonimo di maledizione.
Mancare di battezzare un neonato significava dannarlo.
« [...] le anime di morti senza battesimo si trasformano in mazzamurielli, genietti or benefici or malefici vestiti di rosso con in testa un berrettino del medesimo colore. » [1]
I 'mazzamurielli' suscitavano il terrore nel mondo contadino:
specie tra Umbria, Lazio e Marche...
« Nelle Marche il nome del folletto-incubo è mazzamuriello, e con lo stesso nome è denominato nel Lazio. » [4]
Se il folletto perdeva il suo cappuccio rosso era disposto a tutto pur di riaverlo...
« In Puglia, a Cerignola, a Putignano e altrove, si dice che lo "scazzamurieddu" per riavere il cappuccio rosso è disposto a dare tutto il denaro che gli si chiede. » [3]
« In Sicilia si crede che "lu nfelluttu" ("fulletto" o "fuddittu") non ha più alcun potere se gli si porta via il berrettino rosso ("cappidduzzu"), per cui egli paga qualsiasi somma per tornarne in possesso. » [3]
Quando il parto era tragico, e non si era fatto in tempo ad aspergere il piccolo, occorreva un battesimo post mortem.
A ciò servivano i santuari 'à repit':
luoghi in cui il neonato sarebbe tornato in vita per il tempo necessario a renderlo cristiano: pena la trasformazione in folletto...
« [...] l'officiante, di solito un eremita, riceve il neonato morto dalle mani dei parenti, lo pone sull'altare, finge che ritorni in vita, gli impartisce il battesimo e poi lo riconsegna sempre morto, ma divenuto nel frattempo cristiano e quindi non più inquieto e inquietante. » [1]
◉ Sul culto pagano del Fuoco, vedi:
Il demone col berretto Rosso: il dio del fuoco e Cappuccetto Rosso.
◉ Sul potere apotropaico del Rosso:
Non sciogliere il nodo. Un fiocco Rosso contro i dèmoni.
◉ Sulle tracce di paganesimo nella favola:
Da san Francesco a Cappuccetto Rosso: il culto apotropaico del Lupo.
Nota all'immagine ---
_In apertura, miniatura con un dèmone dal cappuccio rosso, travestito da uccello: notarne la testa aquilina e le zampe equine.
➔ Il dettaglio è digitalizzato nel sito francese di ARCA.
Per segnatura, Ms 0165: folio 26 verso.
Note al testo ---
[1] Cfr. Giancarlo Baronti, Margini di sicurezza: l'ideologia folclorica della morte in Umbria, Morlacchi, Perugia, Tomo III, 2016, pp. 1065 e 1067.
[2] Cfr. Giuseppe Vidossi, Saggi e scritti minori di folklore, Bottega d'Erasmo, Torino, 1960, p. 232.
[3] Cfr. Giuseppe Bonomo, Studi demonologici, Flaccovio Editore, Palermo, 1970, p. 128.
[4] Cfr. Alessandro Alimenti, Folletti, streghe, vampiri ed altri esseri fantastici: il sonno e la notte disturbati
in → Medicine e magie. Le tradizioni popolari in Italia, a cura di Tullio Seppilli, Electa, Milano, 1989, p. 37.
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