Tempo fa alle Scuderie del castello di Miramare, in una bella mostra sul Liberty, mi è capitato di fare un incontro imprevisto.
Tra sedie, pannelli e oggetti d'uso quotidiano, c'era anche un singolare manifesto praghese del 1910:
Vratislav Nechleba, XXXI Esposizione Artisti Visivi Mànes [1].
Il pittore ceco vi aveva raffigurato una donna a seno nudo, dagli occhi cerulei ed i capelli rossicci, sormontata da due pennuti.
Tre attributi inequivocabili: gli occhi, i capelli, gli uccelli.
Avevo davanti una strega!
Ai primi del '900, diversi artisti riempivano le loro opere con suggestioni stregonesche.
Queste suggestioni erano già tutte presenti nello scrittore classico Apuleio, che nelle Metamorfosi ci narra la trasformazione della strega Panfile in un gufo per soddisfare un desiderio amoroso.
Lucio, il protagonista del romanzo, osserva incredulo la strega nuda compiere il prodigio, sbirciando dalla serratura della porta:
« Ed ecco ciò che vidi.
Dapprima Panfile si spoglia di tutte le vesti, poi apre un bauletto e ne estrae alcuni vasetti, leva il coperchio a uno di essi, ne trae fuori una pomata, se ne sfrega a lungo le palme e si unge tutta, dalle unghie dei piedi alla cima dei capelli; quindi, dopo un lungo e segreto colloquio con la lucerna, è scossa per tutto il corpo da un tremito insistente.
Al tremito sottentra poi un lieve palpitare, mentre sul corpo spunta una molle peluria, crescono delle robuste penne, il naso si incurva e si indurisce, le unghie s'ispessiscono e si fanno adunche.
E così Panfile diviene un gufo.
Emette uno stridulo lamento, spicca piccoli salti sul pavimento per provar le sue capacità, poi s'innalza e vola via al di fuori con l'ali spiegate [2]. »
Il timore per le streghe che si legavano agli uccelli è facilmente spiegabile.
In latino, c'è una stretta assonanza fonetica tra avis (uccello) e avus (nonno).
Come spesso succede per il potere magico della parola, da un'assonanza scaturisce una continuità.
La stessa affinità tra i nonni e gli uccelli è alla base della figura fiabesca di Mamma Oca [3].
Nell'immaginario antico, la strega possedeva gli uccelli per avere il controllo sugli uomini.
Dominare gli uccelli voleva dire controllare il ciclo riproduttivo, rendere cioè gli uomini sterili, incapaci di avere discendenza.
Il timore per le streghe ammaliatrici, capaci di causare impotenza, era molto diffuso.
I due inquisitori Sprenger ed Institor nel Malleus Maleficarum (1620, sopra il frontespizio) riportano il caso inquietante di una dolce pulzella tedesca, rea di aver operato un maleficio sessuale.
Il suo spasimante avrebbe minacciato di strangolarla, se la presunta 'strega' non gli avesse fatto una masturbazione liberatrice...
« Nella città di Ratisbona un giovane aveva un legame con una fanciulla. Quando volle lasciarla, perse il membro virile come per effetto di un sortilegio e quello che gli appariva e che lui toccava era solo un corpo piatto.
[...]
E allora il giovane, al crepuscolo, si appostò sulla strada da cui abitualmente passava la strega e quando la vide si mise a pregarla di rendergli l'integrità fisica.
Lei si dichiarò innocente e affermò di non saperne niente.
Allora, gettandosi su di lei, le passò un panno intorno al collo e premendo con forza la stringeva dicendo: "Se non mi rendi l'integrità, morirai per mano mia".
Lei non poteva più gridare e cominciò a diventare tumefatta e nera in volto: "Liberami", diceva, "e ti guarirò".
Il giovane sciolse il nodo e allentò la morsa e la strega lo toccò tra le cosce con la mano dicendo: "Adesso hai quello che desideri".
Come raccontò in seguito, il giovane, prima ancora di assicurarsene con la vista e con il tatto, aveva avvertito distintamente che il membro gli era stato restituito soltanto dopo essere stato toccato dalla strega. »
(Cfr. Heinrich Institor, Jakob Sprenger, Il martello delle streghe: la sessualità femminile nel transfert degli inquisitori, traduzione dal latino a cura di Armando Verdiglione, Spirali, Milano 2003, pp. 213-214.
Su Google Libri si può visionare l'Opera originale).
L'immagine della strega che domina l'uccello e cavalca la scopa era un transfert fin troppo chiaro(!).
Anche Freud ne parlava.
In una lettera al collega e seguace Wilhelm Fliess, datata
24 gennaio 1897, il padre della Psicoanalisi così scriveva:
« L'idea di chiamare in causa le streghe sta acquistando sempre maggiore vitalità, e secondo me, è anche pertinente.
Incominciano ad affollarsi i particolari: trova spiegazione il "volare": la scopa che esse cavalcano è probabilmente il grande Pene [4]. »
La strega che assume le sembianze di un uccello era un'ossessione così ricorrente che molte immagini silenziose ce la raccontano.
A Perugia se ne trova scolpita una curiosissima (di età medievale?), su una formella murata in via Appia.
Basta alzare lo sguardo all'inizio dell'Acquedotto, oggi reso pedonale, per accorgersi della sua presenza proprio sopra la porticina di una casa al civico 15...
Coincidenza! Il cavaliere perugino Cesare Ripa aveva pubblicato a Padova nel 1625 per Pietro Paolo Tozzi il suo famoso Trattato d'Iconologia: alla voce Superstizione si vede chiaramente una donna attorniata da tre uccelli, come narra lui stesso nella descrizione dell'Allegoria:
« Una vecchia che tenga in testa una Civetta, alli piedi un Gufo da una banda, dall'altra una Cornacchia... »
Immagini come queste non erano solo reminiscenze classiche da polverosi eruditi.
Frantisek Kupka (un altro artista ceco!) disegnò nel 1901 una donna-uccello per illustrare un'inquietante poesia di Edgar Allan Poe: The Conqueror Worm.
Si alza il sipario.
La donna-uccello avanza con il ventre gravido...
« Mimi fatti ad immagine di Dio,
vocian fra loro o mormorano chiocci,
ed errano qua e là, meri fantocci,
in faticoso eterno tramestio
al vedere degli esseri spettrali
che muovon gli scenari ed i teloni,
e lasciano cader dalle grand’ali
le tenebrose maledizioni. »
Non finisce qui.
Alberto Martini, artista veneto visionario con un debole per le streghe, realizzò nel 1915 un disegno molto esplicito:
gli occhi della civetta compongono un nudo femminile in cui il becco dell'uccello coincide con l'ano della donna...
I mostri delle vecchie superstizioni, in realtà, sono a noi più vicini di quanto sembri!
Nella Prefazione all'Opera grafica di Martini, edita nel 1975, Leonardo Sciascia motivava i suoi riferimenti demoniaci come reazione ad un ambiente cattolico opprimente...
« Che l'artista più misterioso, più decadente e più surreale dell'Italia post-unitaria; quello che più si svolge sotto i segni della carne, della morte e del diavolo
[...] che questo artista sia nato nella regione la più segnata dal cattolicesimo tridentino ed asburgico, a noi pare evento sufficientemente motivato se non addirittura ovvio.
La rivolta, come la bestemmia, non può che nascere da una condizione di divieti, paure e ossessioni di cui le religioni cristiane - anche quelle separatiste e protestatarie - son fitte » .
Note alle immagini ---
_La mostra, memorabile!, alle Scuderie del Castello di Miramare era "Il liberty e la rivoluzione europea delle arti", e di seguito ne riporto la locandina...
_L'insolito manifesto di Nechleba è riportato in Luca Quattrocchi, La secessione a Praga, L'editore, Trento 1990, p. 118.
La stessa immagine si trova pubblicata nel catalogo della mostra triestina a p. 236, nel capitolo conclusivo L'arte del manifesto, ma senza alcun commento.
_ La xilografia che illustra la trasformazione di Panfile nuda in gufo, è tratta dall'edizione veneziana delle Metamorfosi:
L. Apulegio tradotto in volgare dal Conte Matteo Maria Boiardo, in Vinegia, 1544.
_ Ho già citato la formella perugina con la strega-uccello in "Ambarabaciccìcoccò. Tre civette sul comò: storia di un maleficio" a p. 22.
La manipolazione degli uccelli da parte delle streghe è, a mio avviso, la chiave per capire le fornicazioni della figlia del dottore nella filastrocca italiana, ed i timori per la perdita di reputazione di una rispettabile figlia della borghesia.
_ L'edizione padovana di Iconografia del Ripa con le preziose xilografie è sempre consultabile su Google Libri.
_ Il disegno di Kupka con la donna-uccello si trova anche pubblicato in Lara-Vinca Masini, Liberty, Art nouveau, Giunti, Firenze 2009, p. 267.
Poche righe di commento su un personaggio, Kupka, descritto come « strano, meditativo, imbevuto di occultismo e di astrologia ».
_ Nel catalogo grafico di Martini, il disegno della 'donna-civetta' è menzionato con il titolo di FELINA e viene indicato come:
Litografia su pietra, mm. 123 x 85.
Cfr. Francesco Meloni, L'opera grafica di Alberto Martini, prefazione di Leonardo Sciascia, SugarCo Edizioni, Milano 1975,
p. 138.
◉ Sull'equivalenza donna-strega:
Atena era una strega? La tribù della civetta e le maschere rituali.
◉ Sul dominio della sessualità, e il controllo delle nascite, attribuito alle streghe:
Le streghe e gli aborti: il Noce che rende libere.
◉ Sulle streghe accusate di far sparire i bambini, vedi:
Lo darò al diavoletto / Che lo tiene un mesetto: cantilene stregate.
Note al testo ---
[1] Il nome « Manes » la dice lunga sugli intenti culturali del circolo praghese.
In latino, Manes sono le anime dei defunti.
Diversamente dalla Secessione viennese (i cui esponenti desideravano accantonare le tradizioni), gli esponenti di Manes volevano imporre la cultura modernista attraverso la riscoperta delle antiche radici boeme.
Il «romanticismo epico-slavo» di Manes è alla base della «propagazione del modernismo in Boemia» .
Cfr. Quattrocchi in La secessione a Praga, Op. cit., p. 23.
[2] Cfr. Apuleio, Le Metamorfosi o l'Asino d'oro, traduzione di Claudio Annaratone, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1997, p. 205.
[3] Un fine linguista come Mario Alinei dedica a questa cruciale affinità una delle parti culminanti del suo famoso studio in due volumi sulla Teoria della continuità:
« Come è noto, il latino auca "uccello, oca", da avica (cfr. avicellus > uccello), si collega all'italiano oca e al francese oie "oca".
Ora, il personaggio fiabesco che da il nome alla famosa raccolta di Perrault, ma mère l'oie "mamma l'oca", sembrerebbe indicare che avica poteva significare non soltanto "piccolo uccello", ma anche "piccola antenata". »
Cfr. Alinei, Origini delle lingue d'Europa, Il mulino, Bologna 2000, p. 636.
[4] Cfr. Sigmund Freud, Lettere a Wilhelm Fliess, 1887-1904. Editore Boringhieri, Torino 1986, p. 257.
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