I manoscritti medievali sono pieni di animali, specie leoni, colti in atteggiamenti assurdi.
All'epoca, quanti ne avevano mai visto uno?
Forse in qualche fiera: era uno spettacolo insolito.
Il leone era già estinto, nel vecchio continente, da qualche migliaio di anni!
Lo storico francese Michel Pastoureau, in Medioevo simbolico, lo spiega bene...
« Nel Medioevo, l'animale non è più indigeno in Europa da molto tempo.
Tuttavia, gli uomini e le donne d'epoca feudale possono avere l'occasione di vedere dei leoni vivi; non tutti i giorni, certamente, ma forse meno raramente di quanto non si possa pensare di primo acchito.
Esistono infatti numerosi ammaestratori di animali che si spostano di fiera in fiera e di mercato in mercato.
Tra una fauna relativamente diversificata, esibiscono orsi che ballano o fanno acrobazie e, di tanto in tanto, uno o più leoni. » [1]
In un manoscritto inglese, il Salterio di Luttrell, san Francesco mostra le stimmate con, al fianco, un leoncino.
Guardiamo bene la scena.
Cosa ci fa, qui, un leone?
Nelle Fonti Francescane, ovviamente, di leoni non se ne parla!
Il leone evoca il nome del frate seduto accovacciato a sinistra, a lui speculare: frate Leone.
Nel Medioevo, spesso le immagini avevano un potere evocativo.
È un procedimento tipico della Magia simpatica:
un oggetto inanimato trasmette il dolore sul soggetto raffigurato.
Andrea Romanazzi spiegava bene questo uso nel suo libro sulle pratiche della Stregoneria...
« [...] il concetto antico di magia si basa sul principio di "simpatia", che a sua volta si scinde in due ulteriori postulati: quello di "similarità" e quello di "contatto".
L'idea alla base di queste credenze è che le cose materiali possano interagire anche a distanza, in virtù di una forza attrattiva che permette al simile di attrarre il simile. » [2]
Questa superstizione era così presente nella cultura medievale che perfino dei fantocci venivano usati, per evocare il supplizio (!) che l'animale avrebbe dovuto subire...
« Il più antico esempo francese documentato risale al 1332.
Un cavallo era stato causa di un incidente che aveva provocato la morte di un uomo nel territorio della parrocchia di Bondy, nei dintorni di Parigi.
La parroccha dipendeva dal tribunale del priorato di Saint-Martin-des-Champs, ritenuto molto severo.
Così il proprietario del cavallo si affrettò a condurre l'animale su un territorio dipendente da un'altra giurisdizione.
Ma l'astuzia fu scoperta, e l'uomo preso: condannato a pagare una somma equivalente al valore del cavallo, dovette inoltre fornire al tribunale di Saint-Martin-des-Champs una 'figura di cavallo' che fu esposta ed impiccata secondo il rituale consueto. » [1]
Note alle immagini ---
_La miniatura in apertura, con un leone che si carica addosso un uomo, è tratta dal manoscritto Ad 24686 visibile nel sito della British Library, folio 17r.
_La miniatura con il leoncino a fianco di san Francesco, è tratta dal manoscritto Add Ms 42130: folio 60v.
A proposito del Salterio di Luttrell, vedi la pagina su Wikipedia.
_La terza miniatura del post, con l'uomo a cavallo che stringe un gattino, è tratta dal Bestiario Add Ms 11283, folio 2r.
Sempre nel sito della British Library si può ammirare il documento.
➔ Sull'evocazione di persone attraverso le immagini, vedi:
Una statuetta per evocare il Morto: indizi nelle Fonti.
Note al testo ---
[1] Cfr. Michel Pastoureau, Medioevo simbolico, Editori Laterza, Roma-Bari, 2005, pp. 34 e 40.
[2] Cfr. Romanazzi, La stregoneria in Italia: scongiuri, amuleti e riti della tradizione, Venexia, Roma, 2008, pp. 29-30.
giovedì 31 marzo 2022
lunedì 14 marzo 2022
Il sogno di un cavaliere.
Una miniatura dei Rothschild Canticles ci mostra un gatto armato fino ai denti, pronto per la pugna.
Molti rampolli del MedioEvo somigliavano a questo gatto:
Francesco d'Assisi non era da meno!
Tommaso da Celano ci racconta l'esultanza del giovane Francesco soldato, prigioniero nelle carceri di Perugia:
un sogno premonitore gli ha rivelato che, un giorno, il suo nome sarà sulla bocca di tutti...
« Si combatteva tra Perugia e Assisi.
In uno scontro sanguinoso [a Collestrada nel 1202, n.d.a.] Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere.
Ma mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene.
Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere e lo giudicano svanito e pazzo.
Ma Francesco risponde con tono profetico:
"Di che cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo". » [1]
I sogni di gloria (e la carriera militare) di Francesco erano giustificati dal fatto di essere un secondogenito.
Al fratello maggiore, Angelo, sarebbe spettata l'attività paterna: così accadeva nel MedioEvo.
Un documento dall'Archivio Comunale di Assisi, citato negli anni quaranta del '900 da padre Giuseppe Abate [2], ci permette di ricostruirne la proprietà.
Al figlio di Angelo −Piccardo−, nipote di Francesco, economo del Sacro Convento era assegnato, tra gli altri, un locale al pianoterra (la vecchia bottega o un deposito?) della casa dei Bernardone, in cui il Santo da piccolo era cresciuto.
Detto fatto: l'immobile divenne l'Oratorio di San Francesco Piccolino ad Assisi...
Nella società medievale, per un ricco borghese come Francesco la 'carriera' era segnata.
Non restava che scegliere tra due opzioni:
ricevere l'investitura da cavaliere o farsi prete.
Jacques Le Goff in Tempo della Chiesa e tempo del mercante, spiegava bene una dinamica culturale radicata fin dall'Alto MedioEvo!
« Non c'è posto in questo mondo per gli individui, a meno che non siano veramente fuori dal comune: santi o eroi, i primi nell'ordine degli oratores, i secondi in quello dei bellatores [3] »
I bellatores sono quelli che, dal latino, fanno il bellum: la guerra.
A loro sono concessi gioielli e tessuti regali:
« L'alto Medioevo occidentale ha di fatto conosciuto solo due generi letterari:
l'agiografia e la chanson de geste.
Gli altri individui non hanno un'esistenza propria se non per partecipazione all'essere dell'eroe e del santo:
il biografo che lo loda, il giullare che lo canta, il fabbro che forgia la sua spada, l'orefice che cesella i simboli esteriori della sua ricchezza e del suo potere. [3] »
Francesco, da figlio del Suo tempo, ci prova subito:
viene arruolato nelle milizie di Gualtiero di Brienne, che partono per combattere gli Infedeli in Puglia.
Ma capisce subito che la vita del cavaliere non fa per lui, e si ammala: a Spoleto si ferma, e torna indietro. [4]
Ossessionato da sogni di gloria irrealizzabili, febbricitante, Francesco sogna il grande Palazzo dagli scudi crociati:
la fama sembra essergli sfuggita per sempre.
Francesco è un fallito che non si da pace.
Se la gloria militare gli è preclusa, deve provarci come oratores: come Santo.
E qui gli andrà, decisamente, meglio!
Note alle immagini ---
◉ Le miniature con cui ho illustrato il post fanno parte dei Rothschild Canticles: il manoscritto è noto come MS 404 e fa parte della Beinecke Rare Book and Manuscript Library presso la Yale University [fai click sul seguente link per sfogliarne le pagine].
Le illustrazioni qui riportate si trovano, nel manoscritto, ai folii: 114 verso, 129 verso, 132 recto, 136 verso, 137 recto, 138 recto, 141 recto, 142 recto, 171 recto.
◉ Sulla (presunta!) casa natale di Francesco, vedi anche la pagina su Wikimedia Commons.
Note al testo ---
[1] Cfr. Vita Seconda di Tommaso da Celano, Capitolo I in Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004, p. 364 - ff 584.
[2] « Il primo documento risale al 1253.
Esso riguarda la tardiva divisione dell'eredità familiare (lungamente conservata 'pro indiviso') tra i due nipoti di San Francesco:
Piccardo [si chiamava così, probabilmente, in omaggio a Monna Pica -nativa, appunto, della Piccardia?] e Giovannetto, figli di Angelo della Pica, fratello del Santo; non è l'integro atto notarile, ma è solo la cedola riguardante il primo dei due fratelli, nel cui interesse fu estratta.
Nel documento è detto che nella quota toccata a Piccardo (terziario francescano e procuratore ed economo del Sacro Convento) è compresa "una casa sita nella contrada di Porta Moiano i cui confini sono: al primo lato la strada, al secondo un formello [« chiamavasi così un vicolo cieco interposto fra due case » : vedi Vita Nova di Arnaldo Fortini, p. 29], al terzo la casa degli eredi della Sfassata, al quarto la casa di Ugolino di Contedino". »
Cfr. Giuseppe Abate, La casa natale di s. Francesco e la topografia di Assisi nella prima metà del secolo XIII. Estratto dal « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », Volume LXIII - Fasc. I, 1966, p. 7.
[3] Cfr. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. Saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino 1977, p. 142.
[4] Gli agiografi non forniscono tutti una versione coincidente circa i motivi che spinsero Francesco, diretto in Puglia, a fermarsi a Spoleto: malattia o ripensamenti?
« Messosi dunque in cammino per raggiungere la Puglia, arrivò fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene. »
[Leggenda dei tre Compagni, ff 1401]
« Giunto a Spoleto, preoccupato del viaggio, a notte fatta si stese per dormire. »
[Anonimo perugino, ff 1492]
Molti rampolli del MedioEvo somigliavano a questo gatto:
Francesco d'Assisi non era da meno!
Tommaso da Celano ci racconta l'esultanza del giovane Francesco soldato, prigioniero nelle carceri di Perugia:
un sogno premonitore gli ha rivelato che, un giorno, il suo nome sarà sulla bocca di tutti...
« Si combatteva tra Perugia e Assisi.
In uno scontro sanguinoso [a Collestrada nel 1202, n.d.a.] Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere.
Ma mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene.
Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere e lo giudicano svanito e pazzo.
Ma Francesco risponde con tono profetico:
"Di che cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo". » [1]
I sogni di gloria (e la carriera militare) di Francesco erano giustificati dal fatto di essere un secondogenito.
Al fratello maggiore, Angelo, sarebbe spettata l'attività paterna: così accadeva nel MedioEvo.
Un documento dall'Archivio Comunale di Assisi, citato negli anni quaranta del '900 da padre Giuseppe Abate [2], ci permette di ricostruirne la proprietà.
Al figlio di Angelo −Piccardo−, nipote di Francesco, economo del Sacro Convento era assegnato, tra gli altri, un locale al pianoterra (la vecchia bottega o un deposito?) della casa dei Bernardone, in cui il Santo da piccolo era cresciuto.
Detto fatto: l'immobile divenne l'Oratorio di San Francesco Piccolino ad Assisi...
Nella società medievale, per un ricco borghese come Francesco la 'carriera' era segnata.
Non restava che scegliere tra due opzioni:
ricevere l'investitura da cavaliere o farsi prete.
Jacques Le Goff in Tempo della Chiesa e tempo del mercante, spiegava bene una dinamica culturale radicata fin dall'Alto MedioEvo!
« Non c'è posto in questo mondo per gli individui, a meno che non siano veramente fuori dal comune: santi o eroi, i primi nell'ordine degli oratores, i secondi in quello dei bellatores [3] »
I bellatores sono quelli che, dal latino, fanno il bellum: la guerra.
A loro sono concessi gioielli e tessuti regali:
« L'alto Medioevo occidentale ha di fatto conosciuto solo due generi letterari:
l'agiografia e la chanson de geste.
Gli altri individui non hanno un'esistenza propria se non per partecipazione all'essere dell'eroe e del santo:
il biografo che lo loda, il giullare che lo canta, il fabbro che forgia la sua spada, l'orefice che cesella i simboli esteriori della sua ricchezza e del suo potere. [3] »
Francesco, da figlio del Suo tempo, ci prova subito:
viene arruolato nelle milizie di Gualtiero di Brienne, che partono per combattere gli Infedeli in Puglia.
Ma capisce subito che la vita del cavaliere non fa per lui, e si ammala: a Spoleto si ferma, e torna indietro. [4]
Ossessionato da sogni di gloria irrealizzabili, febbricitante, Francesco sogna il grande Palazzo dagli scudi crociati:
la fama sembra essergli sfuggita per sempre.
Francesco è un fallito che non si da pace.
Se la gloria militare gli è preclusa, deve provarci come oratores: come Santo.
E qui gli andrà, decisamente, meglio!
Note alle immagini ---
◉ Le miniature con cui ho illustrato il post fanno parte dei Rothschild Canticles: il manoscritto è noto come MS 404 e fa parte della Beinecke Rare Book and Manuscript Library presso la Yale University [fai click sul seguente link per sfogliarne le pagine].
Le illustrazioni qui riportate si trovano, nel manoscritto, ai folii: 114 verso, 129 verso, 132 recto, 136 verso, 137 recto, 138 recto, 141 recto, 142 recto, 171 recto.
◉ Sulla (presunta!) casa natale di Francesco, vedi anche la pagina su Wikimedia Commons.
Note al testo ---
[1] Cfr. Vita Seconda di Tommaso da Celano, Capitolo I in Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004, p. 364 - ff 584.
[2] « Il primo documento risale al 1253.
Esso riguarda la tardiva divisione dell'eredità familiare (lungamente conservata 'pro indiviso') tra i due nipoti di San Francesco:
Piccardo [si chiamava così, probabilmente, in omaggio a Monna Pica -nativa, appunto, della Piccardia?] e Giovannetto, figli di Angelo della Pica, fratello del Santo; non è l'integro atto notarile, ma è solo la cedola riguardante il primo dei due fratelli, nel cui interesse fu estratta.
Nel documento è detto che nella quota toccata a Piccardo (terziario francescano e procuratore ed economo del Sacro Convento) è compresa "una casa sita nella contrada di Porta Moiano i cui confini sono: al primo lato la strada, al secondo un formello [« chiamavasi così un vicolo cieco interposto fra due case » : vedi Vita Nova di Arnaldo Fortini, p. 29], al terzo la casa degli eredi della Sfassata, al quarto la casa di Ugolino di Contedino". »
Cfr. Giuseppe Abate, La casa natale di s. Francesco e la topografia di Assisi nella prima metà del secolo XIII. Estratto dal « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », Volume LXIII - Fasc. I, 1966, p. 7.
[3] Cfr. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. Saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino 1977, p. 142.
[4] Gli agiografi non forniscono tutti una versione coincidente circa i motivi che spinsero Francesco, diretto in Puglia, a fermarsi a Spoleto: malattia o ripensamenti?
« Messosi dunque in cammino per raggiungere la Puglia, arrivò fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene. »
[Leggenda dei tre Compagni, ff 1401]
« Giunto a Spoleto, preoccupato del viaggio, a notte fatta si stese per dormire. »
[Anonimo perugino, ff 1492]
venerdì 4 marzo 2022
Falco o gufo? La Dea dell'ombra e le piume diaboliche.
Il pittore fiorentino Bartolomeo della Gatta aveva ben chiara l'identità dell'uccello che iniziò Francesco alle stimmate:
un gufo.
Le fonti parlavano di un falco [1], ma Bartolomeo scelse di dipingere proprio un gufo: l'uccello dei Morti.
« più prossimi a noi si levano dritti i fusti di due abeti [...]
e il tronco di un faggio dal quale occhieggia immobile un gufo minutamente segnato come in un quadro fiammingo.
La presenza dell'uccello notturno vuol significare che le tenebre sono discese ». [2]
Francesco scelse l'eremo della Verna come sito per il prodigio delle stimmate: un santuario della dea romana dell'ombra Laverna, che regnava sui Morti e aveva i ladri come devoti:
in latino, chiamati proprio laverniones.
Quale luogo migliore per evocare le tenebre?
Padre Salvatore Vitale in un trattato del Seicento, "Monte Serafico della Verna", lo spiegava bene:
« E così fin'al tempo del glorioso Serafico Padre San Francesco stette 'l Monte santo fatta spelonca di ladri
per li cui meriti fu da questo luogo scacciato l'empio e scellerato ladrone Laverno Satanasso, e suoi seguaci:
ed all'hora perse l'vecchio, ed abominevol nome, cangiato in Vernia ». [3]
Nella stregoneria popolare, le pene umane si legavano alle piume degli uccelli: presagio infausto.
Le piume dei cuscini portavano il diavolo, e si bruciavano ai crocicchi:
perfino nelle fonti francescane -Compilatio Assisiensis o Legenda antiqua Perusina- si trova traccia di questa fama diabolica...
« Una notte, durante il primo sonno, chiamò il compagno, che riposava non lontano nella cella più grande e antica.
[...] Gli disse il beato Francesco: "Fratello, stanotte non ho potuto dormire né tenermi in piedi a pregare.
Io credo che c'era il diavolo in questo cuscino che ho sotto il capo. Da quando aveva abbandonato il mondo, infatti, il beato Francesco non volle più coricarsi su un coltrone né tenere sotto il capo un cuscino di piume, mai, nemmeno nelle malattie. »
[ff 1673]
Post correllato su Laverna, dea dei Morti ---
Laverna, l'oscura dèa senza corpo.
Post sulla dea Uccello, datrice di Vita e di Morte --
Madre-uccello: donne che diventano streghe.
Post su stimmate e allucinazioni ---
I funghi e le stimmate: una visione serafica o allucinogena
Era tutto un sogno? Il monaco Matthew e il 'mistero' delle Stimmate.
Note alle immagini ---
_La miniatura sopra, con un uccello che sgrana gli occhi, proviene dal manoscritto Add Ms 42130: folio 185r.
Il documento è visibile nel sito della British Lirary.
_L'impressione delle stimmate [1476 circa] di Bartolomeo della Gatta si trova presso la Pinacoteca di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo.
Cecilia Martelli parla, invece, di un allocco: strix aluco.
Un altro uccello infausto, imparentato con il gufo e legato allo strige: dal cui nome latino derivano le parole strega e stridere.
« La scena del miracolo delle Stigmate è ambienta sullo sfondo di un ampio paesaggio roccioso, ricco di alberi e prati verdeggianti, animato dalla presenza di animali, come l'allocco posato sul faggio in primo piano ».
Cfr. Martelli, Bartolomeo della Gatta, pittore e miniatore tra Arezzo, Roma e Urbino, Centro Di, Firenze, 2013, p. 326.
Note al testo ---
[1] « Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. »
[ff 1158]
[2] Cfr. Mario Salmi, Mostra delle opere di Bartolomeo della Gatta e della sua scuola nel Palazzo Pretorio, Arezzo, 1930, p. 20.
[3] Cfr. Salvatore Vitale, Monte Serafico della Verna, nel quale N. Sig. Giesu Cristo impresse le sacre stimmate..., in Firenze, 1628, p. 9.
Su Google Libri si può visionare l'Opera.
un gufo.
Le fonti parlavano di un falco [1], ma Bartolomeo scelse di dipingere proprio un gufo: l'uccello dei Morti.
« più prossimi a noi si levano dritti i fusti di due abeti [...]
e il tronco di un faggio dal quale occhieggia immobile un gufo minutamente segnato come in un quadro fiammingo.
La presenza dell'uccello notturno vuol significare che le tenebre sono discese ». [2]
Francesco scelse l'eremo della Verna come sito per il prodigio delle stimmate: un santuario della dea romana dell'ombra Laverna, che regnava sui Morti e aveva i ladri come devoti:
in latino, chiamati proprio laverniones.
Quale luogo migliore per evocare le tenebre?
Padre Salvatore Vitale in un trattato del Seicento, "Monte Serafico della Verna", lo spiegava bene:
« E così fin'al tempo del glorioso Serafico Padre San Francesco stette 'l Monte santo fatta spelonca di ladri
per li cui meriti fu da questo luogo scacciato l'empio e scellerato ladrone Laverno Satanasso, e suoi seguaci:
ed all'hora perse l'vecchio, ed abominevol nome, cangiato in Vernia ». [3]
Nella stregoneria popolare, le pene umane si legavano alle piume degli uccelli: presagio infausto.
Le piume dei cuscini portavano il diavolo, e si bruciavano ai crocicchi:
perfino nelle fonti francescane -Compilatio Assisiensis o Legenda antiqua Perusina- si trova traccia di questa fama diabolica...
« Una notte, durante il primo sonno, chiamò il compagno, che riposava non lontano nella cella più grande e antica.
[...] Gli disse il beato Francesco: "Fratello, stanotte non ho potuto dormire né tenermi in piedi a pregare.
Io credo che c'era il diavolo in questo cuscino che ho sotto il capo. Da quando aveva abbandonato il mondo, infatti, il beato Francesco non volle più coricarsi su un coltrone né tenere sotto il capo un cuscino di piume, mai, nemmeno nelle malattie. »
[ff 1673]
Post correllato su Laverna, dea dei Morti ---
Laverna, l'oscura dèa senza corpo.
Post sulla dea Uccello, datrice di Vita e di Morte --
Madre-uccello: donne che diventano streghe.
Post su stimmate e allucinazioni ---
I funghi e le stimmate: una visione serafica o allucinogena
Era tutto un sogno? Il monaco Matthew e il 'mistero' delle Stimmate.
Note alle immagini ---
_La miniatura sopra, con un uccello che sgrana gli occhi, proviene dal manoscritto Add Ms 42130: folio 185r.
Il documento è visibile nel sito della British Lirary.
_L'impressione delle stimmate [1476 circa] di Bartolomeo della Gatta si trova presso la Pinacoteca di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo.
Cecilia Martelli parla, invece, di un allocco: strix aluco.
Un altro uccello infausto, imparentato con il gufo e legato allo strige: dal cui nome latino derivano le parole strega e stridere.
« La scena del miracolo delle Stigmate è ambienta sullo sfondo di un ampio paesaggio roccioso, ricco di alberi e prati verdeggianti, animato dalla presenza di animali, come l'allocco posato sul faggio in primo piano ».
Cfr. Martelli, Bartolomeo della Gatta, pittore e miniatore tra Arezzo, Roma e Urbino, Centro Di, Firenze, 2013, p. 326.
Note al testo ---
[1] « Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. »
[ff 1158]
[2] Cfr. Mario Salmi, Mostra delle opere di Bartolomeo della Gatta e della sua scuola nel Palazzo Pretorio, Arezzo, 1930, p. 20.
[3] Cfr. Salvatore Vitale, Monte Serafico della Verna, nel quale N. Sig. Giesu Cristo impresse le sacre stimmate..., in Firenze, 1628, p. 9.
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domenica 20 febbraio 2022
Pipistrelli inchiodati: le anime dei Morti a protezione della casa.
Gian Luigi Beccaria ci racconta come i nostri antenati inchiodassero dei pipistrelli sull'uscio di casa, a scopo apotropaico.
« [...] barbaro costume di ancora non molti decenni or sono, inchiodare gli strigidi, e anche i pipistrelli, alle porte dei granai, crocifiggendoli per allontanare il malaugurio che porta lo spirito cattivo che essi incarnano ». [1]
Da cosa derivava questa macabra usanza?
Un indizio lo troviamo nella lingua latina:
pipistrello si dice vespertilio-onis:
parola così simile al becchino dei morti, che in latino si dice: vespillo-onis.
Niente di strano: sia il becchino sia il pipistrello sono associati al tramonto: uno agisce al tramonto dei vivi, l'altro si alza in volo al calar del sole.
In latino, il tramonto è vesper:
come i Vespri, che nella liturgia si recitano al tramonto.
Gli antichi credevano che i pipistrelli fossero anime di morti reincarnate:
« Le anime perse, quelle che non hanno trovato la strada dell'aldilà perché sono morte di morte violenta, si aggirano senza mèta, entrano talora nei corpi di animali, preferibilmente pipistrelli ». [1]
L'Odissea narra di anime che svolazzano nell'Oltretomba proprio come dei pipistrelli...
« Come al fondo d'un antro pauroso svolazzano stridendo i pipistrelli [...] così andavano quelle insieme stridendo » [2]
Dante descrive le ali di Lucifero che svolazza nell'Inferno come fosse un enorme pipistrello...
« vele di mar non vid'io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era a lor modo; e quelle svolazzava ». [2]
Gli antenati avrebbero assicurato una buona progenie con il sangue dei pipistrelli, da mettere sotto il giaciglio delle donne:
così la stirpe si sarebbe perpetuata...
« Si pensava inoltre che, mettendo gocce di sangue sotto il guanciale di una donna, si potesse aiutarla ad avere figli. » [3]
Note alle immagini ---
Tutte le immagini del post sotto tratte da manoscritti presenti ne sito della British Library, e disponibili in versione digitale.
_Le segnature, con i relativi folii citati, sono:
Add ms 49622, folio 44v;
Add ms 42130, folio 164r;
Add ms 1283, folio 21v;
Harley ms 4751, folio 50r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo: santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 97 e 214.
[2] Ho tratto le citazioni sull'Odissea e sull'Inferno di Dante dall'articolo di Marco Chiariglione: “Svolazza” Lucifero come le anime dei morti?
nella rivista Parole Rubate, Purloined Letters, fascicolo n. 9, 2014: pp. 111-112.
Il documento è scaricabile integralmente nel sito
dell'Università di Parma.
[3] « Nell'antichità il pipistrello simboleggiava la vigilanza [...].
Non a caso fin da allora -ma è usanza ancora oggi presente in alcune zone rurali- si inchiodavano dei pipistrelli sulle porte di casa in segno di protezione dai demoni della notte e dal maleficio. »
Cfr. Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Garzanti, Milano, 1991, p. 408.
sabato 5 febbraio 2022
Le streghe che si trasformano in gatte.
Avete incontrato sulla strada gatte che facevano l'amore?
Fate attenzione:
potrebbero non essere gatte, ma streghe!
Gian Luigi Beccaria raccontava questa storia sedimentata nei detti popolari...
« Streghe dunque (o vecchie) che fanno l'amore.
[...] in molte filastrocche infantili le gatte sostituiscono le vecchie, dalla Liguria (Levanto) ciöve e lüxe u su, / gati i fan l'amù alle Marche piove e c'è il sole / tutte le gatte fanno l'amore ». [1]
Una miniatura medievale ci mostra gatte che agiscono di notte:
è la base della superstizione sulle streghe...
Le gatte sono una cosa sola con la notte:
si nascondono nei luoghi oscuri, e sono in grado di vedere nel buio.
Si credeva, pertanto, che fossero streghe sotto mentite spoglie.
« [...] a Trieste l'incubo è anche chiamato gata mora, e in Friuli a produrre l'incubo era la giate [gatta] maràngule, una gatta strega che porta con sé un sacco per rubare i bambini.
[...] Nel Bergamasco c'era la gata carogna, la gatacornìa, la gatamora a Carrara, nel Mugello la gatta gnuda, nel Barese la gatta masciara.
In Val Vigezzo (Albogno) si credeva nell'esistenza del serpegatto, gatto lunghissimo, o serpente tozzo con quattro zampe di gatto, orecchie e lingua biforcuta, capace di ipnotizzare chi lo fissava.
In Piemonte noi ragazzi eravamo tenuti lontani dai pozzi, perché ci dicevano che dentro vi abitava la gattamarella dalle lunghe braccia tentacolari che ci poteva afferrare e tirar giù nel profondo. » [1]
« Numerosissime le testimonianze della trasformazione di streghe in gatte.
Indicativo, quanto alla denominazione del gatto, il fatto che Alano da Lilla (Contro gli eretici, I, 63) avesse fatto derivare il termine cataro da gatto ("a cato"), poiché, secondo diffamazione diffusa, quegli eretici adoravano il demonio sotto forma di gatto.
[...] È interessante che capogatto nel contado perugino fosse uno dei nomi del demonio. » [1]
La Santa protettrice dei gatti ---
L'immaginario medievale riprende dal mondo antico l'associazione Dea-gatte:
Dove questo culto era radicato, la gatte avevano una protettrice nobile. Vedi il post:
La santa gattara: il corteo della dea Freya e i cacciatori di topi.
Pratica per allontanare le 'gatte' ---
Teschio di cane: un'arma contro i malefici delle 'gatte'.
Note alle immagini ---
_La miniatura sopra, in conclusione del post, è tratta dai Bestiari di Guillaume Le Clerc: manoscritto 14970 della Bnf, folio 14r.
Nel sito della Biblioteca francese si può visualizzare l'Opera.
_La miniatura in apertura, con una gatta assisa su un disco, è tratta dal manoscritto Ad 11283, folio 2r.
Si trova scansionata in Digitised Manuscripts della British Library.
_La seconda miniatura, con i gatti sotto un cielo stellato, è tratta dal manoscritto Bodley 764, folio 51r.
Nel sito della Biblioteca di Oxford si può visualizzare il documento ad alta risoluzione.
_La terza miniatura del post proviene, invece, dal manoscritto Harley 4751, folio 30v:
interamente consultabile nel sito della British Library.
Nota al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 161, 220 e 221.
Fate attenzione:
potrebbero non essere gatte, ma streghe!
Gian Luigi Beccaria raccontava questa storia sedimentata nei detti popolari...
« Streghe dunque (o vecchie) che fanno l'amore.
[...] in molte filastrocche infantili le gatte sostituiscono le vecchie, dalla Liguria (Levanto) ciöve e lüxe u su, / gati i fan l'amù alle Marche piove e c'è il sole / tutte le gatte fanno l'amore ». [1]
Una miniatura medievale ci mostra gatte che agiscono di notte:
è la base della superstizione sulle streghe...
Le gatte sono una cosa sola con la notte:
si nascondono nei luoghi oscuri, e sono in grado di vedere nel buio.
Si credeva, pertanto, che fossero streghe sotto mentite spoglie.
« [...] a Trieste l'incubo è anche chiamato gata mora, e in Friuli a produrre l'incubo era la giate [gatta] maràngule, una gatta strega che porta con sé un sacco per rubare i bambini.
[...] Nel Bergamasco c'era la gata carogna, la gatacornìa, la gatamora a Carrara, nel Mugello la gatta gnuda, nel Barese la gatta masciara.
In Val Vigezzo (Albogno) si credeva nell'esistenza del serpegatto, gatto lunghissimo, o serpente tozzo con quattro zampe di gatto, orecchie e lingua biforcuta, capace di ipnotizzare chi lo fissava.
In Piemonte noi ragazzi eravamo tenuti lontani dai pozzi, perché ci dicevano che dentro vi abitava la gattamarella dalle lunghe braccia tentacolari che ci poteva afferrare e tirar giù nel profondo. » [1]
« Numerosissime le testimonianze della trasformazione di streghe in gatte.
Indicativo, quanto alla denominazione del gatto, il fatto che Alano da Lilla (Contro gli eretici, I, 63) avesse fatto derivare il termine cataro da gatto ("a cato"), poiché, secondo diffamazione diffusa, quegli eretici adoravano il demonio sotto forma di gatto.
[...] È interessante che capogatto nel contado perugino fosse uno dei nomi del demonio. » [1]
La Santa protettrice dei gatti ---
L'immaginario medievale riprende dal mondo antico l'associazione Dea-gatte:
Dove questo culto era radicato, la gatte avevano una protettrice nobile. Vedi il post:
La santa gattara: il corteo della dea Freya e i cacciatori di topi.
Pratica per allontanare le 'gatte' ---
Teschio di cane: un'arma contro i malefici delle 'gatte'.
Note alle immagini ---
_La miniatura sopra, in conclusione del post, è tratta dai Bestiari di Guillaume Le Clerc: manoscritto 14970 della Bnf, folio 14r.
Nel sito della Biblioteca francese si può visualizzare l'Opera.
_La miniatura in apertura, con una gatta assisa su un disco, è tratta dal manoscritto Ad 11283, folio 2r.
Si trova scansionata in Digitised Manuscripts della British Library.
_La seconda miniatura, con i gatti sotto un cielo stellato, è tratta dal manoscritto Bodley 764, folio 51r.
Nel sito della Biblioteca di Oxford si può visualizzare il documento ad alta risoluzione.
_La terza miniatura del post proviene, invece, dal manoscritto Harley 4751, folio 30v:
interamente consultabile nel sito della British Library.
Nota al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, pp. 161, 220 e 221.
sabato 22 gennaio 2022
"Guai a quei frati..." Punizioni francescane per tenere alta la disciplina.
San Francesco doveva usare il pugno duro.
Nello Speculum Perfectionis troviamo traccia delle minacce verbali di Francesco a quei frati che non lo assecondavano...
« Spesso tuttavia faceva questo discorso:
"Guai a quei frati che mi contrastano in quello che conosco fermamente corrispondere al volere di Dio" ». [ff 1694]
Francesco, secondo le Fonti, era spietato.
Quando i compagni gli riferirono che uno dei frati aveva osato toccare un'elemosina deposta da un fedele, il Santo inflisse al malcapitato una punizione esemplare...
« La cosa fu riferita al santo, e il frate, vedendosi scoperto in fallo, corse per averne il perdono e si prostrò a terra in attesa delle percosse.
Il santo lo accusò e rimproverò aspramente per avere toccato il denaro e gli comandò di togliere con la bocca la moneta dalla finestra e di deporla sempre con la bocca fuori casa, su sterco d'asino.
Il frate eseguì volentieri l'ordine e i presenti furono pieni di timore. » [ff 651]
Cosa temevano, di preciso, quei frati?
Per non farsi sfuggire il controllo sulla fraternitas, Francesco aveva richiesto la protezione papale.
Ciò implicava che, se un frate non si redimeva subito, rischiava la scomunica e la sua stessa incolumità fisica.
Sia Tommaso da Celano [Vita Seconda] sia lo Speculum Perfectionis ci fanno capire quanto fossero importanti per Francesco le punizioni inflitte dalla Chiesa...
« Andrò dunque e li raccomanderò alla santa Chiesa romana:
in tale modo, i malevoli saranno colpiti dalla verga della sua potenza ». [1]
Tommaso da Celano, nella Vita Seconda, ci racconta perfino che Francesco avesse a Firenze un frate torturatore per punire i compagni poco zelanti...
« Un giorno udì un frate che denigrava il buon nome di un altro e, rivoltosi al suo vicario frate Pietro di Cattanio, proferì queste terribili parole:
"[...] Consegnalo nelle mani del pugile di Firenze, se tu personalmente non sei in grado di punirlo!" (chiamava pugile fra Giovanni da Firenze, uomo di alta statura e dotato di grande forza). » [ff 769]
Il frate che scontò per intero, secondo i Fioretti, l'ira di Francesco fu Giovanni della Cappella:
scomunicato e, dopo poco tempo, ritrovato impiccato.
Nell'incipit dei Fioretti si accenna alla vicenda...
« E come un de' dodici apostoli, il quale si chiamò Iuda Scariotto, apostatò dello apostolato, tradendo Cristo, e impiccossi se medesimo per la gola: così uno de' dodici compagni di santo Francesco, ch'ebbe nome frate Giovanni della Cappella, apostatò e finalmente s'impiccò se medesimo per la gola.
E questo agli eletti è grande esempio e materia di umiltà e di timore, considerando che nessuno è certo perseverare infino alla fine nella grazia di Dio. » [ff 1826]
Post correlati sulla 'violenza' francescana ---
Salimbene de Adam definisce Giovanni de Laudibus, il 'pugile' di Firenze, come « un frate laico, duro e violento, torturatore e carnefice pessimo » [ff 2619].
Leggi, in proposito, il post:
San Francesco e il pugile di Firenze: a scuola di pugni prima di papa Bergoglio.
Sulla punizione che spettò al frate scomunicato Giovanni della Cappella (o da Campello?), per aver tentato una scissione nella fraternitas, vedi il post:
San Francesco e l'epurazione dei dissidenti: l'impiccagione di frate Giovanni.
Un'altra punizione memorabile descritta nelle Fonti è il rogo del cappuccio di un frate, che aveva disatteso al principio di Obbedienza. Vedi il post:
Il bello dei cadaveri:
l'Obbedienza secondo San Francesco.
Le minacce verbali riportate nelle Fonti sono vibranti, e si accompagnano a crudeltà inaudite, come il crollo di un tetto sulla testa di un canonico impenitente - descritto, ovviamente, come un crollo voluto dalla Provvidenza!
In proposito, vedi il post:
La spada sì, ma con garbo!
Lezioni di bon ton francescano...
_Le minacce verbali erano il piatto forte nei metodi persuasivi usati dal Santo.
Angelo Clareno, frate della corrente degli Spirituali, ce ne racconta una memorabile a carico di tal frate Pietro Stacia:
Francesco lo avrebbe maledetto a più riprese, negandogli il perdono.
Vedi il post:
La paura fa 90: lo 'stile' francescano...
Note alle immagini ---
_La miniatura in apertura del post, con il predicatore impiccato, accusato di fornicazione ed assassinio, proviene da un codice del Decretum Gratiani dalla Bibliothèques d’Amiens:
ms. 355, f. 208v.
_La seconda miniatura nel post, con Francesco che porge al papa la Regola, proviene sempre dalla Municipale di Amiens, ed il riferimento è il seguente: ms. 0372, f. 001.
_La terza miniatura, in chiusura del post, con il frate che invoca la clemenza del Superiore per evitare la punizione della Curia, proviene sempre dalla Bibliothèque d'Amiens: ms. 355, f. 234.
Note al testo ---
[1] Stesso discorso, quasi con le medesime parole, è riferito in Speculum Perfectionis, Capitolo 78 - ff 1773.
« Diceva Francesco: "Andrò, e affiderò la Religione dei frati minori alla santa Chiesa romana.
I malevoli saranno intimoriti e tenuti a freno dalla forza della sua autorità » . [ff 1773]
[2] La traduzione che seguo è quella delle Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004.
Nello Speculum Perfectionis troviamo traccia delle minacce verbali di Francesco a quei frati che non lo assecondavano...
« Spesso tuttavia faceva questo discorso:
"Guai a quei frati che mi contrastano in quello che conosco fermamente corrispondere al volere di Dio" ». [ff 1694]
Francesco, secondo le Fonti, era spietato.
Quando i compagni gli riferirono che uno dei frati aveva osato toccare un'elemosina deposta da un fedele, il Santo inflisse al malcapitato una punizione esemplare...
« La cosa fu riferita al santo, e il frate, vedendosi scoperto in fallo, corse per averne il perdono e si prostrò a terra in attesa delle percosse.
Il santo lo accusò e rimproverò aspramente per avere toccato il denaro e gli comandò di togliere con la bocca la moneta dalla finestra e di deporla sempre con la bocca fuori casa, su sterco d'asino.
Il frate eseguì volentieri l'ordine e i presenti furono pieni di timore. » [ff 651]
Cosa temevano, di preciso, quei frati?
Per non farsi sfuggire il controllo sulla fraternitas, Francesco aveva richiesto la protezione papale.
Ciò implicava che, se un frate non si redimeva subito, rischiava la scomunica e la sua stessa incolumità fisica.
Sia Tommaso da Celano [Vita Seconda] sia lo Speculum Perfectionis ci fanno capire quanto fossero importanti per Francesco le punizioni inflitte dalla Chiesa...
« Andrò dunque e li raccomanderò alla santa Chiesa romana:
in tale modo, i malevoli saranno colpiti dalla verga della sua potenza ». [1]
Tommaso da Celano, nella Vita Seconda, ci racconta perfino che Francesco avesse a Firenze un frate torturatore per punire i compagni poco zelanti...
« Un giorno udì un frate che denigrava il buon nome di un altro e, rivoltosi al suo vicario frate Pietro di Cattanio, proferì queste terribili parole:
"[...] Consegnalo nelle mani del pugile di Firenze, se tu personalmente non sei in grado di punirlo!" (chiamava pugile fra Giovanni da Firenze, uomo di alta statura e dotato di grande forza). » [ff 769]
Il frate che scontò per intero, secondo i Fioretti, l'ira di Francesco fu Giovanni della Cappella:
scomunicato e, dopo poco tempo, ritrovato impiccato.
Nell'incipit dei Fioretti si accenna alla vicenda...
« E come un de' dodici apostoli, il quale si chiamò Iuda Scariotto, apostatò dello apostolato, tradendo Cristo, e impiccossi se medesimo per la gola: così uno de' dodici compagni di santo Francesco, ch'ebbe nome frate Giovanni della Cappella, apostatò e finalmente s'impiccò se medesimo per la gola.
E questo agli eletti è grande esempio e materia di umiltà e di timore, considerando che nessuno è certo perseverare infino alla fine nella grazia di Dio. » [ff 1826]
Post correlati sulla 'violenza' francescana ---
Salimbene de Adam definisce Giovanni de Laudibus, il 'pugile' di Firenze, come « un frate laico, duro e violento, torturatore e carnefice pessimo » [ff 2619].
Leggi, in proposito, il post:
San Francesco e il pugile di Firenze: a scuola di pugni prima di papa Bergoglio.
Sulla punizione che spettò al frate scomunicato Giovanni della Cappella (o da Campello?), per aver tentato una scissione nella fraternitas, vedi il post:
San Francesco e l'epurazione dei dissidenti: l'impiccagione di frate Giovanni.
Un'altra punizione memorabile descritta nelle Fonti è il rogo del cappuccio di un frate, che aveva disatteso al principio di Obbedienza. Vedi il post:
Il bello dei cadaveri:
l'Obbedienza secondo San Francesco.
Le minacce verbali riportate nelle Fonti sono vibranti, e si accompagnano a crudeltà inaudite, come il crollo di un tetto sulla testa di un canonico impenitente - descritto, ovviamente, come un crollo voluto dalla Provvidenza!
In proposito, vedi il post:
La spada sì, ma con garbo!
Lezioni di bon ton francescano...
_Le minacce verbali erano il piatto forte nei metodi persuasivi usati dal Santo.
Angelo Clareno, frate della corrente degli Spirituali, ce ne racconta una memorabile a carico di tal frate Pietro Stacia:
Francesco lo avrebbe maledetto a più riprese, negandogli il perdono.
Vedi il post:
La paura fa 90: lo 'stile' francescano...
Note alle immagini ---
_La miniatura in apertura del post, con il predicatore impiccato, accusato di fornicazione ed assassinio, proviene da un codice del Decretum Gratiani dalla Bibliothèques d’Amiens:
ms. 355, f. 208v.
_La seconda miniatura nel post, con Francesco che porge al papa la Regola, proviene sempre dalla Municipale di Amiens, ed il riferimento è il seguente: ms. 0372, f. 001.
_La terza miniatura, in chiusura del post, con il frate che invoca la clemenza del Superiore per evitare la punizione della Curia, proviene sempre dalla Bibliothèque d'Amiens: ms. 355, f. 234.
Note al testo ---
[1] Stesso discorso, quasi con le medesime parole, è riferito in Speculum Perfectionis, Capitolo 78 - ff 1773.
« Diceva Francesco: "Andrò, e affiderò la Religione dei frati minori alla santa Chiesa romana.
I malevoli saranno intimoriti e tenuti a freno dalla forza della sua autorità » . [ff 1773]
[2] La traduzione che seguo è quella delle Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004.
venerdì 14 gennaio 2022
Il Terzo Occhio e i sognatori condannati a morte.
Profetizzare coi sogni è una (grave) colpa biblica.
Il Deuteronomio è il primo libro della Bibbia a chiarire che ai 'falsi' sognatori spetta la pena di morte...
« Qualora si alzi in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio
[...] tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore ».
« Quanto a quel profeta o a quel sognatore, egli dovrà essere messo a morte, perché ha proposto l'apostasia dal Signore, dal vostro Dio ». [1]
Il profeta Geremia ribadiva il concetto:
quei sognatori menzogneri andavano puniti duramente!
« Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri - dice il Signore - che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie ». [1]
Chi sogna comunica con gli dèi pagani;
il Dio biblico lo guarda come un nemico [2].
Il combattimento amoroso di Polifilo [1490] avviene tutto in un sogno: solo così Polifilo può entrare in contatto con gli dèi, e raggiungere l'amata Polia.
Per conoscere il Divino, nel mondo pagano bisogna sognare.
Nel Libro dei segreti, Osho attribuiva al Buddha un discorso prezioso sul potere dei Sogni.
Chi apre il Terzo Occhio, e riceve l'illuminazione, vedrà unirsi mondo Reale e mondo dei Sogni...
« Buddha rispose:
"Ora che sei centrato nel Terzo Occhio, sogni e realtà sono una cosa sola.
Qualsiasi cosa sogni sarà reale, e anche viceversa".
Per chi è centrato nel terzo occhio i sogni diventeranno reali, e l'intera realtà diventerà semplicemente un sogno, perché quando il vostro sogno può diventare reale sapete che non esiste differenza fontamentale tra realtà e sogno. » [3]
Post correlato sul potere dei Sogni ---
Era tutto un sogno? Il monaco Matthew e il 'mistero' delle Stimmate.
Un post sul Terzo Occhio in una pittura medievale ---
La Santa con il Terzo Occhio. Il culto della Luce in una pittura medievale.
Note alle immagini ---
_L'immagine sopra è una scultura in foglia d'oro del Buddha Amitabha, dal Museo Nazionale di Tokyo, XII-XIII secolo:
da notare è il Terzo Occhio in cristallo intagliato sulla fronte.
Vedi l'immagine e la relativa descrizione su Wikipedia.
_La miniatura in apertura proviene dalla Library del Corpus Christi college di Oxford: Ms 201, folio 1 recto.
_L'illustrazione con il sogno di Polifilo è una xilografia tratta dal romanzo rinascimentale Hypnerotomachia Poliphili:
nel sito della Biblioteca Marciana di Venezia si può consultare l'Opera scansionata.
Note al testo ---
[1] Cfr. Deuteronomio: 13, 2-6.
Libro del profeta Geremia : 23, 32.
Devo la citazione delle Scritture a Gianluca D'Elia.
[2] Pefino Cicerone scriveva contro chi traeva auspici dai sogni:
« Si cacci via, dunque, anche la divinazione basata sui sogni, al pari delle altre.
Ché, per parlare veracemente, la superstizione, diffusa tra gli uomini, ha oppresso gli animi di quasi tutti, e ha tratto profitto dalla debolezza umana. »
Cfr. Cicerone, Della divinazione [148], Garzanti, Milano, 1994,
p. 229.
[3] Cfr. Osho, Il libro dei segreti : discorsi su "Vijnana Bhairava Tantra", Bompiani, 1985, pp. 94-95.
Il Deuteronomio è il primo libro della Bibbia a chiarire che ai 'falsi' sognatori spetta la pena di morte...
« Qualora si alzi in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio
[...] tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore ».
« Quanto a quel profeta o a quel sognatore, egli dovrà essere messo a morte, perché ha proposto l'apostasia dal Signore, dal vostro Dio ». [1]
Il profeta Geremia ribadiva il concetto:
quei sognatori menzogneri andavano puniti duramente!
« Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri - dice il Signore - che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie ». [1]
Chi sogna comunica con gli dèi pagani;
il Dio biblico lo guarda come un nemico [2].
Il combattimento amoroso di Polifilo [1490] avviene tutto in un sogno: solo così Polifilo può entrare in contatto con gli dèi, e raggiungere l'amata Polia.
Per conoscere il Divino, nel mondo pagano bisogna sognare.
Nel Libro dei segreti, Osho attribuiva al Buddha un discorso prezioso sul potere dei Sogni.
Chi apre il Terzo Occhio, e riceve l'illuminazione, vedrà unirsi mondo Reale e mondo dei Sogni...
« Buddha rispose:
"Ora che sei centrato nel Terzo Occhio, sogni e realtà sono una cosa sola.
Qualsiasi cosa sogni sarà reale, e anche viceversa".
Per chi è centrato nel terzo occhio i sogni diventeranno reali, e l'intera realtà diventerà semplicemente un sogno, perché quando il vostro sogno può diventare reale sapete che non esiste differenza fontamentale tra realtà e sogno. » [3]
Post correlato sul potere dei Sogni ---
Era tutto un sogno? Il monaco Matthew e il 'mistero' delle Stimmate.
Un post sul Terzo Occhio in una pittura medievale ---
La Santa con il Terzo Occhio. Il culto della Luce in una pittura medievale.
Note alle immagini ---
_L'immagine sopra è una scultura in foglia d'oro del Buddha Amitabha, dal Museo Nazionale di Tokyo, XII-XIII secolo:
da notare è il Terzo Occhio in cristallo intagliato sulla fronte.
Vedi l'immagine e la relativa descrizione su Wikipedia.
_La miniatura in apertura proviene dalla Library del Corpus Christi college di Oxford: Ms 201, folio 1 recto.
_L'illustrazione con il sogno di Polifilo è una xilografia tratta dal romanzo rinascimentale Hypnerotomachia Poliphili:
nel sito della Biblioteca Marciana di Venezia si può consultare l'Opera scansionata.
Note al testo ---
[1] Cfr. Deuteronomio: 13, 2-6.
Libro del profeta Geremia : 23, 32.
Devo la citazione delle Scritture a Gianluca D'Elia.
[2] Pefino Cicerone scriveva contro chi traeva auspici dai sogni:
« Si cacci via, dunque, anche la divinazione basata sui sogni, al pari delle altre.
Ché, per parlare veracemente, la superstizione, diffusa tra gli uomini, ha oppresso gli animi di quasi tutti, e ha tratto profitto dalla debolezza umana. »
Cfr. Cicerone, Della divinazione [148], Garzanti, Milano, 1994,
p. 229.
[3] Cfr. Osho, Il libro dei segreti : discorsi su "Vijnana Bhairava Tantra", Bompiani, 1985, pp. 94-95.
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