lunedì 14 marzo 2022

Il sogno di un cavaliere.

Una miniatura dei Rothschild Canticles ci mostra un gatto armato fino ai denti, pronto per la pugna.

Molti rampolli del MedioEvo somigliavano a questo gatto:
Francesco d'Assisi non era da meno!

Tommaso da Celano ci racconta l'esultanza del giovane Francesco soldato, prigioniero nelle carceri di Perugia:
un sogno premonitore gli ha rivelato che, un giorno, il suo nome sarà sulla bocca di tutti...

« Si combatteva tra Perugia e Assisi.
In uno scontro sanguinoso
[a Collestrada nel 1202, n.d.a.] Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere.
Ma mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene.

Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere e lo giudicano svanito e pazzo.
Ma Francesco risponde con tono profetico:
"Di che cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo"
. » [1]
I sogni di gloria (e la carriera militare) di Francesco erano giustificati dal fatto di essere un secondogenito.

Al fratello maggiore, Angelo, sarebbe spettata l'attività paterna: così accadeva nel MedioEvo.

Un documento dall'Archivio Comunale di Assisi, citato negli anni quaranta del '900 da padre Giuseppe Abate [2], ci permette di ricostruirne la proprietà.
Al figlio di Angelo −Piccardo−, nipote di Francesco, economo del Sacro Convento era assegnato, tra gli altri, un locale al pianoterra (la vecchia bottega o un deposito?) della casa dei Bernardone, in cui il Santo da piccolo era cresciuto.

Detto fatto: l'immobile divenne l'Oratorio di San Francesco Piccolino ad Assisi...


Nella società medievale, per un ricco borghese come Francesco la 'carriera' era segnata.
Non restava che scegliere tra due opzioni:
ricevere l'investitura da cavaliere o farsi prete.

Jacques Le Goff in Tempo della Chiesa e tempo del mercante, spiegava bene una dinamica culturale radicata fin dall'Alto MedioEvo!

« Non c'è posto in questo mondo per gli individui, a meno che non siano veramente fuori dal comune: santi o eroi, i primi nell'ordine degli oratores, i secondi in quello dei bellatores [3] »


I bellatores sono quelli che, dal latino, fanno il bellum: la guerra.

A loro sono concessi gioielli e tessuti regali:

« L'alto Medioevo occidentale ha di fatto conosciuto solo due generi letterari:
l'agiografia e la chanson de geste.
Gli altri individui non hanno un'esistenza propria se non per partecipazione all'essere dell'eroe e del santo:

il biografo che lo loda, il giullare che lo canta, il fabbro che forgia la sua spada, l'orefice che cesella i simboli esteriori della sua ricchezza e del suo potere. [3]
»


Francesco, da figlio del Suo tempo, ci prova subito:
viene arruolato nelle milizie di Gualtiero di Brienne, che partono per combattere gli Infedeli in Puglia.

Ma capisce subito che la vita del cavaliere non fa per lui, e si ammala: a Spoleto si ferma, e torna indietro. [4]
Ossessionato da sogni di gloria irrealizzabili, febbricitante, Francesco sogna il grande Palazzo dagli scudi crociati:
la fama sembra essergli sfuggita per sempre.

Francesco è un fallito che non si da pace.

Se la gloria militare gli è preclusa, deve provarci come oratores: come Santo.
E qui gli andrà, decisamente, meglio!


Note alle immagini ---

◉ Le miniature con cui ho illustrato il post fanno parte dei Rothschild Canticles: il manoscritto è noto come MS 404 e fa parte della Beinecke Rare Book and Manuscript Library presso la Yale University [fai click sul seguente link per sfogliarne le pagine].

Le illustrazioni qui riportate si trovano, nel manoscritto, ai folii: 114 verso, 129 verso, 132 recto, 136 verso, 137 recto, 138 recto, 141 recto, 142 recto, 171 recto.

◉ Sulla (presunta!) casa natale di Francesco, vedi anche la pagina su Wikimedia Commons.

Note al testo ---

[1] Cfr. Vita Seconda di Tommaso da Celano, Capitolo I in Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004, p. 364 - ff 584.

[2] « Il primo documento risale al 1253.
Esso riguarda la tardiva divisione dell'eredità familiare (lungamente conservata 'pro indiviso') tra i due nipoti di San Francesco:
Piccardo [si chiamava così, probabilmente, in omaggio a Monna Pica -nativa, appunto, della Piccardia?] e Giovannetto, figli di Angelo della Pica, fratello del Santo; non è l'integro atto notarile, ma è solo la cedola riguardante il primo dei due fratelli, nel cui interesse fu estratta.

Nel documento è detto che nella quota toccata a Piccardo (terziario francescano e procuratore ed economo del Sacro Convento) è compresa "una casa sita nella contrada di Porta Moiano i cui confini sono: al primo lato la strada, al secondo un formello [« chiamavasi così un vicolo cieco interposto fra due case » : vedi Vita Nova di Arnaldo Fortini, p. 29], al terzo la casa degli eredi della Sfassata, al quarto la casa di Ugolino di Contedino". »

Cfr. Giuseppe Abate, La casa natale di s. Francesco e la topografia di Assisi nella prima metà del secolo XIII. Estratto dal « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », Volume LXIII - Fasc. I, 1966, p. 7.

[3] Cfr. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. Saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino 1977, p. 142.

[4] Gli agiografi non forniscono tutti una versione coincidente circa i motivi che spinsero Francesco, diretto in Puglia, a fermarsi a Spoleto: malattia o ripensamenti?

« Messosi dunque in cammino per raggiungere la Puglia, arrivò fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene. »

[Leggenda dei tre Compagni, ff 1401]

« Giunto a Spoleto, preoccupato del viaggio, a notte fatta si stese per dormire. »

[Anonimo perugino, ff 1492]

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