Una miniatura dei Rothschild Canticles ci mostra un gatto armato fino ai denti, pronto per la pugna.
Molti rampolli del MedioEvo somigliavano a questo gatto:
Francesco d'Assisi non era da meno!
Tommaso da Celano ci racconta l'esultanza del giovane Francesco soldato, prigioniero nelle carceri di Perugia:
un sogno premonitore gli ha rivelato che, un giorno, il suo nome sarà sulla bocca di tutti...
« Si combatteva tra Perugia e Assisi.
In uno scontro sanguinoso [a Collestrada nel 1202, n.d.a.] Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere.
Ma mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene.
Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere e lo giudicano svanito e pazzo.
Ma Francesco risponde con tono profetico:
"Di che cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo". » [1]
I sogni di gloria (e la carriera militare) di Francesco erano giustificati dal fatto di essere un secondogenito.
Al fratello maggiore, Angelo, sarebbe spettata l'attività paterna: così accadeva nel MedioEvo.
Un documento dall'Archivio Comunale di Assisi, citato negli anni quaranta del '900 da padre Giuseppe Abate [2], ci permette di ricostruirne la proprietà.
Al figlio di Angelo −Piccardo−, nipote di Francesco, economo del Sacro Convento era assegnato, tra gli altri, un locale al pianoterra (la vecchia bottega o un deposito?) della casa dei Bernardone, in cui il Santo da piccolo era cresciuto.
Detto fatto: l'immobile divenne l'Oratorio di San Francesco Piccolino ad Assisi...
Nella società medievale, per un ricco borghese come Francesco la 'carriera' era segnata.
Non restava che scegliere tra due opzioni:
ricevere l'investitura da cavaliere o farsi prete.
Jacques Le Goff in Tempo della Chiesa e tempo del mercante, spiegava bene una dinamica culturale radicata fin dall'Alto MedioEvo!
« Non c'è posto in questo mondo per gli individui, a meno che non siano veramente fuori dal comune: santi o eroi, i primi nell'ordine degli oratores, i secondi in quello dei bellatores [3] »
I bellatores sono quelli che, dal latino, fanno il bellum: la guerra.
A loro sono concessi gioielli e tessuti regali:
« L'alto Medioevo occidentale ha di fatto conosciuto solo due generi letterari:
l'agiografia e la chanson de geste.
Gli altri individui non hanno un'esistenza propria se non per partecipazione all'essere dell'eroe e del santo:
il biografo che lo loda, il giullare che lo canta, il fabbro che forgia la sua spada, l'orefice che cesella i simboli esteriori della sua ricchezza e del suo potere. [3] »
Francesco, da figlio del Suo tempo, ci prova subito:
viene arruolato nelle milizie di Gualtiero di Brienne, che partono per combattere gli Infedeli in Puglia.
Ma capisce subito che la vita del cavaliere non fa per lui, e si ammala: a Spoleto si ferma, e torna indietro. [4]
Ossessionato da sogni di gloria irrealizzabili, febbricitante, Francesco sogna il grande Palazzo dagli scudi crociati:
la fama sembra essergli sfuggita per sempre.
Francesco è un fallito che non si da pace.
Se la gloria militare gli è preclusa, deve provarci come oratores: come Santo.
E qui gli andrà, decisamente, meglio!
Note alle immagini ---
◉ Le miniature con cui ho illustrato il post fanno parte dei Rothschild Canticles: il manoscritto è noto come MS 404 e fa parte della Beinecke Rare Book and Manuscript Library presso la Yale University [fai click sul seguente link per sfogliarne le pagine].
Le illustrazioni qui riportate si trovano, nel manoscritto, ai folii: 114 verso, 129 verso, 132 recto, 136 verso, 137 recto, 138 recto, 141 recto, 142 recto, 171 recto.
◉ Sulla (presunta!) casa natale di Francesco, vedi anche la pagina su Wikimedia Commons.
Note al testo ---
[1] Cfr. Vita Seconda di Tommaso da Celano, Capitolo I in Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004, p. 364 - ff 584.
[2] « Il primo documento risale al 1253.
Esso riguarda la tardiva divisione dell'eredità familiare (lungamente conservata 'pro indiviso') tra i due nipoti di San Francesco:
Piccardo [si chiamava così, probabilmente, in omaggio a Monna Pica -nativa, appunto, della Piccardia?] e Giovannetto, figli di Angelo della Pica, fratello del Santo; non è l'integro atto notarile, ma è solo la cedola riguardante il primo dei due fratelli, nel cui interesse fu estratta.
Nel documento è detto che nella quota toccata a Piccardo (terziario francescano e procuratore ed economo del Sacro Convento) è compresa "una casa sita nella contrada di Porta Moiano i cui confini sono: al primo lato la strada, al secondo un formello [« chiamavasi così un vicolo cieco interposto fra due case » : vedi Vita Nova di Arnaldo Fortini, p. 29], al terzo la casa degli eredi della Sfassata, al quarto la casa di Ugolino di Contedino". »
Cfr. Giuseppe Abate, La casa natale di s. Francesco e la topografia di Assisi nella prima metà del secolo XIII. Estratto dal « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », Volume LXIII - Fasc. I, 1966, p. 7.
[3] Cfr. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. Saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino 1977, p. 142.
[4] Gli agiografi non forniscono tutti una versione coincidente circa i motivi che spinsero Francesco, diretto in Puglia, a fermarsi a Spoleto: malattia o ripensamenti?
« Messosi dunque in cammino per raggiungere la Puglia, arrivò fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene. »
[Leggenda dei tre Compagni, ff 1401]
« Giunto a Spoleto, preoccupato del viaggio, a notte fatta si stese per dormire. »
[Anonimo perugino, ff 1492]
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