Tra i frati, c'erano anche delle mele marce da punire.
I metodi persuasivi del Santo pare fossero molto efficaci!
Angelo Clareno, nel Libro delle tribolazioni, ci racconta il caso di un frate reticente, tal Pietro Stacia:
le maledizioni che san Francesco gli scagliava contro erano sante ed eterne, perché volute da Dio...
« Essendogli nota la cocciutaggine, anzi la mente indurita, di un certo frate che nel secolo era stato dottore in legge, di nome frate Pietro Stacia, [...] lo maledì.
E dato che era stato grande nel secolo e molto dotto, amato non poco dai ministri per la sua dottrina, verso il termine della vita di san Francesco i frati lo pregavano che volesse perdonare a un sì grande uomo, che egli aveva maledetto, e concedergli la grazia della sua benedizione. Rispose loro:
"Figli, non posso benedire chi è stato maledetto ed è maledetto da Dio".
[...] tutti i presenti impararono che colui che era maledetto dal beato Francesco, lo era già stato per l'eternità da Dio. » [1]
Molti frati temevano così tanto le 'maledizioni' di Francesco da infliggersi punizioni anche dure, se colti in 'fallo'.
« Un frate di nome Barbaro una volta offese, con una parola ingiuriosa, un confratello
[...] Ma appena si accorse che il confratello ne era rimasto piuttosto offeso, si accese d'ira contro se stesso, e preso dello sterco d'asino se lo mise in bocca per masticarlo:
"Mastichi sterco d'asino questa lingua che ha sputato veleno d'ira sul mio fratello."
[...] Il santo gongolava di gioia nell'udire tali cose, perché vedeva che i suoi figli da soli praticavano esempi di santità ». [2]
Come otteneva Francesco tutta questa disciplina?
Tommaso da Celano ci racconta in proposito una punizione, inflitta ad un frate che si era recato a visitarlo senza il Suo permesso.
Francesco gli strappò il cappuccio e lo gettò in mezzo alle fiamme:
tanto per non essere frainteso!
« Una volta tolse il cappuccio a un frate che era venuto da solo senza obbedienza, e lo fece gettare in un grande fuoco.
Nessuno si mosse per togliere il cappuccio, perché temevano il volto alquanto adirato del padre. » [3]
◉ Sulle punizioni che colpivano i frati disobbedienti, vedi:
Vietato entrare: la lotta contro i monaci.
◉ Per infliggere le punizioni pare che san Francesco si servisse di un frate fiorentino corpulento, il pugile di Firenze, definito da Salimbene de Adam come « un frate laico, duro e violento, torturatore e carnefice pessimo » [ff 2619].
Leggi, in proposito, il post:
San Francesco e il pugile di Firenze: a scuola di pugni prima di papa Bergoglio.
◉ Nelle fonti si rinviene anche una punizione 'politica' che spettò al frate Giovanni della Cappella (o da Campello?), scomunicato per aver tentato una scissione nella fraternitas.
Vedi il post:
San Francesco e l'epurazione dei dissidenti: l'impiccagione di frate Giovanni.
◉ Sull'angoscia suscitata dai poteri magici del Santo, vedi:
Lo stregone e l'angoscia: san Francesco e la "paura" dei Suoi devoti.
Nota all'immagine ---
_La miniatura sopra e in apertura, con un frate che fa le 'boccacce' a margine del folio, proviene dalla British Library che ha integralmente digitalizzato il manoscritto:
è il famoso Sloane ms 2435, contenente Le Régime du corps di Aldobrandino da Siena, un trattato medievale sulla condotta di vita più 'salutista':
Note al testo ---
[1] Cfr. Angelo Clareno, Libro delle Cronache o delle Tribolazioni dell'ordine dei frati minori. L'esempio di frate Stacia -ff 2169.
[2] Cfr. Tommaso da Celano, Vita Seconda, Capitolo CXV. Il buon esempio di un frate e il costume dei primi frati -ff 739.
[3] Cfr. Tommaso da Celano, Vita Seconda, Capitolo CXIV.
Getta nel fuoco il cappuccio di un frate che era venuto spinto da devozione ma senza permesso (ff 738).
La stessa punizione del cappuccio è narrata anche da san Bonaventura nella Leggenda maggiore: ff 1116.
Nota alle Fonti ---
La traduzione che, sempre, seguo è:
Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova, 2004.
martedì 9 marzo 2021
venerdì 19 febbraio 2021
La luna e le corna: il culto della Vacca lunare.
Mettere le corna, si sa, non ha un significato molto 'aulico'.
Perché?
Partiamo da un acquerello dell'artista americana Carlotta Bonnecaze, realizzato per illustrare un carro allegorico indù nel Carnevale di New Orleans del 1893:
sopra il carro, trainato da due antilopi cornute, il dio Lunare Soma.
Nel sincretismo di età ellenistica, i Greci avevano associato
Soma a Dioniso.
Pierre Saintyves lo spiegava assai bene in una nota a margine de L'Origine del culto dei Santi...
« Gli dèi vedici non sono restati confinati in India.
Creati senza dubbio già prima delle varie diramazioni della razza indoeuropea li ritroviamo, perlomeno i principali, in tutte le mitologie occidentali e in particolare in Grecia e a Roma.
[...] Soma, il dio delle libagioni, è il prototipo di Dioniso e di Bacco. » [1]
Il dio indù delle libagioni era legato a Dioniso per due elementi peculiari: la falce di Luna e le corna.
Attenti ai colori: rosso, bianco e nero.
Il dio vedico Chandra, a cui Soma era stato assimilato, vola a bordo di un carro rosso fuoco nell'oscurità della notte, rischiarata dal chiarore lunare: un acquarello su carta dal South and Southeast Asian Art di Los Angeles ci mostra i tre colori...
A trainare il carro, una gazzella che fa sfoggio delle sue due corna.
Una raffigurazione indù del tutto speculare al nostro paganesimo romano: ecco un'acquaforte da Annibale Carracci (1657) con il dio Bacco: avanza su un carro trionfale trainato da due capri che fanno sfoggio delle loro corna...
Le corna erano esse stesse una stilizzazione della Luna.
Robert Graves ne I Miti Greci narra come gli antichi greci associassero la ninfa lunare Io alla vacca sacra:
« Gli Argivi venerano la Luna come vacca, perché dal cornuto primo quarto di luna dipendevano le piogge autunnali e dunque l'abbondanza dell'erba da pascolo.
I suoi tre colori: bianco per il primo quarto, rosso per la luna piena, nero per la luna calante rappresentavano le tre età della dea-Luna: Fanciulla, Ninfa e Vegliarda. » [2]
L'equivalenza tra la Luna e la vacca è alla base del femminino sacro.
La dea cornuta Semele, che aveva partorito il dio taurino Dioniso, era tutt'uno con la dea Luna Selene:
Graves spiegava come le due dèe fossero una sola entità...
« Semele viene di solito interpretata come una variante di Selene ("luna"), e nove era il numero tradizionale delle orgiastiche sacerdotesse della Luna che prendevano parte a tali feste. » [2]
Tutto chiaro?
Il dio toro egizio Apis aveva una mezza luna impressa sul corpo:
proprio come narra l'erudito antico Igino [3].
Una bella incisione (XI) dai Commentaria di Domenico Agostino Bracci mostra il toro sormontato dalla mezza luna.
Occhio al disegno:
la coda del toro ripete il movimento delle corna...
La falce di Luna è una sopravvivenza delle corna: la Dea taurina, non a caso, ha una mezza luna sulla testa.
Nel mondo romano, Diana tauropula era così chiamata perché a Lei veniva sacrificato il toro.
Cito una bella xilografia dal Romanum Museum (1708), scritto dall'antiquario francese Michel-Ange de la Chausse...
Lo stupro della ninfa Io ---
Robert Graves riporta, per intero, la triste vicenda della ninfa Io dalle corna di Vacca:
il Suo culto Matriarcale è uno dei primi casi di violenza maschile per succedere al potere della Dea...
« Zeus Pico, re dell'Occidente, mandò i suoi servi a rapire Io e abusò di lei non appena la fanciulla varcò la soglia del palazzo.
Dopo aver dato alla luce una figlia di Zeus chiamata Libia, Io si rifugiò in Egitto; ma colà regnava Ermete, figlio di Zeus; proseguì allora la sua fuga al monte Silpio in Siria, dove morì di dolore e di vergogna. »
Cfr. Robert Graves, I Miti Greci, Op. cit. sotto, p. 171.
Io è talmente legata a Giove che, in astronomia, esiste perfino un satellite del grande pianeta a Lei intitolato:
vedi la relativa pagina su Wikipedia.
Ora le corna vi piacciono (un po') di più?
➔ Sul sangue del Toro che svela le sacerdotesse infedeli ---
L'ordalia del Toro: sacerdotesse dagli occhi bovini.
Note alle immagini ---
_La miniatura qui sopra proviene dalla Bnf di Parigi.
L'ho trovata citata in Anthony Melnikas, The Corpus of the Miniatures in the manuscripts of the Decretum Gratiani,
Studia Gratiana, Roma 1975.
Nel libro, è citata come Ms. lat. 3898, f. 397.
_La stampa citata sopra, con il toro e la falce di luna, proviene dai Commentaria de antiquis scalptoribus del Bracci, Firenze 1784,
ed è consultabile su Google Libri.
_L'incisione (1678) con il Trionfo di Bacco su carro (terza immagine del post) fu realizzata sulla base di un affresco di Annibale Carraci.
Rimando a questo link per tutti i riferimenti.
_L'Opera integrale del Romanum museum... si può consultare su GoogleLibri.
_L'acquerello della Bonnecaze con il carro del dio Soma è visibile, scansionato ad alta risoluzione, in Wikimedia Commons.
Nel sito Monster Brains sono visibili i suoi deliziosi acquerelli sul tema del 'Krewe of Proteus'.
Note al testo ---
[1] Cfr. Pierre Saintyves, L'Origine del culto dei Santi, Eleusi Edizioni, Perugia 2015, p. 32.
[2] Cfr. Robert Graves, I Miti Greci, Longanesi, Milano 1999, nota 5 a p. 48 e nota 1 a p. 172.
[3] « [...] bovem emeret qui lunae signum in latere haberet ».
Cfr. Gaius Julius Hyginus, Fabulae [178] –mito di Europa.
giovedì 4 febbraio 2021
Il Vaticano: l'antico tempio degli Indovini. Vaticinare prima del Papa.
Lo scrittore latino Aulo Gellio nelle 'Noctes Atticae' ci racconta, nel Libro Sedicesimo, che nell'antica Roma esistesse una zona così sacra da essere la residenza degli indovini.
Si chiamava Vaticano, ed era appunto consacrata al dio delle nascite Vaticanus...
« Avevo inteso dire che la regione Vaticana e il dio che vi presiede ricevessero tal nome dai vaticini che vengono fatti in quella regione per il potere e l'ispirazione di quel dio.
Ma oltre a questa ragione Marco Varrone dice che vi è un'altra etimologia di tal nome.
Nei libri 'Antichità divine' scrive:
"Infatti, il dio Vaticano ebbe tal nome perché presiede ai primi suoni della vita umana; i bimbi infatti, appena son venuti al mondo, emettono come primo suono la prima sillaba della parola vaticanus, donde il 'vagire', che rappresenta il suono della voce del bimbo appena nato. » [1]
L'incisore padovano Girolamo Porro, illustrando i Vaticinia sive Prophetiæ dell'abate Gioacchino da Fiore nel 1600, giocò su questa continuità storica creando un divertente papa 'vaticinatore'.
Malgrado la Chiesa si sia appropriata nei secoli di luoghi e funzioni degli antichi indovini, infatti, i suoi predicatori ne hanno spesso condannato le pratiche!
Proprio i predicatori francescani furono tra i più assidui avversari dei riti paganeggianti, nei sermoni...
« [...] secondo Bernardino da Siena, "dice colui che è servo di Dio:
'Io voglio solamente credare in lui e non voglio credare alli incanti né a le fantasie:
io voglio tenere quello che tiene la santa Chiesa. » [2]
Nel romanzo 'La figlia della Luna', scritto nel 1917, il mago inglese Aleister Crowley faceva un'osservazione molto puntuale su questa ambiguità della Chiesa...
« La messa è una cerimonia magica compiuta allo scopo di conferire a una sostanza materiale una virtù divina;
ma non c'è nessuna differenza materiale tra un'ostia consacrata ed una non consacrata.
Eppure c'è una differenza enorme nella reazione morale del comunicando.
Ben sapendo che il suo principale sacramento è soltanto uno tra gli innumerevoli esperimenti possibili nella magia talismanica, la Chiesa non ha mai negato la realtà di quell'Arte, ma ha trattato come rivali i suoi esponenti.
Non osa tagliare il ramo su cui sta seduta. » [3]
➔ Sull'uso (clandestino) della magia nel Clero, vedi:
L'astrolabio e i maghi che leggono il Cielo.
Incantare è pregare? Quando il prete diventa uno Stregone.
Nota alle immagini ---
_Il libro dei Vaticinia è integralmente consultabile su Google Libri.
Sopra, ne riporto il frontespizio.
Considerando l'astrusità delle 'profezie' che il disegnatore doveva illustrare, le sue incisioni rasentano il genio!
Note al testo ---
[1] Cfr. Aulo Gellio, Notti Attiche, Rizzoli Bur, Milano 1997, Libro Sedicesimo, XVII, p. 1125.
Ho citato il passo sull'ager Vaticanus anche all'inizio del saggio breve Orge Sacre: il vino di Bacco e il sangue di Osiride, per introdurre il tema della continuità tra devozione pagana e fede cristiana.
[2] Cfr. Marina Montesano, "Supra acqua et supra ad vento": superstizioni, maleficia e incantamenta nei predicatori francescani Osservanti, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma, 1999, p. 22.
[3] Cfr. Aleister Crowley, La figlia della Luna, Edizioni Arktos, Torino 1983, p. 117.
Si chiamava Vaticano, ed era appunto consacrata al dio delle nascite Vaticanus...
« Avevo inteso dire che la regione Vaticana e il dio che vi presiede ricevessero tal nome dai vaticini che vengono fatti in quella regione per il potere e l'ispirazione di quel dio.
Ma oltre a questa ragione Marco Varrone dice che vi è un'altra etimologia di tal nome.
Nei libri 'Antichità divine' scrive:
"Infatti, il dio Vaticano ebbe tal nome perché presiede ai primi suoni della vita umana; i bimbi infatti, appena son venuti al mondo, emettono come primo suono la prima sillaba della parola vaticanus, donde il 'vagire', che rappresenta il suono della voce del bimbo appena nato. » [1]
L'incisore padovano Girolamo Porro, illustrando i Vaticinia sive Prophetiæ dell'abate Gioacchino da Fiore nel 1600, giocò su questa continuità storica creando un divertente papa 'vaticinatore'.
Malgrado la Chiesa si sia appropriata nei secoli di luoghi e funzioni degli antichi indovini, infatti, i suoi predicatori ne hanno spesso condannato le pratiche!
Proprio i predicatori francescani furono tra i più assidui avversari dei riti paganeggianti, nei sermoni...
« [...] secondo Bernardino da Siena, "dice colui che è servo di Dio:
'Io voglio solamente credare in lui e non voglio credare alli incanti né a le fantasie:
io voglio tenere quello che tiene la santa Chiesa. » [2]
Nel romanzo 'La figlia della Luna', scritto nel 1917, il mago inglese Aleister Crowley faceva un'osservazione molto puntuale su questa ambiguità della Chiesa...
« La messa è una cerimonia magica compiuta allo scopo di conferire a una sostanza materiale una virtù divina;
ma non c'è nessuna differenza materiale tra un'ostia consacrata ed una non consacrata.
Eppure c'è una differenza enorme nella reazione morale del comunicando.
Ben sapendo che il suo principale sacramento è soltanto uno tra gli innumerevoli esperimenti possibili nella magia talismanica, la Chiesa non ha mai negato la realtà di quell'Arte, ma ha trattato come rivali i suoi esponenti.
Non osa tagliare il ramo su cui sta seduta. » [3]
➔ Sull'uso (clandestino) della magia nel Clero, vedi:
L'astrolabio e i maghi che leggono il Cielo.
Incantare è pregare? Quando il prete diventa uno Stregone.
Nota alle immagini ---
_Il libro dei Vaticinia è integralmente consultabile su Google Libri.
Sopra, ne riporto il frontespizio.
Considerando l'astrusità delle 'profezie' che il disegnatore doveva illustrare, le sue incisioni rasentano il genio!
Note al testo ---
[1] Cfr. Aulo Gellio, Notti Attiche, Rizzoli Bur, Milano 1997, Libro Sedicesimo, XVII, p. 1125.
Ho citato il passo sull'ager Vaticanus anche all'inizio del saggio breve Orge Sacre: il vino di Bacco e il sangue di Osiride, per introdurre il tema della continuità tra devozione pagana e fede cristiana.
[2] Cfr. Marina Montesano, "Supra acqua et supra ad vento": superstizioni, maleficia e incantamenta nei predicatori francescani Osservanti, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma, 1999, p. 22.
[3] Cfr. Aleister Crowley, La figlia della Luna, Edizioni Arktos, Torino 1983, p. 117.
lunedì 25 gennaio 2021
L'Oracolo del cerchio: una divinazione ballata nei Fioretti di san Francesco.
Il culto di san Francesco si era sviluppato nei borghi come nelle campagne (i pagi dell'antica Roma).
Francesco stesso, di estrazione borghigiana, era espressione di una cultura popolaresca e 'paganeggiante'.
Non stupiamoci di trovare nelle Fonti Francescane tracce di superstizioni e arcaici riti apotropaici!
Come quando, nei Fioretti [1], Francesco giunge ad un trivio ed è indeciso sulla strada da prendere: Roma, Arezzo o Siena?
Da allora un ordine preciso al Suo compagno di strada inseparabile, nonché amante, frate Masseo [vedi nota e approfondimento sotto].
Masseo farà una giravolta vorticosa su se stesso.
È l'invasamento provocato dal girare in cerchio:
in base al verso in cui finisca il giro, Dio rivelerà la Sua volontà...
« Risponde santo Francesco: "Al segnale ch'io ti mostrerò, onde io ti comando per lo merito della santa obbedienza, che in questo trivio, nello luogo ove tu tieni i piedi, t'aggiri intorno, intorno, come fanno i fanciulli, e non ristare di volgerti s'io non tel dico".
Allora frate Masseo incominciò a volgersi in giro; e tanto si volse, che per la vertigine del capo, la quale si suole generare per cotale girare, egli cadde più volte in terra [...]
Alla fine, quando si volgeva forte, disse santo Francesco: "Sta' fermo e non ti muovere". Ed egli stette; e santo Francesco il domanda: "Inverso che parte tieni la faccia?"
Risponde frate Masseo: "Inverso Siena".
Disse santo Francesco: "Quella è la via per la quale Iddio vuole che a noi andiamo. » [ff 1839]
Nel Medioevo, la Magia era così radicata che una pratica giocosa come girare in tondo poteva indicare la Volontà divina!
Lutero, secoli dopo, inorridirà davanti a questi usi del volgo superstizioso, che poco avevano a che fare con la spiritualità pura dei Vangeli.
Il suo disgusto verso la cultura popolaresca e le sue ricadute magiche, si saldavano al rancore verso la società italiana.
Nei Discorsi a tavola, lo diceva a chiare lettere:
« Grande è la cecità e la superstizione degl'Italiani, perché per i colpi hanno più paura di sant'Antonio e di san Sebastiano che di Cristo.
Perciò se uno vuole conservar pulito un posto, perché non ci si pisci, come fanno gl'Italiani alla maniera dei cani, ci dipinga su un'immagine di sant'Antonio con la punta di legno e questa immagine scaccia quelli che stanno per pisciare.
Insomma l'Italia è tutta una superstizione, e gl'italiani vivono soltanto nelle superstizioni senza la parola di Dio e senza la predicazione; hanno solo una gran paura delle ferite corporali e delle disgrazie. » [2]
➔ Cerchio magico usato dalle streghe:
Anelli di protezione: "In questo cerchio v'è una strega..."
◉ Un libro sul rito magico del girare in cerchio ---
Pierre Saintyves spiegava bene, ai primi del '900, quale fosse il senso di queste pratiche magiche danzate:
« La maggior parte delle danze popolari in cerchio hanno un'origine rituale:
i loro canti sono degli incantesimi dal potere magico.
La danza in tondo è una cerimonia di circumambulazione, è un accerchiamento, così come specifica bene la parola inglese circling che designa questo tipo di danza, bensì un accerchiamento mistico.
Le danze circolari sono eminentemente creazioni dell'antico spirito magico-religioso. »
Cfr. Pierre Saintyves, Liturgie popolari. Le origini magiche del Girotondo, traduzione di Michela Pazzaglia, Eleusi Edizioni,
Perugia 2018, p. 20.
◉ Vedi anche il relativo post:
Liturgie popolari: le origini magiche del Girotondo.
Frate Masseo: compagno inseparabile ed amante occasionale ---
Le fonti descrivono spesso il rapporto elettivo che univa Francesco a Masseo, suo compagno di strada e di preghiera, di cui Francesco lodava spesso l'avvenenza fisica.
◉ Al seguente link raccolsi i passi in cui il loro rapporto è tratteggiato, fino all'ardore serafico narrato nei Fioretti:
San Francesco e l'omosessualità:
i vizi di un buongustaio.
Divinazioni nelle Fonti Francescane ---
Questa divinazione fatta girando su se stesso è un caso eccezionale nelle Fonti.
Più frequenti sono, invece, i casi di bibliomanzia:
divinazione fatta aprendo, a caso, le Scritture.
Oltre al famoso episodio de La Verna, la Leggenda dei Tre Compagni ce ne racconta una particolarmete famosa:
la divinazione fatta da Francesco, ancora giovane, con il compagno Bernardo:
« Sul far del giorno si alzarono e con un altro uomo di nome Pietro [Cattani, primo compagno di Francesco insieme a Bernardo, n.d.a.] che egualmente desiderava diventare loro fratello, si recarono alla chiesa di San Niccolò, vicina alla piazza della città di Assisi.
Finita la preghiera, il beato Francesco prese il libro ancora chiuso e, inginocchiandosi davanti all'altare, lo aprì. »
[ff 1430-1431]
Note alle immagini ---
_Le due immagini all'inizio del post, presentano a margine del testo danzatrici e danzatori (con indosso maschere animali).
Il manoscritto è il Romanzo di Alessandro dalla Bodleian Library di Oxford: MS. Bodl. 264, fol. 110 recto.
_L'immagine in conclusione, è un Girotondo tratto dalla Lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Brueghel (1559) visibile anche su Wikipedia: il dettaglio è nella parte alta del dipinto.
Note al testo ---
[1] Il passo citato si trova nei Fioretti al Capitolo XI:
« Come sancto Francesco fece aggirare intorno intorno più volte frate Masseo, e poi n'andò a Siena ».
[2] Cfr. Martin Lutero, Discorsi a tavola, Einaudi, Torino 1969,
p. 243. Il discorso è citato anche da Piero Camporesi, Introduzione a Il Libro dei vagabondi, Einaudi, Torino 1973, p. XLVI.
[3] La traduzione che seguo è sempre:
Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004.
Francesco stesso, di estrazione borghigiana, era espressione di una cultura popolaresca e 'paganeggiante'.
Non stupiamoci di trovare nelle Fonti Francescane tracce di superstizioni e arcaici riti apotropaici!
Come quando, nei Fioretti [1], Francesco giunge ad un trivio ed è indeciso sulla strada da prendere: Roma, Arezzo o Siena?
Da allora un ordine preciso al Suo compagno di strada inseparabile, nonché amante, frate Masseo [vedi nota e approfondimento sotto].
Masseo farà una giravolta vorticosa su se stesso.
È l'invasamento provocato dal girare in cerchio:
in base al verso in cui finisca il giro, Dio rivelerà la Sua volontà...
« Risponde santo Francesco: "Al segnale ch'io ti mostrerò, onde io ti comando per lo merito della santa obbedienza, che in questo trivio, nello luogo ove tu tieni i piedi, t'aggiri intorno, intorno, come fanno i fanciulli, e non ristare di volgerti s'io non tel dico".
Allora frate Masseo incominciò a volgersi in giro; e tanto si volse, che per la vertigine del capo, la quale si suole generare per cotale girare, egli cadde più volte in terra [...]
Alla fine, quando si volgeva forte, disse santo Francesco: "Sta' fermo e non ti muovere". Ed egli stette; e santo Francesco il domanda: "Inverso che parte tieni la faccia?"
Risponde frate Masseo: "Inverso Siena".
Disse santo Francesco: "Quella è la via per la quale Iddio vuole che a noi andiamo. » [ff 1839]
Nel Medioevo, la Magia era così radicata che una pratica giocosa come girare in tondo poteva indicare la Volontà divina!
Lutero, secoli dopo, inorridirà davanti a questi usi del volgo superstizioso, che poco avevano a che fare con la spiritualità pura dei Vangeli.
Il suo disgusto verso la cultura popolaresca e le sue ricadute magiche, si saldavano al rancore verso la società italiana.
Nei Discorsi a tavola, lo diceva a chiare lettere:
« Grande è la cecità e la superstizione degl'Italiani, perché per i colpi hanno più paura di sant'Antonio e di san Sebastiano che di Cristo.
Perciò se uno vuole conservar pulito un posto, perché non ci si pisci, come fanno gl'Italiani alla maniera dei cani, ci dipinga su un'immagine di sant'Antonio con la punta di legno e questa immagine scaccia quelli che stanno per pisciare.
Insomma l'Italia è tutta una superstizione, e gl'italiani vivono soltanto nelle superstizioni senza la parola di Dio e senza la predicazione; hanno solo una gran paura delle ferite corporali e delle disgrazie. » [2]
➔ Cerchio magico usato dalle streghe:
Anelli di protezione: "In questo cerchio v'è una strega..."
◉ Un libro sul rito magico del girare in cerchio ---
Pierre Saintyves spiegava bene, ai primi del '900, quale fosse il senso di queste pratiche magiche danzate:
« La maggior parte delle danze popolari in cerchio hanno un'origine rituale:
i loro canti sono degli incantesimi dal potere magico.
La danza in tondo è una cerimonia di circumambulazione, è un accerchiamento, così come specifica bene la parola inglese circling che designa questo tipo di danza, bensì un accerchiamento mistico.
Le danze circolari sono eminentemente creazioni dell'antico spirito magico-religioso. »
Cfr. Pierre Saintyves, Liturgie popolari. Le origini magiche del Girotondo, traduzione di Michela Pazzaglia, Eleusi Edizioni,
Perugia 2018, p. 20.
◉ Vedi anche il relativo post:
Liturgie popolari: le origini magiche del Girotondo.
Frate Masseo: compagno inseparabile ed amante occasionale ---
Le fonti descrivono spesso il rapporto elettivo che univa Francesco a Masseo, suo compagno di strada e di preghiera, di cui Francesco lodava spesso l'avvenenza fisica.
◉ Al seguente link raccolsi i passi in cui il loro rapporto è tratteggiato, fino all'ardore serafico narrato nei Fioretti:
San Francesco e l'omosessualità:
i vizi di un buongustaio.
Divinazioni nelle Fonti Francescane ---
Questa divinazione fatta girando su se stesso è un caso eccezionale nelle Fonti.
Più frequenti sono, invece, i casi di bibliomanzia:
divinazione fatta aprendo, a caso, le Scritture.
Oltre al famoso episodio de La Verna, la Leggenda dei Tre Compagni ce ne racconta una particolarmete famosa:
la divinazione fatta da Francesco, ancora giovane, con il compagno Bernardo:
« Sul far del giorno si alzarono e con un altro uomo di nome Pietro [Cattani, primo compagno di Francesco insieme a Bernardo, n.d.a.] che egualmente desiderava diventare loro fratello, si recarono alla chiesa di San Niccolò, vicina alla piazza della città di Assisi.
Finita la preghiera, il beato Francesco prese il libro ancora chiuso e, inginocchiandosi davanti all'altare, lo aprì. »
[ff 1430-1431]
Note alle immagini ---
_Le due immagini all'inizio del post, presentano a margine del testo danzatrici e danzatori (con indosso maschere animali).
Il manoscritto è il Romanzo di Alessandro dalla Bodleian Library di Oxford: MS. Bodl. 264, fol. 110 recto.
_L'immagine in conclusione, è un Girotondo tratto dalla Lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Brueghel (1559) visibile anche su Wikipedia: il dettaglio è nella parte alta del dipinto.
Note al testo ---
[1] Il passo citato si trova nei Fioretti al Capitolo XI:
« Come sancto Francesco fece aggirare intorno intorno più volte frate Masseo, e poi n'andò a Siena ».
[2] Cfr. Martin Lutero, Discorsi a tavola, Einaudi, Torino 1969,
p. 243. Il discorso è citato anche da Piero Camporesi, Introduzione a Il Libro dei vagabondi, Einaudi, Torino 1973, p. XLVI.
[3] La traduzione che seguo è sempre:
Fonti Francescane, Editrici Francescane, Padova 2004.
lunedì 4 gennaio 2021
Il culto Solare nel vestito di Cenerentola...
L'etnografo francese Pierre Saintyves, in un capitolo del suo libro sui riti stagionali nei Contes di Perrault e nel Cunto di Basile [1], spiegava come Cenerentola, recandosi al gran Ballo di Corte, proclamasse l'ingresso nel Regno della luce...
« In molte versioni, quando l'eroina si reca al ballo, canta un ritornello di carattere nettamente stagionale:
Davanti a me la luce /
Dietro di me l'oscurità
O ancora:
Davanti il chiarore /
Dietro il buio. » [1]
Questa dichiarazione aveva un preciso significato rituale:
Cenerentola era la sguattera-regina che impersonava la luce del nuovo Anno: il suo vestito, pieno di gioielli in forma di Sole,
ne era la chiara prova.
Saintyves lo spiegava bene due pagine prima:
«[...] la sua vera natura si rivela: risplende di bellezza e indossa abiti lucenti. » [1]
Nel mito di Cenerentola, spiegava Saintyves, era adombrata la resurrezione del Sole dalle 'ceneri' della Quaresima, in cui si era bruciato simbolicamente il vecchio Anno.
Nella trasposizione della Gatta Cenerentola, portata in scena negli anni Ottanta e Novanta dal regista napoletano Roberto De Simone, il soprano Maria Grazia Schiavo sfoggiava dei monili stellati, e il suo trono era sormontato da un grande disco solare. Ne La Bella Addormentata e le sue Sorelle, scrivendo delle "Sorelle liturgiche" della Bella che condividevano con Lei il motivo della Rinascita stagionale, cercai di riassumere questa allegoria...
« La nascita dell'astro solare non era celebrata solo nel giorno di Natale (quello che i Romani chiamavano Dies Solis Invicti, il fatidico Solstizio d'Inverno), ma nei mesi successivi a questa data era tutto un succedersi di festività e processioni sacre che, sotto il velo di allegorie mariane tollerate dalla Chiesa, serbavano tracce degli antichi riti di evocazione.
Un esempio lampante è Candelora, festa della Purificazione della Vergine, che cadeva il primo febbbraio e si festeggiava con processioni a lume di candela che rievocavano i riti celtici di Imbolc (2 febbraio). » [2]
La sovrapposizione tra l'avvento del nuovo Sole e le celebrazioni per la Vergine si capisce bene confrontando il vestito di Cenerentola con quello della Madonna nell'Iconografia mariana.
È il caso della Genealogia della Vergine o Albero di Jesse –padre del Re d'Israele Davide, di cui Cristo era l'ultimo discendente.
Il pittore gotico umbro Matteo da Gualdo dipinse la tavola nel 1496:
è conservata presso la Pinacoteca della Rocca Flea di Gualdo...
Sul vestito di Maria campeggiano ancora i diademi solari:
non è una semplice coincidenza!
Nel catalogo della mostra dei primi anni 2000 su Matteo da Gualdo e il Rinascimento 'eccentrico' [3], si accennava a questa precisa simbologia della Madre "solare"...
« Sulla sommità del tronco [...] si erge la Vergine, con la veste trapunta di stelle e raggi solari che creano come una "mandorla" di luce intorno al suo corpo sottile. » [3]
Stesso simbolismo in un'altra tavola con la Genealogia della Vergine del pittore tardogotico pisano Paolo Schiavo Battista di Gerio.
Il fondo nero serve a far splendere ancora più la coppia mistica...
Come Cenerentola nelle Favole, anche la Madonna porta sul Suo corpo il Sole.
Il Suo avvento è decisivo per la levata dell'Astro.
Lo mostrava bene una miniatura a tutta pagina dai Rothschild Canticles presente alla Yale University (Connecticut, USA).
Da notare la mezza luna su cui la Madonna è assisa:
il Sole è così grande che ne copre (quasi) tutto il vestito!
Un post correllato sul mito di Cenerentola ---
Alla base della rinascita dell'Anno c'è il culto di San Valentino: come Santo degli Amori all'inizio dell'Anno (15 febbraio), propiziava il Risveglio primaverile.
Saintyves ne parlava citando la festa francese della Regina dei lavatoi, una curiosa usanza francese d'inizio primavera, legata alla Rinascita primaverile e agli Amori di san Valentino:
I devoti di San Valentino e il corteo di Cenerentola.
Feste Mariane per propiziare la rinascita del Sole ---
Dalla Purificazione della Vergine (Candelora) all'Annunciazione di Maria, un post che avevo dedicato al tema delle feste pagane per la rinascita del Sole, dal primo febbraio all'equinozio di Primavera:
Da Imbolc all'Annunciazione di Maria:
le feste per la nuova nascita del Sole.
Il culto delle Fate nella tradizione umbra, e nel Santuario francesco della Verna ---
Quando si adoravano le Fate:
all'origine dei culti mariani...
Un libro sull'epifania Solare nelle fiabe italiane e francesi ---
Puoi visualizzarne un'anteprima qui oppure ordinarlo dalla pagina delle Edizioni Eleusi.
Nota alle immagini ---
Per vedere la sequenza di Cenerentola con i diademi solari, presente nello spettacolo di Roberto de Simone, fai un click qui.
Sarai reindirizzato al video caricato su YouTube.
Note al testo ---
[1] Cfr. Pierre Saintyves, Les Contes de Perrault et les récits parallèles, Paris, Nourry, 1923, pp. 122 e 124.
« [...] Lumière devant moi, / Obscurité derrière moi.
Ou encore:
Blancheur devant / Noirceur derrière. »
« [...] elle apparait resplendissante de beauté et vêtue de robes lumineuses. »
Il libro originale si può consultare su Google Libri.
[2] Cfr. La Bella Addormentata e le sue Sorelle. Da uno studio di Pierre Saintyves sul Culto delle Fate, a cura di Andrea Armati e Michela Pazzaglia, Eleusi, Perugia 2013, p. 23.
[3] Cfr. Pierluigi de Vecchi, Scheda in Matteo da Gualdo: Rinascimento eccentrico tra Umbria e Marche, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello, 2004, p. 95.
« In molte versioni, quando l'eroina si reca al ballo, canta un ritornello di carattere nettamente stagionale:
Dietro di me l'oscurità
Dietro il buio. » [1]
Questa dichiarazione aveva un preciso significato rituale:
Cenerentola era la sguattera-regina che impersonava la luce del nuovo Anno: il suo vestito, pieno di gioielli in forma di Sole,
ne era la chiara prova.
Saintyves lo spiegava bene due pagine prima:
«[...] la sua vera natura si rivela: risplende di bellezza e indossa abiti lucenti. » [1]
Nella trasposizione della Gatta Cenerentola, portata in scena negli anni Ottanta e Novanta dal regista napoletano Roberto De Simone, il soprano Maria Grazia Schiavo sfoggiava dei monili stellati, e il suo trono era sormontato da un grande disco solare. Ne La Bella Addormentata e le sue Sorelle, scrivendo delle "Sorelle liturgiche" della Bella che condividevano con Lei il motivo della Rinascita stagionale, cercai di riassumere questa allegoria...
« La nascita dell'astro solare non era celebrata solo nel giorno di Natale (quello che i Romani chiamavano Dies Solis Invicti, il fatidico Solstizio d'Inverno), ma nei mesi successivi a questa data era tutto un succedersi di festività e processioni sacre che, sotto il velo di allegorie mariane tollerate dalla Chiesa, serbavano tracce degli antichi riti di evocazione.
Un esempio lampante è Candelora, festa della Purificazione della Vergine, che cadeva il primo febbbraio e si festeggiava con processioni a lume di candela che rievocavano i riti celtici di Imbolc (2 febbraio). » [2]
La sovrapposizione tra l'avvento del nuovo Sole e le celebrazioni per la Vergine si capisce bene confrontando il vestito di Cenerentola con quello della Madonna nell'Iconografia mariana.
È il caso della Genealogia della Vergine o Albero di Jesse –padre del Re d'Israele Davide, di cui Cristo era l'ultimo discendente.
Il pittore gotico umbro Matteo da Gualdo dipinse la tavola nel 1496:
è conservata presso la Pinacoteca della Rocca Flea di Gualdo...
Sul vestito di Maria campeggiano ancora i diademi solari:
non è una semplice coincidenza!
Nel catalogo della mostra dei primi anni 2000 su Matteo da Gualdo e il Rinascimento 'eccentrico' [3], si accennava a questa precisa simbologia della Madre "solare"...
« Sulla sommità del tronco [...] si erge la Vergine, con la veste trapunta di stelle e raggi solari che creano come una "mandorla" di luce intorno al suo corpo sottile. » [3]
Stesso simbolismo in un'altra tavola con la Genealogia della Vergine del pittore tardogotico pisano Paolo Schiavo Battista di Gerio.
Il fondo nero serve a far splendere ancora più la coppia mistica...
Come Cenerentola nelle Favole, anche la Madonna porta sul Suo corpo il Sole.
Il Suo avvento è decisivo per la levata dell'Astro.
Lo mostrava bene una miniatura a tutta pagina dai Rothschild Canticles presente alla Yale University (Connecticut, USA).
Da notare la mezza luna su cui la Madonna è assisa:
il Sole è così grande che ne copre (quasi) tutto il vestito!
Un post correllato sul mito di Cenerentola ---
Alla base della rinascita dell'Anno c'è il culto di San Valentino: come Santo degli Amori all'inizio dell'Anno (15 febbraio), propiziava il Risveglio primaverile.
Saintyves ne parlava citando la festa francese della Regina dei lavatoi, una curiosa usanza francese d'inizio primavera, legata alla Rinascita primaverile e agli Amori di san Valentino:
I devoti di San Valentino e il corteo di Cenerentola.
Feste Mariane per propiziare la rinascita del Sole ---
Dalla Purificazione della Vergine (Candelora) all'Annunciazione di Maria, un post che avevo dedicato al tema delle feste pagane per la rinascita del Sole, dal primo febbraio all'equinozio di Primavera:
Da Imbolc all'Annunciazione di Maria:
le feste per la nuova nascita del Sole.
Il culto delle Fate nella tradizione umbra, e nel Santuario francesco della Verna ---
Quando si adoravano le Fate:
all'origine dei culti mariani...
Un libro sull'epifania Solare nelle fiabe italiane e francesi ---
Puoi visualizzarne un'anteprima qui oppure ordinarlo dalla pagina delle Edizioni Eleusi.
Nota alle immagini ---
Per vedere la sequenza di Cenerentola con i diademi solari, presente nello spettacolo di Roberto de Simone, fai un click qui.
Sarai reindirizzato al video caricato su YouTube.
Note al testo ---
[1] Cfr. Pierre Saintyves, Les Contes de Perrault et les récits parallèles, Paris, Nourry, 1923, pp. 122 e 124.
« [...] Lumière devant moi, / Obscurité derrière moi.
Ou encore:
Blancheur devant / Noirceur derrière. »
« [...] elle apparait resplendissante de beauté et vêtue de robes lumineuses. »
Il libro originale si può consultare su Google Libri.
[2] Cfr. La Bella Addormentata e le sue Sorelle. Da uno studio di Pierre Saintyves sul Culto delle Fate, a cura di Andrea Armati e Michela Pazzaglia, Eleusi, Perugia 2013, p. 23.
[3] Cfr. Pierluigi de Vecchi, Scheda in Matteo da Gualdo: Rinascimento eccentrico tra Umbria e Marche, Electa Editori Umbri Associati, Città di Castello, 2004, p. 95.
venerdì 4 dicembre 2020
Il serpente paredro della Dea Madre: i capitelli della chiesa di San Filippo Neri a Perugia.
La chiesa perugina di San Filippo Neri conserva una traccia molto preziosa, e quasi impercettibile, dell'antico culto serpentino reso alla Dea.
Sui capitelli corinzi della facciata si notano dei medaglioni con il serpente scolpito a rilievo: cosa ci fanno 10 serpentelli all'ingresso di una chiesa?
Quello filippino, prima di tutto, è un culto mariano:
grazie all'intercessione della Vergine, Filippo riesce a neutralizzare gli attacchi del diavolo.
Specie quando Egli assume la forma di un serpente, come apprendiamo dalla Vita di san Filippo Neri fiorentino (1646), leggiucchiando a pagina 143...
« Finalmente ricorrendo l'astuto serpente all'ultimo rimedio della disperazione, gli apparve visibilmente: e ponendosegli davanti agli occhi con aspetto terribile, e fiero l'impaurì in tal guisa che si cangiò tutto nel viso e con gli occhi spaventati guardando hor qua, hor là, non trovava per la paura luogo, né riposo alcuno. » [1]
Questo racconto agiografico è la fotocopia di un mito pagano.
Quale? San Filippo sconfigge il serpente e ne ostenta l'effigie sulla facciata del Suo tempio, come fosse un trofeo:
così aveva già fatto, nel mito greco, Apollo con il serpente Pitone annettendosi l'Oracolo della Pizia.
Gli Inni Omerici esaltavano l'impresa del dio, che da allora fu detto Apollo Pizio...
« [...] e per questo ora Pito si chiama così, e il dio
conserva l'appellativo di Pizio, perché lì
la forza di Elios ardente fece imputridire il mostro. » [2]
Luigi Ademolo, in una deliziosa incisione ottocentesca, raffigurava Apollo nell'atto di uccidere il (terribile!) mostro...
Il serpente era il guardiano dell'Oracolo pitico della Dea:
gli Elleni che professavano il culto di Apollo lo demonizzarono, abbattendo un presidio del potere Matriarcale.
Robert Graves spiega tutta la dinamica:
« Pare che certi Elleni del Nord [...] invadessero la Grecia centrale e il Peloponneso, dove la loro avanzata fu ostacolata dai pre-Ellenici seguaci della Madre Terra: ma gli Elleni li sconfissero e occuparono i loro principali templi oracolari.
[...] Per placare l'opinione pubblica a Delfi furono istituiti solenni giochi funebri in onore del morto eroe Pitone e la loro sacerdotessa venne mantenuta in carica. » [3]
Anche nel mondo italico, il serpente era strettamente legato ai culti femminili: la dea romana Igea era solo l'ultima ad ostentarlo.
Nella devozione popolare, l'immagine di una donna Nutrice che sfamava i serpenti persistette nel MedioEvo:
vedi il caso di santa Verdiana da Castelfiorentino.
I predicatori dell'Oratorio di San Filippo Neri furono gli ultimi a sfruttare l'associazione della Dea al mostro serpentino:
basta varcare la soglia della chiesa perugina 'dei serpenti', e rivolgersi verso l'altare maggiore...
Qui vediamo una Madonna assisa sulla mezza Luna e su un drago, Suo attributo di potere.
Come Apollo nel mito antico, anche san Filippo si è appropriato del serpente: antico emblema della Dea.
◉ La lotta tra Marduk e la dea Serpente Tiamat ---
L'associazione tra donna e serpente è antichissima.
Il mondo greco aveva ripreso questa idea del Serpente, paredro della Dea Madre, dalla mitologia sumera.
Anche qui il suo abbattimento era opera di un dio maschile:
Robert Graves interpretava tutta la storia come l'affermazione del potere patriarcale sul culto matrifocale serpentino:
« Le tavolette che illustrano l'epopea di Gilgamesh risalgono a epoca più tarda e hanno un significato equivoco: alla "splendida madre dell'abisso", si attribuisce il merito di aver creato ogni cosa ("Aruru" è uno dei molti appellativi della dea) e il tema principale dell'epopea è la ribellione degli dèi del nuovo ordine patriarcale contro l'ordine matriarcale.
Marduk, il dio della città di Babilonia, riesce a sconfiggere la dea che lo affronta sotto la forma del serpente marino Tiamat.
Marduk annuncia poi spavaldamente che egli e nessun altro ha creato le erbe, le terre, i fiumi, gli animali, e il genere umano. »
Cfr. Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano 1999, p. 28 [4,5].
Nota: la lotta tra Marduk e il serpente Tiamat è narrata nel poema babilonese della Creazione Enūma Eliš:
Alberto Elli al seguente link fornisce una preziosa traduzione alle tavolette in cuneiforme.
◉ Il Medioevo fece proprio un motivo dominante del mondo antico:
l'associazione tra la donna e il Serpente, come in queste miniature realizzate da Robinet Testard per un Libro d'Ore (1480-1496) dalla Bnf di Parigi [Latin 1173].
Nella prima miniatura [3r], qui sopra, il serpentello-draghetto si aggrappa al corpo della donna, mordendola all'altezza del seno.
Nella seconda miniatura [folio 5 recto] il corpo del serpente, attorcigliandosi, forma con la donna la lettera maiuscola R ...
◉ Sul potere primitivo della Madre, e la conquista violenta dei sacerdoti di Apollo, vedi:
Signora della Luce? Apollo: il Sorcio distruttore.
◉ Tre post sulla lotta tra i predicatori umbri e il Drago ---
I santi umbri sono fieri combattenti contro il drago pagano:
le loro gesta si trovano scolpite, in particolare, su due portali romanici:
_Il vescovo e il drago: una battaglia per immagini alla chiesa di San Giovanni Profiamma.
_Boschi sacri: l'ascia di san Felice all'abbazia di Sant'Anatolia di Narco.
_Il drago a difesa della Madre: la falsificazione di un mito pagano.
Note alle immagini ---
_Le miniature qui sopra provengono dal Libro d'Ore "ad usum Parisiensem", chiamato anche Heures de Charles d'Angoulême: per visualizzare la pagina, fai click qui.
_ Apollo che uccide il serpente Pitone è un'incisione di metà '800 del pittore milanese Luigi Ademolo.
Per tutti i riferimenti, leggi qui.
_ La Madonna in ascensione sul drago, è opera del pittore Pietro da Cortona del 1662.
Si trova citata, con tanto di resoconto sulla sua committenza, in Perugia. Guide Electa Umbria, a cura di Massimo Montella, Electa Editori Umbri Associati, 1993, p. 149:
« A dì 9 luglio [1662] arrivò il quadro dell'Altar Maggiore, tanto desiderato, fatto dall'insigne pittore Pietro da Cortona e dalla molta benignità del Marchese Capponi.
Gli furono pagati 350 scudi [...]. »
Note al testo ---
[1] Cfr. Vita di S. Filippo Neri fiorentino fondatore della Congregazione dell'Oratorio scritta dal p. Pietro Giacomo Bacci, in Roma, MDCXLVI.
[2] Cfr. Inni Omerici, a cura di Giuseppe Zanetto, Rizzoli BUR, Milano 1996, p. 119, vv. 372-374.
Apollodoro fornisce dello stesso mito una versione meno poetica:
« Poiché il guardiano dell'oracolo, il serpente Pitone, gli impediva di avvicinarsi alla fenditura, egli lo uccide e s'impadronisce dell'oracolo. »
Cfr. Apollodoro, Biblioteca, Libro Primo, 22.
[3] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, traduzione di Elisa Morpurgo, Longanesi 1983, p. 70 [nota 3].
Un libro e un post correlato sul Culto dei Serpenti ---
Ho citato i capitelli della chiesa perugina di San Filippo Neri nel libricino Serpenti Sacri: la Nutrice. Dalla dea Minoica a Santa Verdiana, Perugia 2019, alle pp. 82-83.
Per un confronto tra il culto pagano reso ai serpenti e la devozione per i serpenti di Santa Verdiana, vedi il relativo post:
Serpenti Sacri: la Nutrice. Dalla dea Minoica a santa Verdiana.
Sui capitelli corinzi della facciata si notano dei medaglioni con il serpente scolpito a rilievo: cosa ci fanno 10 serpentelli all'ingresso di una chiesa?
Quello filippino, prima di tutto, è un culto mariano:
grazie all'intercessione della Vergine, Filippo riesce a neutralizzare gli attacchi del diavolo.
Specie quando Egli assume la forma di un serpente, come apprendiamo dalla Vita di san Filippo Neri fiorentino (1646), leggiucchiando a pagina 143...
« Finalmente ricorrendo l'astuto serpente all'ultimo rimedio della disperazione, gli apparve visibilmente: e ponendosegli davanti agli occhi con aspetto terribile, e fiero l'impaurì in tal guisa che si cangiò tutto nel viso e con gli occhi spaventati guardando hor qua, hor là, non trovava per la paura luogo, né riposo alcuno. » [1]
Questo racconto agiografico è la fotocopia di un mito pagano.
Quale? San Filippo sconfigge il serpente e ne ostenta l'effigie sulla facciata del Suo tempio, come fosse un trofeo:
così aveva già fatto, nel mito greco, Apollo con il serpente Pitone annettendosi l'Oracolo della Pizia.
Gli Inni Omerici esaltavano l'impresa del dio, che da allora fu detto Apollo Pizio...
conserva l'appellativo di Pizio, perché lì
la forza di Elios ardente fece imputridire il mostro. » [2]
Luigi Ademolo, in una deliziosa incisione ottocentesca, raffigurava Apollo nell'atto di uccidere il (terribile!) mostro...
Il serpente era il guardiano dell'Oracolo pitico della Dea:
gli Elleni che professavano il culto di Apollo lo demonizzarono, abbattendo un presidio del potere Matriarcale.
Robert Graves spiega tutta la dinamica:
« Pare che certi Elleni del Nord [...] invadessero la Grecia centrale e il Peloponneso, dove la loro avanzata fu ostacolata dai pre-Ellenici seguaci della Madre Terra: ma gli Elleni li sconfissero e occuparono i loro principali templi oracolari.
[...] Per placare l'opinione pubblica a Delfi furono istituiti solenni giochi funebri in onore del morto eroe Pitone e la loro sacerdotessa venne mantenuta in carica. » [3]
Anche nel mondo italico, il serpente era strettamente legato ai culti femminili: la dea romana Igea era solo l'ultima ad ostentarlo.
Nella devozione popolare, l'immagine di una donna Nutrice che sfamava i serpenti persistette nel MedioEvo:
vedi il caso di santa Verdiana da Castelfiorentino.
I predicatori dell'Oratorio di San Filippo Neri furono gli ultimi a sfruttare l'associazione della Dea al mostro serpentino:
basta varcare la soglia della chiesa perugina 'dei serpenti', e rivolgersi verso l'altare maggiore...
Qui vediamo una Madonna assisa sulla mezza Luna e su un drago, Suo attributo di potere.
Come Apollo nel mito antico, anche san Filippo si è appropriato del serpente: antico emblema della Dea.
◉ La lotta tra Marduk e la dea Serpente Tiamat ---
L'associazione tra donna e serpente è antichissima.
Il mondo greco aveva ripreso questa idea del Serpente, paredro della Dea Madre, dalla mitologia sumera.
Anche qui il suo abbattimento era opera di un dio maschile:
Robert Graves interpretava tutta la storia come l'affermazione del potere patriarcale sul culto matrifocale serpentino:
« Le tavolette che illustrano l'epopea di Gilgamesh risalgono a epoca più tarda e hanno un significato equivoco: alla "splendida madre dell'abisso", si attribuisce il merito di aver creato ogni cosa ("Aruru" è uno dei molti appellativi della dea) e il tema principale dell'epopea è la ribellione degli dèi del nuovo ordine patriarcale contro l'ordine matriarcale.
Marduk, il dio della città di Babilonia, riesce a sconfiggere la dea che lo affronta sotto la forma del serpente marino Tiamat.
Marduk annuncia poi spavaldamente che egli e nessun altro ha creato le erbe, le terre, i fiumi, gli animali, e il genere umano. »
Cfr. Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano 1999, p. 28 [4,5].
Nota: la lotta tra Marduk e il serpente Tiamat è narrata nel poema babilonese della Creazione Enūma Eliš:
Alberto Elli al seguente link fornisce una preziosa traduzione alle tavolette in cuneiforme.
◉ Il Medioevo fece proprio un motivo dominante del mondo antico:
l'associazione tra la donna e il Serpente, come in queste miniature realizzate da Robinet Testard per un Libro d'Ore (1480-1496) dalla Bnf di Parigi [Latin 1173].
Nella prima miniatura [3r], qui sopra, il serpentello-draghetto si aggrappa al corpo della donna, mordendola all'altezza del seno.
Nella seconda miniatura [folio 5 recto] il corpo del serpente, attorcigliandosi, forma con la donna la lettera maiuscola R ...
◉ Sul potere primitivo della Madre, e la conquista violenta dei sacerdoti di Apollo, vedi:
Signora della Luce? Apollo: il Sorcio distruttore.
◉ Tre post sulla lotta tra i predicatori umbri e il Drago ---
I santi umbri sono fieri combattenti contro il drago pagano:
le loro gesta si trovano scolpite, in particolare, su due portali romanici:
_Il vescovo e il drago: una battaglia per immagini alla chiesa di San Giovanni Profiamma.
_Boschi sacri: l'ascia di san Felice all'abbazia di Sant'Anatolia di Narco.
_Il drago a difesa della Madre: la falsificazione di un mito pagano.
Note alle immagini ---
_Le miniature qui sopra provengono dal Libro d'Ore "ad usum Parisiensem", chiamato anche Heures de Charles d'Angoulême: per visualizzare la pagina, fai click qui.
_ Apollo che uccide il serpente Pitone è un'incisione di metà '800 del pittore milanese Luigi Ademolo.
Per tutti i riferimenti, leggi qui.
_ La Madonna in ascensione sul drago, è opera del pittore Pietro da Cortona del 1662.
Si trova citata, con tanto di resoconto sulla sua committenza, in Perugia. Guide Electa Umbria, a cura di Massimo Montella, Electa Editori Umbri Associati, 1993, p. 149:
« A dì 9 luglio [1662] arrivò il quadro dell'Altar Maggiore, tanto desiderato, fatto dall'insigne pittore Pietro da Cortona e dalla molta benignità del Marchese Capponi.
Gli furono pagati 350 scudi [...]. »
Note al testo ---
[1] Cfr. Vita di S. Filippo Neri fiorentino fondatore della Congregazione dell'Oratorio scritta dal p. Pietro Giacomo Bacci, in Roma, MDCXLVI.
[2] Cfr. Inni Omerici, a cura di Giuseppe Zanetto, Rizzoli BUR, Milano 1996, p. 119, vv. 372-374.
Apollodoro fornisce dello stesso mito una versione meno poetica:
« Poiché il guardiano dell'oracolo, il serpente Pitone, gli impediva di avvicinarsi alla fenditura, egli lo uccide e s'impadronisce dell'oracolo. »
Cfr. Apollodoro, Biblioteca, Libro Primo, 22.
[3] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, traduzione di Elisa Morpurgo, Longanesi 1983, p. 70 [nota 3].
Un libro e un post correlato sul Culto dei Serpenti ---
Ho citato i capitelli della chiesa perugina di San Filippo Neri nel libricino Serpenti Sacri: la Nutrice. Dalla dea Minoica a Santa Verdiana, Perugia 2019, alle pp. 82-83.
Per un confronto tra il culto pagano reso ai serpenti e la devozione per i serpenti di Santa Verdiana, vedi il relativo post:
Serpenti Sacri: la Nutrice. Dalla dea Minoica a santa Verdiana.
venerdì 23 ottobre 2020
Osiride e San Giusto: i due Annegati che regnavano sui Morti.
In un numero della rivista di Papirologia Aegyptus [1] del lontano 1940, si elencavano le chiese presenti ad Ossirinco tra cui un tempio intitolato a san Giusto.
Cosa mai ci faceva a sud dell'Egitto una chiesa intitolata ad un santo triestino?
San Giusto era stato legato ad una pietra dai soldati romani, e annegato nel 303 a.C. ai primi di novembre [vedi sopra e sotto].
Ma nell'Ottocento il suo martirio, a Trieste, veniva commemorato il 2 novembre, al posto della festa dei Morti.
Un giornale Istriano narra come la festa tradizionale dei Morti slittasse al giorno successivo (!), per lasciare il posto a San Giusto...
« [...] la chiesa tergestina invece trasferendo al dì terzo la commemorazione dei defunti celebra nel dì secondo il martirio di San Giusto, suo principale protettore, ed è festa di precetto in tutto il territorio di Trieste. » [2]
Ma san Giusto era davvero un santo triestino?
Padre Ireneo della Croce, nel suo trattato seicentesco Historia di Trieste, se la prendeva con tutti quelli che osassero metterlo in dubbio!
« Non capisco sopra qual fondamento appoggiato voglia levarci Gio. Candido seguito da Henrico Palladio contro l’opinione di tutti, e dell’antica e sempre continuata tradizione della Nostra Città di Trieste il suo primo protettore e Cittadino » [3]
I martirologi antichi, raccolti e pubblicati dal padre Delehaye negli Acta Sanctorum [sotto, il frontespizio del volume dedicato al mese di novembre], volevano Giusto martirizzato proprio in Africa.
« Dies secunda novembris de SS. Publio, Victore, Hermete, Papia, Justo, Vitali
Anche lo storico francese della Chiesa Victor Saxer lo notava, senza tanti giri di parole...
« In principio le fonti martiriologiche ci mettono in imbarazzo per l’abbondanza e la moltiplicazione delle loro notizie e per le loro strane informazioni su un S. Giusto africano. » [5]
Lo studioso sloveno Samo Pahor ipotizzava che il culto di San Giusto fosse stato importato dai soldati bizantini, a partire dal porto di Alessandria d'Egitto nel IV secolo...
« Due delle sue chiese istriane, quella di Trieste e quella di Galežan (Gallesano), furono costruite nell’epoca dell’occupazione bizantina, e quindi l’ipotesi che si tratti di un santo il cui culto fu importato dalle truppe bizantine, appare abbastanza reale. » [6]
Pahor nella sua tesi si riferiva ad un curioso Calendario d'Ossirinco: articolo sempre a firma del padre Delehaye, edito a Bruxelles nel 1924 negli Analecta Bollandiana...
Al 14 del mese copto di Hathor figurava appunto il nome di Giusto:
- « eis tòn...
agion Iouston »
Torniamo alla domanda iniziale: perché Giusto si venerava proprio ad Ossirinco?
Nell'Antico Egitto, Ossirinco era famosa perché lì si adorava il dio dei Morti Osiride, il cui pene smembrato dal corpo era stato mangiato dall'omonimo pesce Ossirinco.
Lo storico e sacerdote Plutarco narrava l'episodio, e spiegava come gli Egiziani avessero il terrore di quel pesce...
« L’unica parte del corpo di Osiride che Iside non riuscì a trovare fu il membro virile, perché era stato gettato per primo nel fiume, e lì l’avevano mangiato il lepidoto, il fagro e l’ossirinco, proprio quei pesci, cioè, tanto aborriti dagli Egiziani. » [7]
Alphonse Tremeau de Rochebrune in un manuale di flora e fauna africana, Toxicologie africaine (Paris, 1896-1899), mostrava nelle illustrazioni non solo il famigerato pesce di Ossirinco, ma anche gli antichi amuleti portafortuna con il pesce che gli scavi in Egitto avevano riportato alla luce...
San Giusto come era finito dalle coste egiziane fino a Trieste?
L'Ellenismo aveva associato Osiride, dio egizio dei Morti, al dio greco del vino Dioniso.
Secondo il filosofo greco Eraclito, Dioniso infatti era una cosa sola con Ade, dio greco dell'Oltretomba: per le Baccanti, non c'era differenza alcuna tra le due divinità:
« Ma lo stesso dio è Hades e Dioniso, per cui infuriano e baccheggiano. » [8]
Non è certo un caso che Ade -dio del sottosuolo- si veda raffigurato a fianco di Persefone (la figlia della dea della terra Demetra), in un vaso a figure rosse (360-340 a-.C.) al Museo Archeologico di Napoli, e che Lei regga un vaso con i frutti della terra.
Da notare lo scettro di Ade: è lo stesso tirso triforcato che impugna Dioniso [vedi sotto].
L'uva macerata durante la vendemmia rinasceva nel vino, come già spiegava Merkelbach ne I misteri di Dioniso:
« Sotto il torchio della spremitura l’uva muore, ma rinasce nel vino. Il liknon, il vaglio per i cereali, è il simbolo del pane ricavato dal grano e del grano da seme che l’anno successivo porterà nuovi frutti » [9]
Come era raffigurato Dioniso, Re dell'uva e dei Morti?
Reggeva un bastone a due anse: il tirso.
Anche detto: ramo bacchico.
Lo si vede dipinto, per esempio, in uno stamnos (vaso per libagioni, 340 a.C. circa) dal Museo Archeologico di Matera...
Anche le Menadi e i satiri, che celebravano Dioniso, reggevano lo stesso bastone a due anse: lo si vede dipinto, per esempio, in un cratere a campana (340-320 a.C) dal Museum of Fine Arts di Boston...
Nell'iconografia medievale, questo bastone si trasformerà in un'arma militare: è l'alabarda che regge San Giusto.
Il tirso, privo ormai dei riferimenti orgiastici, è diventato l'emblema della città giuliana, e tale campeggia su due pilastri a Trieste in Piazza Unità...
➔ Mito della 'resurrezione' vegetale ---
Il dio Verde: da Osiride a Cristo. Il mito (agricolo) della Rinascita.
➔ Origini del sacrificio Eucaristico ---
Orge Sacre:
il vino di Bacco e il sangue di Osiride.
➔ Post sul potere di convocare i Morti ---
Non rompere lo specchio: i Morti che proteggono dai dèmoni.
Vivo o morto? Cristo e gli dèi mutanti dell'antichità.
Nota alle immagini ---
_ Gallica, il sito per la consultazione digitale dei manoscritti e dei testi a stampa della Bnf, consente di visionare anche la Toxicologie africaine.
Le immagini qui citate sono presenti alle pp. 453-454 dell'Opera.
Note al testo ---
[1] Cfr. Luciana Antonini, Le chiese cristiane nell'Egitto dal IV al IX secolo secondo i documenti dei papiri greci in Aegyptus - rivista italiana di Egittologia e Papirologia, Tipografia Vaticana S. Giuseppe, Milano, 1940, p. 176.
[2] Cfr. L’Istria, Anno II, Sabato 13 Novembre 1847, n. 71-72, p. 290.
[3] Cfr. Ireneo della Croce, Historia di Trieste, Libro V, Cap. IX, in Venetia, 1648, p. 430.
[4] Cfr. Acta Sanctorum –Novembris. COLLECTA DIGESTA, ab Hippolyto Delehaye, Paulo Peeters et Mauritio Coens, Tomus I, Pariis, MDCCCLXXXVII, p. 421.
[5] Cfr. Victor Saxer, L’Istria e i santi istriani Servolo, Giusto e Mauro in Atti e Memorie, Centenario della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, Trieste, 1984, p. 61.
[6] Cfr. Samo Pahor, L’ordinamento territoriale del Vescovato di Trieste, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1962-1963, p. 137.
[7] Cfr. Plutarco, Iside e Osiride, traduzione e note di Marina Cavalli, Adelphi, Milano, 2009, p. 78.
[8] Cfr. La sapienza greca, III, Eraclito, a cura di Giorgio Colli, Adelphi, Milano, 1996, [A 60], p. 67.
[9] Cfr. Reinhold Merkelbach, I misteri di Dioniso, ECIG, Genova, 2003, p. 139.
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