Andreina Ciceri, nel 1969, descriveva un demone dal cappuccio rosso che imperversava nei racconti popolari friulani...
« In Friuli suole apparire sul far della notte, poco dopo l'Ave Maria: è piccolissimo e porta in testa un berretto rosso; forma lo spauracchio specialmente dei fanciulli. »
« L'informatrice Santa Micottis aveva undici anni quando, andando con una coetanea verso il monte, sentì fischiare dietro una casera:
era lo scarific', tutto rosso, alto circa 50 centimetri. » [1]
Per scacciare l' «Omenùt» si teneva acceso un braciere durante la notte [1].
Il demone era, forse, una sopravvivenza del dio celtico del fuoco Beleno, che si adorava nel Friuli antico.
« [...] sappiamo però che il più grande dei loro Dei, il Dio protettore particolare della regione Friulana, si chiamava Beleno, ed era il dio del sole e della guerra, il dio dell'arte e della vita.
Dopo l'occupazione romana, Egli fu identificato con Apollo:
aveva spesso il soprannome di Carnio ed in suo onore si celebravano delle feste, in cui si accendevano dei grandi fuochi:
secondo alcuni l'usanza di accendere i fuochi la sera dell'Epifania sarebbe un reso del culto di Beleno. » [2]
L'ostilità dei predicatori cristiani verso il mondo pagano attribuì un'aura torbida ai suoi simboli.
Il cappuccio rosso divenne un segno del proibito nella cultura medievale: specie in alcune aree del Nord-Est, dove le prostitute dovevano portarne uno per farsi riconoscere...
« Per significare l'infamia, oltre al giallo furono scelti anche altri colori:
a Padova e a Treviso le leggi quattrocentesche ingiunsero a 'meretrices et riffianae' di posare sul capo 'unum capucium coloris rubei' ovvero un cappuccio rosso ». [3]
Avere il cappuccio rosso era, per la donna, un indizio di quel mestiere infamante:
guai se le prostitute non avessero portato un cappuccio rosso!
« [...] nelle Provisiones ducales civitatis Tarvisii, Venetiis, 1768, si legge:
Nec liceat meretricibus publicis ire per civitate sine caputiis rubeis in capitibus ». [4]
Possibile che dietro al racconto di Cappuccetto Rosso, e del Lupo che voleva mangiarla, ci sia una storia di prostituzione minorile?
Post sul culto del Lupo in un luogo francescano ---
Il culto pagano del Lupo si ritrova nella chiesa di san Francesco della Pace a Gubbio.
Qui si vede perfino il 'sepolcro' del Lupo che ammansì il Santo:
Da san Francesco a Cappuccetto Rosso:
il culto apotropaico del Lupo.
Note alle immagini ---
•L'immagine in apertura è un Giullare che ride dipinto da Anonimo. Olio su tavola dal Museo Nazionale di Stoccolma, 1540.
•La seconda immagine è un olio di pittore olandese del '500, custodito in Massachusetts (U.S.A.):
ho tratto l'immagine da una pagina di Wikipedia.
Da notare, in tutte le immagini, la « marotte »:
lo scettro in legno dei giullari, con testa buffa scolpita.
Ho scelto immagini di giullari per illustrare il post perché i pittori attribuivano ai folli i due colori diabolici del meretricio:
il rosso e il giallo.
•L'illustrazione in chiusura, che mostra Cappuccetto Rosso e il lupo, è della pittrice Jessie Willcox Smith (1911).
Ho tratto anche questa immagine da Wikipedia.
Note al testo ---
[1] Cfr. Andreina Ciceri, In margine ad una raccolta di narrativa popolare in Studi di letteratura popolare friulana, Società filologica friulana, Udine, 1969, pp. 95-96.
« Talvolta la gente accendeva un fuoco vicino alla porta e lasciava le bragi, così lo scarific', quando veniva di notte, si scottava i piedi. »
[2] Cfr. Pietro Zampa, I santi del Friuli, Pradamano, 1930, pp. 7-8.
[3] Cfr. Elisabetta Grignera, I Soperchi ornamenti. Copricapi e acconciature femminili nell'Italia del Quattrocento, Protagon Editori, Siena, 2010, pp. 286, 288.
[4] « [...] quanto ai colori Misson, visitando Venezia nel 1688, ricorda che dame e borghesi vestivano tutte di nero, mentre "abiti di colori sgargianti, gialli e rossi come tulipani, contraddistinguevano le donne di facili costumi". »
Cfr. Doretta Davanzo Poli, Le cortigiane e la moda in
Il gioco dell'amore. Le cortigiane di Venezia dal Trecento al Settecento, Casinò Municipale Ca' Vendramin Calergi,
Venezia, 2 febbraio-16 aprile 1990, pp. 102-103.
---
• Ringrazio la scrittrice goriziana Nataša Cvijanović per avermi fornito indicazioni sullo Scarific':
il demone dal berretto rosso che popola i racconti della sua Terra.
giovedì 22 luglio 2021
martedì 15 giugno 2021
La santa gattara: il corteo della dea Freya e i cacciatori di topi.
I Santi nell'Europa medievale servivano, soprattutto, a risolvere problemi di ordine pratico.
Ce ne accorgiamo guardando le miniature del Libro di Kells, in Irlanda, percorse da un intruso fastidioso: il topo!
Per combattere i topi ci si rivolgeva ai gatti, e alla Santa loro protettrice: Gertrude di Nivelles.
Sembra che a Colonia, in Germania, Gertrude fosse molto venerata per i suoi poteri 'derattizzanti'...
« In ogni caso venne invocata contro la peste, portata appunto da ratti e topi, anche nel 1822, quando topi d'oro e d'argento furono offerti al suo sepolcro di Colonia. » [1]
In una vetrata della chiesa gotica belga di Nostra Signora a Tongeren, dei topi si arrampicano sulla Pastorale:
a ribadire i 'poteri' della Santa!
Pare che in Irlanda si fossero inventati un lascito leggendario per giustificare il Suo culto!
« la generosa beneficenza che fece ai monaci irlandesi (come Foillan, fratello di Fursey, che aveva fondato un monastero a Fosses, su terre donategli appunto da Gertrude). » [1]
Dietro una devozione così forte c'era, forse, un culto pagano?
Gli antichi Germani credevano che la loro dea Freya volasse su un carro trainato da gatti.
« [...] la dea Freya dei Germani settentrionali veniva raffigurata su di un carro trainato da gatti. » [2]
I Romani associarono Freya alla dea latina a cui i gatti erano sacri: Diana.
In Minima mediaevalia, Franco Cardini spiegava come le donne-gatto 'cacciatrici' si fossero saldate all'idea del volo notturno, già nella cultura medievale...
« Burcardo di Worms [...] l'attribuisce al culto di una dea che egli, scrivendo in latino, chiama Diana, ma che è probabilmente la dea germanica Freya.
[...] Ciò detto, resta molto interessante il metodo di Burcardo:
da autentico antropologo, ha messo in moto un delicato processo di acculturazione traducendo Freya con Diana;
[...] due figure mitologiche entrambe femminili, virginali, notturne e cacciatrici. » [3]
Ne derivò la demonizzazione del gatto:
nella cultura alta religiosa, divenne l'animale diabolico prediletto dalle streghe.
Tutto il contrario nella cultura bassa: popolare.
Guai a non prestare attenzione ad un gatto!
Il gatto doveva compiere un lavoro igienico importante:
cacciare i topi.
In un libricino sui detti popolari marchigiani, ho rintracciato dei moniti molto severi contro chi dimentica l'importanza dei gatti...
« Guai alla donna incinta mangiare qualche cosa tolta ad un gatto: il nascituro sarà un ladro. »
« Al cane si può dare il pane e se ne avrà restituzione in maggior copia da Gesù;
ma guai a darlo ad un gatto, è convinzione popolare che Gesù non lo restituirebbe, giacché il gatto si deve procacciare da vivere mangiando topi. » [3]
➔ Un post nel blog sulle gatte e il Femminino ---
Le streghe che si trasformano in gatte.
Note alle immagini ---
_Le miniature con i gatti, che difendono l'ostia consacrata dai topi famelici (prima e quinta immagine nel post), provengono dall'Evangeliario di Kells che si può consultare nel sito del Trinity College Dublin: Ms 58, folii 34 recto e 48 recto.
_L'illustrazione con la dea germanica Freya su un carro trainato da gatti, è tratta dal Manual of mythology di Alexander Stuart Murray, London 1874.
L'Opera si può integralmente consultare nel sito americano Archive.org.
_La miniatura alla fine del post è dalla British Library,
Stowe ms 17 (Libro d'Ore di Maastricht): folio 75v.
Note al testo ---
[1] Cfr. David Hugh Farmer, Dizionario Oxford dei santi, Muzzio, Padova 1989, p. 197.
[2] Cfr. Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Garzanti, Milano, 1991, p. 215.
Anche Lecouteux: « Freja si sposta su un carro trainato da gatti. » Cfr. Claude Lecouteux, Dizionario di mitologia germanica, Argo, Lecce, 2002, p. 95.
[3] Cfr. Giovanni Ginobili, Bricciche di superstizioni e pregiudizi popolari marchigiani, Tipografia S. Giuseppe, Macerata, 1959,
pp. 20 e 30-31.
domenica 23 maggio 2021
Uccelli maledetti: il culto clandestino della Natura nel Medioevo.
Parlare agli uccelli era proibito dai Vescovi, nel MedioEvo.
Eppure san Francesco non si faceva problemi a farlo:
era immune alle punizioni inflitte dalla Chiesa.
Un dipinto gotico di pochi anni dopo la Sua morte, dal Museo Civico di Pistoia, ne mostra una predica.
Francesco esibisce ciò che tutti si sono raccolti a vedere:
le stimmate sul palmo della mano destra [1], e due uccelli dipinti sul pulpito cne indica con la mano sinistra.
Gli uccelli sono un elemento peculiare della predicazione francescana. Perché?
Per spiegarlo, vi faccio arrivare fino a Perugia.
Francesco era figlio di un ricco mercante, Pietro di Bernardone, ed era abituato a misurarsi con la gente del popolo.
A piazza Danti, la storica piazza 'delle erbe', in un palazzo che ha conservato al piano terra l'antica muratura medievale, in un punto insospettabile, si trova il nostro indizio.
Una deliziosa manina, che regge della verza, spunta nell'angolo destro del palazzo!
Indica l'area dove si faceva il mercato...
Quella mano in pietra non è solo un riferimento visivo.
La gente che coltivava i campi garantiva la sopravvivenza stessa delle città: quella mano, per gli abitanti del borgo arroccato, era un punto vitale.
Eppure i contadini rimanevano confinati nell'ombra:
disprezzati per via delle loro antiche superstizioni.
Tanto che, nella cultura medievale, la parola 'contadino' divenne sinonimo di 'pagano': abitante del pagus.
Di conseguenza, colui che credeva alla magia dei pagi.
Di nuovo, Le Goff...
« Resta il fatto che, a partire dal secolo V, i pagani sono, per gli autori cristiani, essenzialmente dei contadini e viceversa. » [2]
Quando Francesco d'Assisi predica agli uccelli, sta in realtà convertendo pagani che credono nei suoi poteri magici, e nella lingua segreta degli Uccelli parlata dagli stregoni.
Le Decretali ecclesiastiche dell'epoca li condannano.
Ecco una miniatura tratta dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze: ci mostra un uomo reo di esercizio della Magia.
Beccato: sta parlando ad un uccello!
Nei prodigi di san Francesco con uccelli e lupi non ci sono mai contadini intorno perché, come spiega proprio LeGoff, i contadini nelle Vite dei Santi tendono a sparire:
non hanno importanza, e cadono nell'oblio!
« L'eroe di ogni storia è infatti un santo, non essendo il contadino che un oggetto anonimo del racconto agiografico. » [2]
Che tristezza portare sulle spalle la zappa, e poi finire nel dimenticatoio!
➔ Sul legame tra uccelli e sesso femminile, vedi:
Uccelli stregati: divinare con le poppe...
➔ L'Umbria era terra prediletta per la divinazione sugli uccelli, fin dal mondo antico.
◉ Vedi il post: L'Umbria e gli uccelli: un legame antico.
L'uso di trarre responsi dal volo e dai versi degli uccelli persistette fino al Quattrocento, ed oltre.
Frati come Bernardino da Siena divennero severi censori di questa pratica magica.
E pazienza se san Francesco, secoli prima, aveva tratto il presagio delle stimmate proprio dal volo di un falco!
◉ Vedi:
Uccello, che dici? Umbria magica & superstiziosa.
Gli uccelli e l'indovino: prima lo imito, poi lo condanno!
Note alle immagini ---
_ In apertura del post, miniatura da un manoscritto della Bibliothèque Municipale di Amiens: ms. 0355, folio 294.
_ Nel polittico, il dipinto in apertura è il secondo episodio:
in alto, a sinistra.
Citai l'immagine ne Lo stregone di Assisi, il volto negato di san Francesco, Eleusi Edizioni, Perugia 2009, a p. 35.
_ Il dettaglio con la manina in pietra, si trova citato in
Perugia. Guide Electa Umbria, a cura di Massimo Montella,
Electa Editori Umbri Associati, Perugia 1993, p. 103.
« Già piazza delle Erbe o della Paglia durante il Medioevo
("sullo spigolo di via Bartolo e di via del Sole si vede scolpita una manina tenente alcune spighe di grano a significare che in quel luogo, nel Medioevo, si vendevano biade e pane",
Raniero Gigliarelli, 1907) ».
_La miniatura citata dalla Biblioteca Laurenziana, insieme ad altre di soggetto analogo, è riportata da Anthony Melnikas, The corpus of the miniatures in the manuscripts of Decretum Gratiani,
Studia Gratiana, Rome, 1975.
Nello studio, è indicata come ms. Ed. 97, folio 298v.
_Il disegno in chiusura del post, che mostra due agricoltori, è del monaco inglese Matthew Paris, e proviene dalla Chronica maiora II, manoscritto custodito alla Parker Library di Cambridge:
Corpus Christi College, MS 016, f. 75r.
Note al testo ---
[1] Le stimmate erano uno strumento di consenso per san Francesco?
Un indizio in tal senso ce lo offre, appena pochi anni dopo l'evento [siamo prima del 1236], il monaco inglese Ruggero di Wendover.
Nella Chronica Maiora, Ruggero scrive:
« Ora, quindici giorni prima della sua morte, apparvero nel corpo di lui le ferite nelle mani e nei piedi [...] .
Oh stupore! Si formò un grande concorso di popolo per ammirare un prodigio così insolito.
Anche gli stessi cardinali venivano da lui e cercavano di capire il significato di questi segni visibili. » [ff 2293]
Negli stessi anni, intorno al 1235, Bonaventura Berlinghieri dipinse una pala in cui, in un dettaglio [vedi sopra], i devoti facevano ressa per vedere le stimmate sulla mano del Santo:
se non è una testimonianza fotografica, poco ci manca!
[2] Il brano citato è tratto da Jacques Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, Einaudi, Torino 1977, pp. 106 e 109.
Eppure san Francesco non si faceva problemi a farlo:
era immune alle punizioni inflitte dalla Chiesa.
Un dipinto gotico di pochi anni dopo la Sua morte, dal Museo Civico di Pistoia, ne mostra una predica.
Francesco esibisce ciò che tutti si sono raccolti a vedere:
le stimmate sul palmo della mano destra [1], e due uccelli dipinti sul pulpito cne indica con la mano sinistra.
Gli uccelli sono un elemento peculiare della predicazione francescana. Perché?
Per spiegarlo, vi faccio arrivare fino a Perugia.
Francesco era figlio di un ricco mercante, Pietro di Bernardone, ed era abituato a misurarsi con la gente del popolo.
A piazza Danti, la storica piazza 'delle erbe', in un palazzo che ha conservato al piano terra l'antica muratura medievale, in un punto insospettabile, si trova il nostro indizio.
Una deliziosa manina, che regge della verza, spunta nell'angolo destro del palazzo!
Indica l'area dove si faceva il mercato...
Quella mano in pietra non è solo un riferimento visivo.
La gente che coltivava i campi garantiva la sopravvivenza stessa delle città: quella mano, per gli abitanti del borgo arroccato, era un punto vitale.
Eppure i contadini rimanevano confinati nell'ombra:
disprezzati per via delle loro antiche superstizioni.
Tanto che, nella cultura medievale, la parola 'contadino' divenne sinonimo di 'pagano': abitante del pagus.
Di conseguenza, colui che credeva alla magia dei pagi.
Di nuovo, Le Goff...
« Resta il fatto che, a partire dal secolo V, i pagani sono, per gli autori cristiani, essenzialmente dei contadini e viceversa. » [2]
Quando Francesco d'Assisi predica agli uccelli, sta in realtà convertendo pagani che credono nei suoi poteri magici, e nella lingua segreta degli Uccelli parlata dagli stregoni.
Le Decretali ecclesiastiche dell'epoca li condannano.
Ecco una miniatura tratta dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze: ci mostra un uomo reo di esercizio della Magia.
Beccato: sta parlando ad un uccello!
Nei prodigi di san Francesco con uccelli e lupi non ci sono mai contadini intorno perché, come spiega proprio LeGoff, i contadini nelle Vite dei Santi tendono a sparire:
non hanno importanza, e cadono nell'oblio!
« L'eroe di ogni storia è infatti un santo, non essendo il contadino che un oggetto anonimo del racconto agiografico. » [2]
Che tristezza portare sulle spalle la zappa, e poi finire nel dimenticatoio!
➔ Sul legame tra uccelli e sesso femminile, vedi:
Uccelli stregati: divinare con le poppe...
➔ L'Umbria era terra prediletta per la divinazione sugli uccelli, fin dal mondo antico.
◉ Vedi il post: L'Umbria e gli uccelli: un legame antico.
L'uso di trarre responsi dal volo e dai versi degli uccelli persistette fino al Quattrocento, ed oltre.
Frati come Bernardino da Siena divennero severi censori di questa pratica magica.
E pazienza se san Francesco, secoli prima, aveva tratto il presagio delle stimmate proprio dal volo di un falco!
◉ Vedi:
Uccello, che dici? Umbria magica & superstiziosa.
Gli uccelli e l'indovino: prima lo imito, poi lo condanno!
Note alle immagini ---
_ In apertura del post, miniatura da un manoscritto della Bibliothèque Municipale di Amiens: ms. 0355, folio 294.
_ Nel polittico, il dipinto in apertura è il secondo episodio:
in alto, a sinistra.
Citai l'immagine ne Lo stregone di Assisi, il volto negato di san Francesco, Eleusi Edizioni, Perugia 2009, a p. 35.
_ Il dettaglio con la manina in pietra, si trova citato in
Perugia. Guide Electa Umbria, a cura di Massimo Montella,
Electa Editori Umbri Associati, Perugia 1993, p. 103.
« Già piazza delle Erbe o della Paglia durante il Medioevo
("sullo spigolo di via Bartolo e di via del Sole si vede scolpita una manina tenente alcune spighe di grano a significare che in quel luogo, nel Medioevo, si vendevano biade e pane",
Raniero Gigliarelli, 1907) ».
_La miniatura citata dalla Biblioteca Laurenziana, insieme ad altre di soggetto analogo, è riportata da Anthony Melnikas, The corpus of the miniatures in the manuscripts of Decretum Gratiani,
Studia Gratiana, Rome, 1975.
Nello studio, è indicata come ms. Ed. 97, folio 298v.
_Il disegno in chiusura del post, che mostra due agricoltori, è del monaco inglese Matthew Paris, e proviene dalla Chronica maiora II, manoscritto custodito alla Parker Library di Cambridge:
Corpus Christi College, MS 016, f. 75r.
Note al testo ---
[1] Le stimmate erano uno strumento di consenso per san Francesco?
Un indizio in tal senso ce lo offre, appena pochi anni dopo l'evento [siamo prima del 1236], il monaco inglese Ruggero di Wendover.
Nella Chronica Maiora, Ruggero scrive:
« Ora, quindici giorni prima della sua morte, apparvero nel corpo di lui le ferite nelle mani e nei piedi [...] .
Oh stupore! Si formò un grande concorso di popolo per ammirare un prodigio così insolito.
Anche gli stessi cardinali venivano da lui e cercavano di capire il significato di questi segni visibili. » [ff 2293]
Negli stessi anni, intorno al 1235, Bonaventura Berlinghieri dipinse una pala in cui, in un dettaglio [vedi sopra], i devoti facevano ressa per vedere le stimmate sulla mano del Santo:
se non è una testimonianza fotografica, poco ci manca!
[2] Il brano citato è tratto da Jacques Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, Einaudi, Torino 1977, pp. 106 e 109.
giovedì 13 maggio 2021
La magia della conta: come annullare le streghe.
Molti malefici operati dalle streghe si basano sulla conta.
La struttura della filastrocca "Ambaraba-ciccì-coccò / Tre civette sul comò" mostra come le streghe agiscano:
al centro di tutto c'è la conta.
Lo spiega bene il linguista Vermondo Brugnatelli...
« alla base della filastrocca italiana
[...] Il nome femminile singolare cui si allude con i due pronomi potrebbe essere manus, dal momento che di solito si tratta di una "conta", durante la quale si passano in rassegna con la mano i partecipanti ad un gioco man mano che si scandiscono le parole della filastrocca. » [1]
Brugnatelli si riferiva ad un gioco infantile, di cui si era perso il significato apotropaico.
Per fermare le streghe, s'impediva loro di chiudere la conta.
Le streghe contavano ogni volta per scagliare il maleficio:
gli amuleti 'pelosi' avevano uno scopo preciso: allungare la conta.
Se i peli erano folti, le streghe ne sarebbero state alla larga!
È il caso, per esempio, del pelo di tasso:
Renato Bellabarba spiegava perché fosse così diffuso...
« I peli del tasso, essendo assai folti e sottili, avrebbero confuso gli spiriti maligni.
Essi infatti si sarebbero sentiti irresistibilmente costretti a contarli a uno a uno. » [2]
Il desiderio di contare era terribile:
così facendo le streghe, prima di nuocere, sarebbero state cancellate dalla luce del Sole...
« secondo la credenza popolare le streghe si fermano a contare i peli uno per uno e questi sono tanti e così sottili che ci vuol tempo e prima che abbiano finito arriva l'alba che le mette in fuga. » [3]
I poteri della conta nella filastrocca ---
In origine, le civette erano gli animali diabolici collaboratori delle streghe: la figlia del dottore e il dottore stesso le loro vittime predilette, in quanto detenevano una posizione sociale rispettabile.
Vedi il libricino che ho dedicato alla tematica, ed il relativo post:
Il maleficio delle Tre Civette.
➔ Amuleti anti-stregonici:
Conchiglia anti-Streghe: poteri di un amuleto.
Il pelo malefico:
un esercito di Ricci per combattere le streghe.
➔ Tecnica per vedere le streghe:
Falce di Luna: la magia del forcone.
Note al testo ---
[1] L'articolo di Brugnatelli sull'etimologia della formula Ambarabaciccìcoccò è consultabile on-line con un semplice click al seguente indirizzo.
[2] Cfr. Renato Bellabarba, Il ciclo della vita nella campagna marchigiana, Olschki, Firenze, 1979, p. 46.
[3] Cfr. Paolo Toschi, "Lei ci crede?" Appunti sulle superstizioni, Edizioni Radio Italiana, Torino 1957, p. 66.
Nota alle immagini ---
Le foto degli amuleti con il pelo di tasso sono tratte dalla Collezione dell'antropologo Giuseppe Bellucci, visibile presso il Museo Archeologico dell'Umbria (MANU)...
Bellucci, tra fine '800 e primi due decenni del '900, collezionò molti di questi oggetti tra mille difficoltà, come lui stesso spiegava nell'Introduzione ad un libricino sugli Amuleti...
« Molto spesso ebbi a lottare con quella diffidenza straordinaria, che, volendo raccogliere oggetti di tal genere comunemente s'incontra, avendo a fare con genti sospettose, credule, gelose fino allo scrupolo dei loro sentimenti e dei loro pensieri;
con genti paurose, che nella semplice innocente dimanda relativa a determinate credenze, a particolari sentimenti, intravedono il pericolo di esser colpite dai funesti effetti del malocchio, dai malefizi o dalle fatture delle streghe e dagli stregoni, dalle astuzie e dalle blandizie del diavolo. »
Cfr. Belluci, Un capitolo di psicologia popolare: gli amuleti,
Unione tipografica cooperativa, Perugia, 1908, pp. 5-6.
➔ Nota. L'editore folignate "Il Formichiere" ha curato nel 2012 una ristampa di questo curioso libro.
domenica 25 aprile 2021
Il pelo malefico: un esercito di Ricci per combattere le streghe.
A Perugia, nel quartiere novecentesco di Monteluce, si trova una insolita cappella mariana.
È la Madonna del Riccio:
la stradina che sale fin quassù ne porta il nome.
A cosa si deve questa strana intitolazione?
Perché mai il riccio è associato alla Madonna?
Il motivo dipende dal suo pelo, che aveva un potere curioso:
cacciare le streghe.
L'antropologo Giancarlo Baronti spiegava il perché, riportando una preziosa testimonianza...
« [...] nell'Alta Valle del Tevere si mette al collo del bambino il pelo di tasso perché le streghe quando si accingono a insidiarlo perdono tempo a contare i peli e non possono quindi succhiargli il sangue. » [1]
Si tratta della « magia della conta » :
un vero antidoto che dissuadeva le streghe, grazie al pelo...
« Le streghe evon da contà tutte i picchi di piccasorce...
ma je se faceva giorno, je se faceva tardi. » [1]
[Valter Toppetti, 1993-1994]
Anche il pelo di altri animali deteneva poteri apotropaici!
Gatti, lupi e cinghiali pare fossero molto ricercati...
« Ai bambini si fanno portare addosso attaccati alla parte anteriore della spalla sinistra [...] una ciocca di peli di lupo o di riccio o di tasso, chiusi per un'estremità in un bocciolo d'argento 'mbedecciate d'argènde ».
[Gennaro Finamore, Pescara 1894]
« ...sulla cinghia del fucile il cacciatore porta attaccato del pelo di tasso o di cinghiale. » [1]
[Umberto Console, 1937]
Il tasso, però, era il più usato per fermare le streghe.
Ne 'Il feticismo primitivo in Italia' [2], Bellucci pubblicava alcune foto di amuleti con il famigerato pelo di tasso...
Sia il tasso sia le streghe agivano di notte:
l'oscurità era il loro habitat.
Mettere del pelo di tasso sull'uscio di casa si considerava, quindi, il modo più efficace per combatterle.
Ne bastava un ciuffo:
le streghe non avrebbero fatto in tempo a contare tutti i peli per scagliare il maleficio, prima del sorgere del Sole...
« Come le streghe anche i tassi si possono vedere solo di notte e anzi proprio come le streghe si possono, solo di notte, cogliere sul fatto.
[...] Anche il tasso per altro possiede fama di succhiatore di liquidi vitali e di gran morsicatore.
Si introduce nottetempo nelle stalle per succhiare il latte delle vacche e i suoi morsi sono molto temuti dai cani e dagli stessi cacciatori. » [1]
◉ Sull'inibizione prodotta dalla conta a cui si costringeva le streghe, vedi il post:
La magia della conta: come annullare le streghe.
◉ Un amuleto per inibire le streghe:
Conchiglia anti-Streghe: poteri di un amuleto.
◉ Tecnica per vedere le streghe:
Falce di Luna: la magia del forcone.
Note al testo ---
[1] Cfr. Giancarlo Baronti, Tra bambini e acque sporche: immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Morlacchi Editore, Perugia, 2008, pp. 98, 104, 119, 139-140.
Baronti parla anche di un « amuleto per l'infanzia composto di peli di gatto selvatico » .
Riprende questa notizia da Giovanni Pansa, Noterelle di varia erudizione, Lanciano, 1887, p. 219.
La testimonianza di Gennaro Finamore sul pelo di lupo, riccio o tasso indossati dai bambini, è consultabile anche su Google Libri.
Cfr. Finamore, Tradizioni popolari abruzzesi, Volume XIII, p. 179
in Curiosità popolari tradizionali, Torino-Palermo, Carlo Clausen, 1894.
[2] Le immagini ed i riferimenti al pelo di tasso si trovano in Giuseppe Bellucci, Il feticismo primitivo in Italia e le sue forme di adattamento, Perugia, 1907, pp. 41 e 47.
È la Madonna del Riccio:
la stradina che sale fin quassù ne porta il nome.
A cosa si deve questa strana intitolazione?
Perché mai il riccio è associato alla Madonna?
Il motivo dipende dal suo pelo, che aveva un potere curioso:
cacciare le streghe.
L'antropologo Giancarlo Baronti spiegava il perché, riportando una preziosa testimonianza...
« [...] nell'Alta Valle del Tevere si mette al collo del bambino il pelo di tasso perché le streghe quando si accingono a insidiarlo perdono tempo a contare i peli e non possono quindi succhiargli il sangue. » [1]
Si tratta della « magia della conta » :
un vero antidoto che dissuadeva le streghe, grazie al pelo...
« Le streghe evon da contà tutte i picchi di piccasorce...
ma je se faceva giorno, je se faceva tardi. » [1]
[Valter Toppetti, 1993-1994]
Anche il pelo di altri animali deteneva poteri apotropaici!
Gatti, lupi e cinghiali pare fossero molto ricercati...
« Ai bambini si fanno portare addosso attaccati alla parte anteriore della spalla sinistra [...] una ciocca di peli di lupo o di riccio o di tasso, chiusi per un'estremità in un bocciolo d'argento 'mbedecciate d'argènde ».
[Gennaro Finamore, Pescara 1894]
« ...sulla cinghia del fucile il cacciatore porta attaccato del pelo di tasso o di cinghiale. » [1]
[Umberto Console, 1937]
Il tasso, però, era il più usato per fermare le streghe.
Ne 'Il feticismo primitivo in Italia' [2], Bellucci pubblicava alcune foto di amuleti con il famigerato pelo di tasso...
Sia il tasso sia le streghe agivano di notte:
l'oscurità era il loro habitat.
Mettere del pelo di tasso sull'uscio di casa si considerava, quindi, il modo più efficace per combatterle.
Ne bastava un ciuffo:
le streghe non avrebbero fatto in tempo a contare tutti i peli per scagliare il maleficio, prima del sorgere del Sole...
« Come le streghe anche i tassi si possono vedere solo di notte e anzi proprio come le streghe si possono, solo di notte, cogliere sul fatto.
[...] Anche il tasso per altro possiede fama di succhiatore di liquidi vitali e di gran morsicatore.
Si introduce nottetempo nelle stalle per succhiare il latte delle vacche e i suoi morsi sono molto temuti dai cani e dagli stessi cacciatori. » [1]
◉ Sull'inibizione prodotta dalla conta a cui si costringeva le streghe, vedi il post:
La magia della conta: come annullare le streghe.
◉ Un amuleto per inibire le streghe:
Conchiglia anti-Streghe: poteri di un amuleto.
◉ Tecnica per vedere le streghe:
Falce di Luna: la magia del forcone.
Note al testo ---
[1] Cfr. Giancarlo Baronti, Tra bambini e acque sporche: immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Morlacchi Editore, Perugia, 2008, pp. 98, 104, 119, 139-140.
Baronti parla anche di un « amuleto per l'infanzia composto di peli di gatto selvatico » .
Riprende questa notizia da Giovanni Pansa, Noterelle di varia erudizione, Lanciano, 1887, p. 219.
La testimonianza di Gennaro Finamore sul pelo di lupo, riccio o tasso indossati dai bambini, è consultabile anche su Google Libri.
Cfr. Finamore, Tradizioni popolari abruzzesi, Volume XIII, p. 179
in Curiosità popolari tradizionali, Torino-Palermo, Carlo Clausen, 1894.
[2] Le immagini ed i riferimenti al pelo di tasso si trovano in Giuseppe Bellucci, Il feticismo primitivo in Italia e le sue forme di adattamento, Perugia, 1907, pp. 41 e 47.
venerdì 9 aprile 2021
Era tutto un sogno? Il monaco Matthew e il 'mistero' delle Stimmate.
Il monaco inglese Matthew Paris, illustrando un passo della Chronica Maiora del collega Ruggero di Wendower, spiegava con un disegno cosa pensasse del Serafino apparso a san Francesco sul monte della Verna.
Altro che visione serafica!
Francesco dormiva, e si era sognato tutto...
Il dio che ispira nel sogno era un'immagine molto arcaica.
Gli indovini antichi predicevano il futuro interpretando i sogni dei loro clienti.
Freud nel '900 intitolò il suo studio più famoso, L'interpretazione dei Sogni, riferendosi proprio a questa pratica:
« [...] termine che ricorda le raccolte di sogni tramandate dall'antichità e i libri 'a chiave' di cui si servivano gli indovini e gli interpreti di sogni che, agli ingressi dei templi o sui mercati cittadini, prevedevano a pagamento il futuro basandosi sulla tradizione codificata in formule fisse della simbologia onirica. » [1]
Nel MedioEvo resisteva ancora questa idea:
gli Eremiti ricevevano, spesso per via Onirica, la consacrazione divina.
Un angelo faceva loro visita in sogno, come si vede bene in questa miniatura a margine di un folio, dalla British Library...
Tutto ciò che il MedioEvo sapeva sui Sogni lo aveva appreso dagli antichi, e soprattutto da un libro:
il Trattato sui Sogni di Sinesio di Cirene.
In esso, l'autore spiegava come decriptare la Volontà degli dèi...
« L'oracolo ha distinto due modi di ottenere con gioia il sapere:
vi è chi apprende durante la veglia e chi, invece, nel sonno. Durante la veglia, è l'uomo a insegnare; chi sogna, invece, è fecondato dal dio con la sua forza, e così apprendere e acquisire finiscono per coincidere:
e infatti fecondare è più che insegnare. » [2]
Anche san Giovanni di Patmos ebbe un sogno profetico che gli ispirò la scrittura dell'Apocalisse.
Tra i 'sognatori', Francesco d'Assisi era in ottima compagnia!
Note alle immagini ---
_ La miniatura qui sopra, proviene dall'Apocalisse dei Chiostri:
The Cloisters Apocalypse, folio 3 recto.
I 'Chiostri' sono una sorprendente struttura del Metropolitan Museum di New York, che ricrea uno spazio in perfetto stile medievale adibito alle collezioni di quel periodo storico.
_ La seconda miniatura del post, con l'angelo che fa visita ad un eremita nella grotta, proviene dalle Decretali Smithfield della British Library. Il folio è 136 verso.
_ In apertura è un disegno di Matthew Paris che illustra la 'Visione' del Serafino Crocifisso:
lo schizzo si trova nella Chronica Maiora, alla Parker Library di Cambridge: folio 70 verso.
Chiara Frugoni descrive il disegno in due passi del suo libro:
« [...] un'interpretazione più decisa è data dal benedettino Matteo Paris che tenendo presente il testo di Tommaso [da Celano] lo esplicitò disegnando Francesco francamente addormentato. »
Cfr. Frugoni, Francesco e l'invenzione delle stimmate, Einaudi, Torino 1993, p. 60 e p. 163.
Note al testo ---
[1] Cfr. Paola Traverso, "Psiche è una parola greca...
Forme e funzioni della cultura classica nell'opera di Freud", Compagnia dei Librai, Genova 2000, pp. 122-123.
[2] Cfr. Sinesio di Cirene, Il libro dei sogni, Archinto,
Milano 2010, p. 45.
Nota sulle Stimmate ---
il cronista Ruggero di Wendover aveva scritto di ferite (psicosomatiche?) apparse sul corpo di san Francesco, solo pochi giorni prima della sua morte -e non due anni prima!
Secondo Ruggero, inoltre, Francesco non nascondeva affatto le stimmate, ma ne faceva strumento di 'consenso'...
« Ora, quindici giorni prima della sua morte, apparvero nel corpo di lui le ferite nelle mani e nei piedi [...] .
Oh stupore! Si formò un grande concorso di popolo per ammirare un prodigio così insolito.
Anche gli stessi cardinali venivano da lui e cercavano di capire il significato di questi segni visibili. » [ff 2293]
Post correllati ---
Non solo i monaci dubitavano delle stimmate di Francesco:
perfino alcuni frati credevano inverosimile l'episodio, prodotto di una vera allucinazione. In proposito, vedi il post:
I funghi e le stimmate: una visione serafica o allucinogena?
Il santuario della Verna, luogo in cui Francesco subì il supplizio di Cristo, pare fosse già un tempio pagano consacrato all'antica dèa romana dei morti Laverna.
La scelta del luogo da parte di Francesco, per mettere in scena una 'morte' rituale, potrebbe non essere affatto casuale.
Vedi il post:
Laverna, l'oscura dèa senza corpo.
mercoledì 24 marzo 2021
Gli uccelli e l'indovino: prima lo imito, poi lo condanno!
San Francesco era abituato a predicare nelle campagne parlando agli uccelli.
A distanza di tempo, i francescani divennero feroci persecutori di questa pratica magica.
Il frate Bernardino da Siena pare fosse il più severo ammonitore contro gli indovini che divinavano sugli uccelli...
« "Se tu porrai che il canto della gallina, o quel del corbo [...] sia cattivo o buon augurio [...] in queste simili cose adori el dimonio"
Nello stesso quaresimale [anno 1425] Bernardino torna ad ammonire i fiorentini sull'argomento, e ancora le due pratiche sono accomunate:
"Guarda Iddio che non si vadi dietro a' canti di gallina, o d'uccegli, o auguri di bestie" ». [1]
Francesco d'Assisi, che ben conosceva la superstizione popolaresca, due secoli prima [anno 1224] aveva tratto il presagio delle stimmate alla Verna proprio dal volo di un falco!
« Durante il suo soggiorno lassù, un falco, facendo proprio lì il suo nido, gli si legò con patto di intensa amicizia.
Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. » [2]
Divinare sul volo e sui versi degli uccelli era una pratica magica molto diffusa nel mondo antico:
Sinesio di Cirene, scrittore del tardo Impero, ne parlava a fondo...
« Così i sapienti osservano il futuro:
[...] altri ancora nei versi degli uccelli, nel modo in cui si posano e nel volo.
[...] Persino gli uccelli, se possedessero una scienza, avrebbero potuto trarre una tecnica divinatoria dall'osservazione degli uomini, così come abbiamo fatto noi con loro. » [3]
Note alle immagini ---
_La miniatura qui sopra è tratta da un Salterio belga conservato alla Morgan Library di New York:
il riferimento del documento è MS M. 72, folio 139v, e si può visionare nel sito della Biblioteca.
_La seconda immagine è un gustoso schizzo di Matthew Paris:
illustra una "Predica" tenuta da san Francesco agli uccelli.
L'autore era un monaco inglese dell'abbazia di Saint Albans, che proseguì l'Opera nota come Chronica Majora del monaco Ruggero di Wendover, il quale faceva parte della sua stessa abbazia.
Matteo Parigino arricchì, inoltre, la Chronica con favolosi e variopinti disegni a colori:
consiglio di sfogliare il prezioso Manoscritto, noto come ms. 016, nel sito della Parker Library di Cambridge che lo ha integralmente digitalizzato.
_La miniatura in apertura proviene dalla Bibliothèque Municipale di Angers, e mostra un vescovo infliggere una punizione ad un indovino di uccelli.
Il riferimento è il seguente: ms. 0372, folio 282v.
Note al testo ---
[1] Cfr. Marina Montesano, Supra acqua et supra ad vento: superstizioni, maleficia e incantamenta nei predicatori francescani Osservanti, Istituto storico italiano per il Medioevo, Roma 1999, p. 22.
[2] Cfr. Bonaventura da Bagnoregio, Legenda Maior, Capitolo VIII in Fonti francescane, Editrici francescane, Padova 2004 - ff 1158.
I Fioretti, in proposito, ci dicono che « molte consolazioni riceveva da Dio, non solamente per visitazioni angeliche, ma eziando per uccelli salvatichi. »
Cfr. Della seconda considerazione sulle sacre sante istimmate
- ff 1913.
[3] Cfr. Sinesio di Cirene, Il libro dei sogni, Archinto, Milano 2010, p. 38.
◉ Post sulla lingua degli Uccelli:
L'Umbria e gli uccelli: un legame antico.
Lo stregone che fece paura al Papa:
la predica agli Uccelli secondo il monaco Ruggiero.
Uccelli maledetti: il culto clandestino della Natura nel Medioevo.
A distanza di tempo, i francescani divennero feroci persecutori di questa pratica magica.
Il frate Bernardino da Siena pare fosse il più severo ammonitore contro gli indovini che divinavano sugli uccelli...
« "Se tu porrai che il canto della gallina, o quel del corbo [...] sia cattivo o buon augurio [...] in queste simili cose adori el dimonio"
Nello stesso quaresimale [anno 1425] Bernardino torna ad ammonire i fiorentini sull'argomento, e ancora le due pratiche sono accomunate:
"Guarda Iddio che non si vadi dietro a' canti di gallina, o d'uccegli, o auguri di bestie" ». [1]
Francesco d'Assisi, che ben conosceva la superstizione popolaresca, due secoli prima [anno 1224] aveva tratto il presagio delle stimmate alla Verna proprio dal volo di un falco!
« Durante il suo soggiorno lassù, un falco, facendo proprio lì il suo nido, gli si legò con patto di intensa amicizia.
Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. » [2]
Divinare sul volo e sui versi degli uccelli era una pratica magica molto diffusa nel mondo antico:
Sinesio di Cirene, scrittore del tardo Impero, ne parlava a fondo...
« Così i sapienti osservano il futuro:
[...] altri ancora nei versi degli uccelli, nel modo in cui si posano e nel volo.
[...] Persino gli uccelli, se possedessero una scienza, avrebbero potuto trarre una tecnica divinatoria dall'osservazione degli uomini, così come abbiamo fatto noi con loro. » [3]
Note alle immagini ---
_La miniatura qui sopra è tratta da un Salterio belga conservato alla Morgan Library di New York:
il riferimento del documento è MS M. 72, folio 139v, e si può visionare nel sito della Biblioteca.
_La seconda immagine è un gustoso schizzo di Matthew Paris:
illustra una "Predica" tenuta da san Francesco agli uccelli.
L'autore era un monaco inglese dell'abbazia di Saint Albans, che proseguì l'Opera nota come Chronica Majora del monaco Ruggero di Wendover, il quale faceva parte della sua stessa abbazia.
Matteo Parigino arricchì, inoltre, la Chronica con favolosi e variopinti disegni a colori:
consiglio di sfogliare il prezioso Manoscritto, noto come ms. 016, nel sito della Parker Library di Cambridge che lo ha integralmente digitalizzato.
_La miniatura in apertura proviene dalla Bibliothèque Municipale di Angers, e mostra un vescovo infliggere una punizione ad un indovino di uccelli.
Il riferimento è il seguente: ms. 0372, folio 282v.
Note al testo ---
[1] Cfr. Marina Montesano, Supra acqua et supra ad vento: superstizioni, maleficia e incantamenta nei predicatori francescani Osservanti, Istituto storico italiano per il Medioevo, Roma 1999, p. 22.
[2] Cfr. Bonaventura da Bagnoregio, Legenda Maior, Capitolo VIII in Fonti francescane, Editrici francescane, Padova 2004 - ff 1158.
I Fioretti, in proposito, ci dicono che « molte consolazioni riceveva da Dio, non solamente per visitazioni angeliche, ma eziando per uccelli salvatichi. »
Cfr. Della seconda considerazione sulle sacre sante istimmate
- ff 1913.
[3] Cfr. Sinesio di Cirene, Il libro dei sogni, Archinto, Milano 2010, p. 38.
◉ Post sulla lingua degli Uccelli:
L'Umbria e gli uccelli: un legame antico.
Lo stregone che fece paura al Papa:
la predica agli Uccelli secondo il monaco Ruggiero.
Uccelli maledetti: il culto clandestino della Natura nel Medioevo.
Iscriviti a:
Post (Atom)