lunedì 21 dicembre 2009
La Madonna Tricefala ai raggi X.
Analisi comparata di un affresco ambiguo...
Per venire incontro a delle domande che mi sono state poste dai lettori, interrompiamo la nostra digressione e cerchiamo di mettere meglio a fuoco lo strano caso di questa Madonna a tre teste affrescata nel chiostro dell'abbazia perugina di San Pietro.
In primis, com’è possibile affermare con assoluta certezza che quella dipinta nell’affresco sia una Dea e non un Dio?
In effetti, le guide turistico-religiose del comprensorio perugino parlano con scioltezza del dipinto di San Pietro come della raffigurazione di una classica Trinità trifronte.
Che non sia affatto così lo possiamo capire solo confrontando altri casi ‘analoghi’ di vultus trifrons tramandati dalla tradizione iconografica. Diamo un’occhiata ad un affresco del XIV secolo [in alto] posto nella chiesetta dei santi Severo e Agata, lungo la medievale via dei Priori.
A parte il giochetto simmetrico dei due occhi che insistono su tre volti, il carattere che distingue nettamente l’affresco di San Pietro da questo, la cui datazione è tra l’altro quasi la stessa, è la presenza di una barba fluente. Barba che nelle raffigurazioni stilizzate dei volti permette di stabilire [oltre alla presenza meno appariscente di lineamenti più dolci e di un viso più ovalizzato] se l’artista in questione si riferisca ad una figura di sesso maschile o femminile.
Queste coordinate le ritroviamo più marcatamente in tutte le raffigurazione della Trinità a Tre Teste che il medioevo ci ha tramandato, tra le quali voglio citare per la vicinanza stilistica con l’affresco perugino a sant’Agata, una pittura absidale presente nella chiesa ticinese di San Nicolao ascrivibile alla seconda metà del XV secolo [sotto].
Qualcuno potrebbe sempre dirmi che il sottoscritto si stia sbagliando, perché una leggerissima peluria si distingue anche nel nostro affresco del chiostro di San Pietro, nella figura di sinistra [in basso]. E invece questo dettaglio, più che smentire l’eccezionalità dell’affresco di Perugia, ne conferma anzi le tante incongruenze.
Infatti l’affrescatore che realizzò il lavoro, di probabile scuola giottesca, avendo in mente gli svariati casi di vultus trifrons che venivano commissionati ai suoi colleghi ebbe un’evidente esitazione nel dipingere questa Trinità.
Cominciò a tratteggiare una leggera peluria lungo il mento della prima figura a sinistra, poi qualcosa lo fermò. Lo fermò al punto che ancora oggi questa pittura è talmente ambigua da farci sospettare che davvero qui a San Pietro si sia verificato un caso eccezionale di sincretismo con qualche vecchio culto pagano tributato ad una dèa più antica della Madonna.
Ma cosa fermò la mano del nostro affrescatore?
È probabile che fosse un’indicazione degli stessi monaci benedettini, i committenti della chiesa.
Ad un mistero già fitto se ne aggiunge così un altro. Perché in questa chiesa extra moenia immersa nel bosco che fu, è bene ricordarlo, la prima chiesa cattedrale di Perugia, venne commissionato nel Trecento un affresco tanto strano per la storia iconografica del medioevo? Strano al punto da indurre all’errore il suo stesso autore, che interruppe bruscamente il tratteggio della barba sulla Trinità a Tre Teste, lasciandoci così alla vista una dea al posto di un dio?
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2 commenti:
Oi Andrea!Come stai???E' da tanto che non ci sentiamo,che fai???Rispondimi sulla mail burning_soul_85@hotmail.com
E' una raffigurazione di dio come Sapienza. Più diffusa di quello che si creda
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