lunedì 9 aprile 2012
Il culto dei fulmini nei santuari francescani.
Da Ischitella sul Gargano alla Scarzuola.
Le vite dei santi sono piene di aneddoti ai limiti del mito.
Ma interpretare questi miti come tali non ci fa schiodare di un centimetro dal recinto della favola.
Proviamo allora a decriptare un mito sfruttando un altro mito.
Siamo nel 1216 ad Ischitella sul Gargano vicino Foggia.
Francesco d'Assisi, il nostro stregone prediletto, è di ritorno da un pellegrinaggio fatto a Monte Sant'Angelo.
Sosta ad Ischitella ed il solito feudatario ricolmo di buona volontà, tal Matteo Gentile, gli fa dono di un terreno su cui poi sorgerà il convento dei frati.
Poteva lo stregone di Assisi lasciare il foggiano senza far altro?
Che domande!
Il poverello piantò il suo bastone di pellegrino dinanzi alla chiesetta, ed ecco il prodigio!
Il bastone mise radici e si trasformò in un cipresso poderoso...
Quell'albero, almeno secondo la tradizione, esiste tutt'ora. Pietrificato [foto sopra].
Sorprende vederlo: preservato dalle gettate di cemento, i devoti lo trattano come una reliquia.
Da dove salta fuori quest'usanza? Per capirlo, diamo un'occhiata ad un altro alberello, identico a quello foggiano ma privo di devoti. Come privo dei frati che se ne andarono dal convento umbro della Scarzuola una sessantina di anni fa perché troppo isolato.
Visualizzazione ingrandita della mappa
Il cipresso secco della Scarzuola [foto sotto] oggi troneggia al centro delle surreali architetture costruite dall'architetto comasco Tomaso Buzzi alla metà degli anni '60.
Prima era un cipresso come gli altri, più isolato e più maestoso degli altri. Un fulmine caduto nell'agosto del 1970 lo pietrificò: lo stesso Buzzi narrerà l'evento nei suoi diari*.
Ma che il fattaccio capitato alla Scarzuola non fosse un caso isolato lo prova il borgo soprastante, Montegiove.
Anticamente pare esistesse un santuario sulla sua cima in cui si cultuava Iuppiter Elicius, il Giove folgoratore dei Romani.
Ecco spiegato il nome del paese!
Tutta la zona doveva essere un luogo di culto dei fulmini, lo fa pensare non solo il vocabolo Montegiove ma i rinvenimenti archeologici che nel 1925 uno storico romano, tal Cesare Simoni, annotava nel suo libricino Il castello di Montegiove.
Ora ragioniamo.
I frati s'insediano alla Scarzuola guidati da Francesco nel 1218, cioè poco dopo l'impresa di Ischitella. Il cipresso secco della Scarzuola invece viene fulminato solo nel 1970, ma sappiamo che il suolo di Montegiove era sacro fin dall'antichità per i fulmini che gli abitanti dei dintorni credevano scagliati dal dio Giove. In giro quindi dovevano esserci altri alberi fulminati come questo, alberi che evidentemente furono poi dimenticati con l'abbandono del convento.
Ad Ischitella sul Gargano invece il convento non fu abbandonato, e (credo!) l'albero folgorato continuò a ricevere le preghiere dei devoti fino al secolo scorso.
La nostra è solo un'ipotesi ardita?
Di sicuro quello che circonda lo strano cipresso di Ischitella è un mistero, e i misteri non sempre si risolvono.
Ma chi ci vieta di pensare che lo stregone Francesco e i suoi frati s'impadronirono di un culto dei fulmini?
Nota al testo ---
*Narro tutta la storia con foto dall'archivio Buzzi ne La Scarzuola. Un santuario dimenticato.
Non si sa mai che t'interessi approfondirla!
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