Giovanni Crocioni, scrivendo delle superstizioni nelle Marche, citava una Decisio De Superstitione dell'inquisitore Padre Domenico Maroni da Cagli.
Le streghe erano famose per i loro balli funebri...
« Tutti quelli dunque che hanno fatto patto, o espressamente o tacitamente, col Demonio, o per sé o per altri, questi si chiamano sortìleghi, superstiziosi, maghi, maliardi, stregoni, fattocchiari e divinatori.
Sono tali:
[...] Le donne che, mentre si portano li morti alle sepolture, fanno alcuni giri a guisa di danze o balli nelle piazze o nei sagrarii della chiesa, gridando e piangendo i morti. » [1]
Il rito della danza funebre era associato alle streghe:
nella demonologia, si era conservato il residuo di un'antica pratica di risveglio.
Ernesto De Martino descrive un rito per 'ridestare' il Morto...
« Un tempo in Westfalia durante i funerali una persona si collocava al centro della stanza mortuaria, e mentre i presenti danzavano si lasciava cadere a terra simulando la rigidità della morte.
A questo punto seguiva il lamento funebre e il bacio rituale al finto morto:
[...] Esaurita la cerimonia dei baci veniva eseguito un ballo tondo finché il finto morto al centro del cerchio si rialzava, mescolandosi alle danze. » [2]
Prendersi cura del Morto era importante.
Secondo la superstizione popolare, le streghe erano Morti trascurati:
Morti non pianti che tormentavano i Vivi.
Nei Sinodi diocesani dell'Emilia Romagna, si legge...
« Tutti potevano (ingegnandovisi) osservare le streghe, per le quali l'Epifania era giorno di fatica
[...] Con ogni verosimiglianza tutte queste streghe raffigurano le anime dei morti, libere di aggirarsi per le contrade dei vivi e di recar danno, in questa loro antichissima festa ». [3]
La paura nei Morti non pianti era così forte che, al passaggio di un feretro, si tenevano porte e finestre chiuse per evitare che l'anima del defunto entrasse in casa...
« Tanto al Sud quanto al Nord [...] è ancora in uso da qualche parte il costume, anch'esso ripetutamente condannato dai sinodi nel corso dei secoli, di aprire le finestre per consentire all'anima del moribondo di andarsene via, la finestra s'ha da chiudere, evidentemente perché l'anima del trapassato non torni. » [4]
◉ Sulle streghe e l'emancipazione femminile, vedi:
Le streghe e gli aborti: il Noce che rende libere.
◉ Sulle difese messe in atto contro gli Spiriti, vedi:
Vestirsi a lutto: come ingannare gli Spiriti.
◉ Sul potere magico di girare in cerchio, vedi:
Liturgie popolari: le origini magiche del Girotondo.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura da un Libro d'Ore all'uso di Roma, con scheletri che danzano in cerchio.
⮩ È tratta da un manoscritto visibile nel sito della Bodleian Library di Oxford, Ms. Douce 135: folio 72 recto.
_In apertura del post, incisione con scheletri danzanti opera di Michael Wolgemut, dalle Cronache di Norimberga di Hartmann Schedel.
Su Wikipedia è visibile una riproduzione.
Note al testo ---
[1] Cfr. Giovanni Crocioni, Superstizioni e pregiudizi nelle Marche durante il Seicento, Cappelli, Bologna, 1974, p. 65.
⮩ Crocioni si riferiva alle Decisiones prudentiales casuum et quaesitorum conscientiae..., edite a Forlì nel 1702 e riportate in Opac Nazionale.
[2] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975, p. 291.
[3] Cfr. Cleto Corrain e Pierluigi Zampini, Documenti Etnografci e folkloristici nei Sinodi Diocesani dell'Emilia-Romagna, Estratto da "Palestra del Clero", Rovigo, 1964, p. 10.
[4] Cfr. Annamaria Rivera, Il mago, il santo, la morte, la festa : forme religiose nella cultura popolare, Dedalo, Bari, 1988, p. 78.
venerdì 1 dicembre 2023
venerdì 17 novembre 2023
La voce degli Antenati: i Rospi indovini.
Che legame c'è tra i rospi e i Morti?
Per gli antichi, le anime degli antenati non abitavano i cieli;
ma lo stagno!
Nell'acqua risiede il principio della vita.
Gli animali che vivono a metà tra la terra e l'acqua -i Rospi- mettono in comunicazione gli uomini con i Morti.
Gian Luigi Beccaria spiega...
« Secondo una superstizione bretone nel rospo vive l'anima di un antenato.
In Lunigiana i rospi sono la reincarnazione delle persone morte.
In Sicilia (lo dice l'etimologia popolare del nome, buffa, poiché sbuffa) si crede che nel rospo siano carcerate le anime dei superbi.
Poiché vivono in lui anime di trapassati, di dannati a scontare una pena, va nutrito e trattato con affetto:
chi lo uccide avrà in sorte disgrazie.
[...] Appartiene alle tradizioni europee la credenza che l'anima del padrone di casa ritorni sotto forma di grosso rospo nel luogo dove è vissuto. » [1]
Il linguista Mario Alinei ricostruì, per aferesi (→ caduta della vocale iniziale), l'origine della parola "rospo" da quella "aruspice"...
« La nostra ipotesi è che rospo derivi dal latino haruspex 'aruspice', il mago di origine etrusca.
[...] Il rospo-parente appare anzitutto nelle fiabe, come dovremmo aspettarci sulla scorta delle teorie di Propp.
Nella loro recente e monumentale ricerca, Gamkrelidze e Ivanov includono rospi e rane fra gli animali che nella mitologia indoeuropea rappresentano il "mondo sotterraneo", e figurano come figli e antenati. » [2]
I defunti conoscono il futuro; e il rospo è prossimo ai Morti.
Per sapere ciò che avverrà i Rospi/aruspici, in grado di vedere il futuro, hanno un filo diretto con l'Oltretomba...
« aver dei contatti con le anime dei morti significa, in un certo modo, esser morti.
[...] perché i morti sanno tutto. » [3]
◉ Sugli animali dotati di poteri numinosi, vedi:
Animali Incantati: dal mito di Orfeo all'incanto dei Santi.
Stregoneria Animale: il gufo succhiatore che si trasforma in capro.
Animali Totem: il culto apotropaico di san Lupo.
Note alle immagini ---
_ L'immagine in apertura del post proviene da un manoscritto della Bibliothèque Municipale di Amiens: ms 108, folio 42v.
Vedi il sito BVMM, dedicato alle biblioteche virtuali francesi.
_La seconda immagine è tratta da un Bestiario iraniano dalla Morgan Library di New York, per segnatura: ms M 500, folio 76v.
_La miniatura in conclusione, con una 'rana-capolettera', è tratta da un manoscritto cinquecentesco visibile nel sito della British Library:
Royal MS 2 A XVI, folio 1 verso.
Note al testo ---
[1] Cfr. Beccaria, I nomi del mondo: santi, demoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 97.
[2] Cfr. Alinei, Rospo aruspice e rospo antenato, Quaderni di semantica, anno VIII, n. 2, Il Mulino, Bologna, dicembre 1987,
pp. 265 e 291-292.
[3] Cfr. Mircea Eliade, Lo Sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Eizioni Mediterranee, Roma, 2005, p. 106.
venerdì 10 novembre 2023
Bambini pagani? I piccoli Maghi e il Limbo.
Prima di ricevere il battesimo, i bambini si credevano pagani.
Il pianto dei neonati all'aspersione poteva essere interpretato come una resistenza del dèmone alla conversione.
L'antropologa Annamaria Rivera scriveva...
« [...] il bambino assume una sia pur incompleta identità soltanto dopo aver ricevuto il battesimo.
Altrimenti è pagano e, se muore, è destinato al limbo, aldilà indefinito come la sua identità. » [1]
Il battesimo era dispensato ad ogni costo:
in caso di morte prematura, il piccolo era un'anima perduta.
« Per il battesimo, nel paese di Pollone, era usanza di accompagnare il neonato al fonte battesimale con un secchiello di rame (o d'argento se si trattava di bambini ricchi), per esser pronti a un battesimo di fortuna nel caso che il piccolo stesse per morire durante il tragitto. » [2]
Bisognava fare presto:
troppo rischioso lasciare, a lungo, i bambini senza battesimo...
« Quell'intervallo di tempo, spesso non trascurabile, che va dal parto al battesimo, in cui il nato è considerato 'pagano' e non può quindi essere protetto dalle influenze negative mediante oggetti denotati in senso religioso:
"Nu ciriciullo de stoffa lu preparemo da per nui, però sempre dopo vattezzato perché prima erono pagani. » [3]
L'idea che i bambini senza battesimo fossero impuri, pre-cristiani, condizionò la loro educazione.
Il legame tra Magia e Infanzia era così stretto che giochi e filastrocche, fino al secolo scorso, erano costruite su figure e numeri dell'Incanto.
Gli stessi giochi dei bambini sono sopravvivenze di rituali pagani...
« L'antico immaginario magico-religioso è in qualche modo sopravvissuto a livello infantile, nei giochi. » [4]
Raffaele Pettazzoni si soffermava sul nesso tra giochi per bambini e ritualità arcaiche...
« Le cantile di parole senza senso onde i ragazzi accompagnano certi loro giochi sono sovente l'ultimo residuo di antiche formule d'incantesimo o di magia. » [5]
◉ Sulle sopravvivenze di rituali magici nel mondo infantile:
M'ama / non m'ama: una divinazione d'amore fatta con i fiori.
◉ Sui giochi e sul rumore come rito apotropaico:
Pasqua esplosiva: le usanze 'belle' di una volta.
◉ Ripetizione incantatoria in una filastrocca:
« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.
◉ Alleati e vittime delle streghe descritti in una filastrocca:
Il maleficio delle Tre Civette.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura con bambini che giocano su una scacchiera da un manoscritto dal Paul Getty Museum di Los Angeles, e visibile nel sito ufficiale.
Per segnatura: Ms. Ludwig IX 2, folio 142.
_La miniatura in apertura, con un bambino che riceve il battesimo,
è tratta da un manoscritto francese della Morgan Library di
New York, visibile nel sito della Biblioteca americana:
ms M. 751, folio 48r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Annamaria Rivera, Il mago, il santo, la morte, la festa. Forme religiose nella cultura popolare, Edizioni Dedalo, Bari, 1988, p. 101.
[2] Cfr. La sagra degli Ossessi. Il patimonio delle tradizioni popolari italiane nelle società settentrionali, a cura di Carlo Tullio Altan, Sansoni, Firenze, 1972, p. 149.
[3] Cfr. Giancarlo Baronti, Tra bambini e acque sporche: immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Morlacchi, Perugia, 2008, p. 112.
[4] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 154.
[5] Cfr. Raffaele Pettazzoni, Il Rombo in I Misteri: saggio di una teoria storico-religiosa, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, p. 17.
Il pianto dei neonati all'aspersione poteva essere interpretato come una resistenza del dèmone alla conversione.
L'antropologa Annamaria Rivera scriveva...
« [...] il bambino assume una sia pur incompleta identità soltanto dopo aver ricevuto il battesimo.
Altrimenti è pagano e, se muore, è destinato al limbo, aldilà indefinito come la sua identità. » [1]
Il battesimo era dispensato ad ogni costo:
in caso di morte prematura, il piccolo era un'anima perduta.
« Per il battesimo, nel paese di Pollone, era usanza di accompagnare il neonato al fonte battesimale con un secchiello di rame (o d'argento se si trattava di bambini ricchi), per esser pronti a un battesimo di fortuna nel caso che il piccolo stesse per morire durante il tragitto. » [2]
Bisognava fare presto:
troppo rischioso lasciare, a lungo, i bambini senza battesimo...
« Quell'intervallo di tempo, spesso non trascurabile, che va dal parto al battesimo, in cui il nato è considerato 'pagano' e non può quindi essere protetto dalle influenze negative mediante oggetti denotati in senso religioso:
"Nu ciriciullo de stoffa lu preparemo da per nui, però sempre dopo vattezzato perché prima erono pagani. » [3]
L'idea che i bambini senza battesimo fossero impuri, pre-cristiani, condizionò la loro educazione.
Il legame tra Magia e Infanzia era così stretto che giochi e filastrocche, fino al secolo scorso, erano costruite su figure e numeri dell'Incanto.
Gli stessi giochi dei bambini sono sopravvivenze di rituali pagani...
« L'antico immaginario magico-religioso è in qualche modo sopravvissuto a livello infantile, nei giochi. » [4]
Raffaele Pettazzoni si soffermava sul nesso tra giochi per bambini e ritualità arcaiche...
« Le cantile di parole senza senso onde i ragazzi accompagnano certi loro giochi sono sovente l'ultimo residuo di antiche formule d'incantesimo o di magia. » [5]
◉ Sulle sopravvivenze di rituali magici nel mondo infantile:
M'ama / non m'ama: una divinazione d'amore fatta con i fiori.
◉ Sui giochi e sul rumore come rito apotropaico:
Pasqua esplosiva: le usanze 'belle' di una volta.
◉ Ripetizione incantatoria in una filastrocca:
« An-ghin-gò / Tre galline e tre capò ». I poteri del numero TRE in una filastrocca.
◉ Alleati e vittime delle streghe descritti in una filastrocca:
Il maleficio delle Tre Civette.
Note alle immagini ---
_Sopra, miniatura con bambini che giocano su una scacchiera da un manoscritto dal Paul Getty Museum di Los Angeles, e visibile nel sito ufficiale.
Per segnatura: Ms. Ludwig IX 2, folio 142.
_La miniatura in apertura, con un bambino che riceve il battesimo,
è tratta da un manoscritto francese della Morgan Library di
New York, visibile nel sito della Biblioteca americana:
ms M. 751, folio 48r.
Note al testo ---
[1] Cfr. Annamaria Rivera, Il mago, il santo, la morte, la festa. Forme religiose nella cultura popolare, Edizioni Dedalo, Bari, 1988, p. 101.
[2] Cfr. La sagra degli Ossessi. Il patimonio delle tradizioni popolari italiane nelle società settentrionali, a cura di Carlo Tullio Altan, Sansoni, Firenze, 1972, p. 149.
[3] Cfr. Giancarlo Baronti, Tra bambini e acque sporche: immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Morlacchi, Perugia, 2008, p. 112.
[4] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 154.
[5] Cfr. Raffaele Pettazzoni, Il Rombo in I Misteri: saggio di una teoria storico-religiosa, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, p. 17.
mercoledì 1 novembre 2023
Mangiare e bere i Morti: il tesoro di Ade.
Mangiare i Morti era una pratica che i Sinodi diocesani dovevano scongiurare.
Si proibiva di trasformare i cimiteri in degli orti...
« Un poco di luce sui motivi di queste tassative prescrizioni ci viene da un sinodo di Rimini del 1711.
Ci si preoccupa che i parroci non abbiano ad adibire ad orti i cimiteri, cibandosi indecorosamente dei loro prodotti e peccando così di necrofagia indiretta. » [1]
I prelati temevano il riaffiorare di antiche credenze pagane sul banchetto funebre.
Ernesto de Martino, sul rito di mangiare i morti, scriveva ...
« [...] troviamo una sorprendente conferma di questa interpretazione in determinate espressioni linguistiche popolari che stabiliscono una equivalenza tra banchetto funebre e "bere" o "mangiare" i morti.
[...] In particolare gli abitanti di Zurigo erano chiamati Totenfresser o Totentrinker a cagione dei loro imponenti banchetti funebri.
A queste espressioni fa riscontro l'italiano "mangiare i morti", con lo stesso significato. » [2]
L'usanza di mangiare i morti derivava dal mondo antico, quando si credeva nel ricco Ade (Plutone, per i latini).
Un dio infero così prospero da coincidere, nel paradigma latino, con il dio stesso della ricchezza: Pluto...
◉ Nominativo: Pluto
◉ Genitivo: Plutonis
◉ Dativo: Plutoni
◉ Accusativo: Plutonem
◉ Vocativo: Pluto
◉ Ablativo: Plutone
Robert Graves, ne I miti greci, citava questa associazione...
« [...] si parla di Ade come di Plutone o Pluto, cioè il "ricco" ». [3]
Che la morte coincidesse con la ricchezza era noto ai Romani...
« A Roma il cipresso era sacro in special modo a Dis Pater, antica divinità infernale il cui nome significa "il più ricco di tutti gli dei", perché il numero dei suoi sudditi non cessava di crescere ». [4]
La terra, in cui si seppellivano i Morti, restituiva agli uomini la ricchezza:
non a caso, nel gergo popolare, i soldi si chiamano "la grana" proprio dal "grano".
Ignazio Buttita riportava un'invocazione dei contadini siciliani a sant'Antonio, il cui elemento iconografico è proprio il pane...
« La famiglia contadina [...] pregava sant'Antonio da Padova affinché favorisse un abbondante raccolto:
Sant'Antuninu, sant'Antuninu, / a lu gran Diu vu' siti vicinu: / grossa la spica, biunna la grana, / ed ogni cori s'allegra e si sana! » [5]
◉ Post sul rito del pasto funebre ---
Cristo 'infornato': mangiare gli Dèi.
Nota alle immagini ---
_Le miniature con cui ho illustrato il post sono tratte dal manoscritto Add MS 36684 della British Library:
folii 100 recto, 142 verso e 144 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Cleto Corrain e Pierluigi Zampini, Documenti etnografici e folkloristici nei Sinodi Diocesani dell'Emilia-Romagna, in Palestra del Clero, agosto-settembre 1964, Rovigo, p. 27.
[2] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975, p. 227.
[3] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota g a p. 109.
[4] Cfr. Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, Studio Tesi, Pordenone, 1989, p. 76.
[5] Cfr. Ignazio Buttita, I morti e il grano. Tempi del lavoro e ritmi della festa, Meltemi, Roma, 2006, p. 86.
Si proibiva di trasformare i cimiteri in degli orti...
« Un poco di luce sui motivi di queste tassative prescrizioni ci viene da un sinodo di Rimini del 1711.
Ci si preoccupa che i parroci non abbiano ad adibire ad orti i cimiteri, cibandosi indecorosamente dei loro prodotti e peccando così di necrofagia indiretta. » [1]
I prelati temevano il riaffiorare di antiche credenze pagane sul banchetto funebre.
Ernesto de Martino, sul rito di mangiare i morti, scriveva ...
« [...] troviamo una sorprendente conferma di questa interpretazione in determinate espressioni linguistiche popolari che stabiliscono una equivalenza tra banchetto funebre e "bere" o "mangiare" i morti.
[...] In particolare gli abitanti di Zurigo erano chiamati Totenfresser o Totentrinker a cagione dei loro imponenti banchetti funebri.
A queste espressioni fa riscontro l'italiano "mangiare i morti", con lo stesso significato. » [2]
L'usanza di mangiare i morti derivava dal mondo antico, quando si credeva nel ricco Ade (Plutone, per i latini).
Un dio infero così prospero da coincidere, nel paradigma latino, con il dio stesso della ricchezza: Pluto...
◉ Nominativo: Pluto
◉ Genitivo: Plutonis
◉ Dativo: Plutoni
◉ Accusativo: Plutonem
◉ Vocativo: Pluto
◉ Ablativo: Plutone
Robert Graves, ne I miti greci, citava questa associazione...
« [...] si parla di Ade come di Plutone o Pluto, cioè il "ricco" ». [3]
Che la morte coincidesse con la ricchezza era noto ai Romani...
« A Roma il cipresso era sacro in special modo a Dis Pater, antica divinità infernale il cui nome significa "il più ricco di tutti gli dei", perché il numero dei suoi sudditi non cessava di crescere ». [4]
La terra, in cui si seppellivano i Morti, restituiva agli uomini la ricchezza:
non a caso, nel gergo popolare, i soldi si chiamano "la grana" proprio dal "grano".
Ignazio Buttita riportava un'invocazione dei contadini siciliani a sant'Antonio, il cui elemento iconografico è proprio il pane...
« La famiglia contadina [...] pregava sant'Antonio da Padova affinché favorisse un abbondante raccolto:
Sant'Antuninu, sant'Antuninu, / a lu gran Diu vu' siti vicinu: / grossa la spica, biunna la grana, / ed ogni cori s'allegra e si sana! » [5]
◉ Post sul rito del pasto funebre ---
Cristo 'infornato': mangiare gli Dèi.
Nota alle immagini ---
_Le miniature con cui ho illustrato il post sono tratte dal manoscritto Add MS 36684 della British Library:
folii 100 recto, 142 verso e 144 recto.
Note al testo ---
[1] Cfr. Cleto Corrain e Pierluigi Zampini, Documenti etnografici e folkloristici nei Sinodi Diocesani dell'Emilia-Romagna, in Palestra del Clero, agosto-settembre 1964, Rovigo, p. 27.
[2] Cfr. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino, 1975, p. 227.
[3] Cfr. Robert Graves, I Miti greci, Longanesi, Milano, 1985, nota g a p. 109.
[4] Cfr. Jacques Brosse, Storie e leggende degli alberi, Studio Tesi, Pordenone, 1989, p. 76.
[5] Cfr. Ignazio Buttita, I morti e il grano. Tempi del lavoro e ritmi della festa, Meltemi, Roma, 2006, p. 86.
mercoledì 18 ottobre 2023
Madre Luna: il simbolo della Dea nella chiesa di un cimitero.
Nella chiesa perugina al cimitero di Monterone c'è un simbolo mariano curioso, sulla cuspide dell'altare:
due V incrociate, chiuse ai lati da due segni a forma di mezza Luna.
Sotto corre una scritta ambigua:
V SS. delle Grazie
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in cima al colle, fiancheggia l'ingresso al Cimitero:
cosa c'entra la Madre di Cristo con i Morti?
Torniamo al nostro simbolo:
la V si riferisce alla Vergine, a cui la chiesa è consacrata.
Gian Luigi Beccaria spiegava come la Madonna ereditò questa lettera dal culto di Venere, di cui la Vergine era la continuazione in età cristiana...
« Sostituzione frequente è Maria in luogo di Venere:
capillus Veneris diventa cheveux de Notre-Dame
[...] Il tipo capelli della Madonna 'capelvenere' si diffonde a livello popolare in tutte le lingue europee forse per il tramite stesso dei monaci che negli erbari propongono la sostituzione del nome pagano col nome cristiano. » [1]
L'iscrizione non è casuale:
la V è il più antico simbolo del Femminino.
In un vaso da Vulci, Dioniso si mostra a due Menadi;
una di loro regge un capro in mano:
i loro corpi sono 'avvolti' da V multiple, dritte e al rovescio.
Le due mezzelune, affrontate, nel mondo pagano erano simbolo della Vita che ☽ nasce e che muore ☾ .
Il poeta latino Ovidio, ne I Fasti, scriveva sul doppio volto della profetessa Carmenta:
era Lei a dispensare la sorte dei nascituri...
« E chiunque tu sia, se ami gli antichi riti, sta’ vicino
a chi prega, ascolterai nomi mai prima uditi:
si cerca di placare Pòrrima, e Postverta
[…] si crede che l’una cantasse ciò che era stato,
l’altra predicesse ciò che sarebbe accaduto. » [2]
Le due facce di Carmenta predicevano il futuro del nascituro, come i due volti di Giano -dio a cui la Dèa era associata, e alle cui feste seguiva: nel Calendario romano.
« Carmenta era quindi la dea che prediceva il futuro a chi nasceva, analoga alla Moira dei Greci.
[…] Gli appellativi che venivano attribuiti alla dea, di antevorta e postvorta, sono interpretati da Pettazzoni, come riferiti alla luna. Infatti, nel suo ciclo, la luna si presenta rivolta ora in una direzione ora in un’altra (luna crescente ☽ e ☾ luna calante).
Le due “facce” di Carmenta sono associate in qualche modo alle due facce di Giano. » [3]
Le due Lune affrontate erano il simbolo della Dèa come Labrys:
l'ascia bipenne della cultura Minoica.
In un vaso (phitos) rinvenuto nel golfo di Mirabella, vediamo la labrys associata ad una grande testa di Toro:
l'animale paredro della Madre Cretese...
Ermes usò un'ascia bipenne per estrarre Atena dalla testa di Zeus.
Come scrisse l'archeologa inglese Jane Ellen Harrison, Atena era la Grande Madre ingenerata – associata al simbolo della bipenne –
a cui si diede poi un padre:
partorita proprio con l'ascia, simbolo del Suo culto Matriarcale.
« Come folgore scaturì la sua vita dalla luce della testa del Padre, eppure questo rimane un disperato espediente teologico per privare delle sue condizioni matriarcali una Kore nata dalla terra. » [4]
Questo simbolismo, materno e funebre,
☽ Luna crescente ◉ Luna calante ☾ ,
si deve a un fatto empirico:
molti nascituri, nel mondo antico e fino all'Ottocento, venivano alla luce già Morti.
La dèa che vigilava sulle gravidanze era, anche, Colei che avrebbe accompagnato i Morti al 'guado'.
L'antropologa Michela Zucca spiegava:
« La nascita, nel mondo antico, era l'altra faccia della morte:
il numero di decessi per complicazioni da parto doveva essere altissimo, le madri hanno continuato a morire fra i dolori più atroci per dar luce a nuove vite fino a poco tempo fa. » [5]
Nella chiesa mariana di un Cimitero, e in un Simbolo, è sopravvissuto questo arcaico potere.
Se vuoi approfondire l'argomento, dai uno sguardo al libro...
◉ Sul culto lunare della Dèa-vacca, vedi:
La luna e le corna: il culto della Vacca lunare.
◉ Sulla Madre oscura protettrice, vedi:
Madre Nera e dèmoni protettivi: la dèa apotropaica e la Madonna Bruna.
Note alle immagini ---
_La pittura vascolare con la Nascita di Atena, sopra, è assegnata al Pittore del Phrynos, e fa parte delle collezioni del British Museum.
_La pittura vascolare con Dioniso che appare a due Menadi, terza immagine del post, è opera del Pittore di Amasis: il vaso, a figure nere, proviene da Vulci ed è custodito nel Cabinet des médailles della Bnf di Parigi.
Visita la pagina dedicata su Wikipedia.
_La miniatura con una figura a due teste, quarta immagine del post, è tratta dal manoscritto B 11.22 del Trinity College di Cambridge: folio 8 verso.
_Il vaso con una testa di Toro (o Vacca sacra), e asce bipenne che corrono intorno, emblema Minoico, è un Pythos dal Museo Archologico di Heraklion (isola di Creta).
Note al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 74.
[2] Cfr. George Thomson, Eschilo e Atene, Einaudi, Torino, 1949,
p. 218.
[3] Cfr. Enrico Comba e Margherita Amateis, Le porte dell’anno: cerimonie stagionali e mascherate animali, Collana di studi del "Centro interdipartimentale di scienze religiose", Università di Torino, 2019, p. 327.
[4] « Her life as the lightning was flashed from the light of her Father's head, but it remains a desperate theological expedient to rid an earth-born Kore of her matriarchal conditions. »
Cfr. Jane Ellen Harrison, The making of a Goddess: Athene in Prolegomena to the study of Greek religion, Cambridge University Press, 1908, p. 302.
→ Alessandro Zabini ha curato, nel libro, la traduzione del testo che la Harrison dedicava alla dèa Atena.
[5] Cfr. Michela Zucca, Donne delinquienti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, bandite, tarantolate, Tabor, Valle di Susa, 2021,
p. 42.
due V incrociate, chiuse ai lati da due segni a forma di mezza Luna.
Sotto corre una scritta ambigua:
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in cima al colle, fiancheggia l'ingresso al Cimitero:
cosa c'entra la Madre di Cristo con i Morti?
Torniamo al nostro simbolo:
la V si riferisce alla Vergine, a cui la chiesa è consacrata.
Gian Luigi Beccaria spiegava come la Madonna ereditò questa lettera dal culto di Venere, di cui la Vergine era la continuazione in età cristiana...
« Sostituzione frequente è Maria in luogo di Venere:
capillus Veneris diventa cheveux de Notre-Dame
[...] Il tipo capelli della Madonna 'capelvenere' si diffonde a livello popolare in tutte le lingue europee forse per il tramite stesso dei monaci che negli erbari propongono la sostituzione del nome pagano col nome cristiano. » [1]
L'iscrizione non è casuale:
la V è il più antico simbolo del Femminino.
In un vaso da Vulci, Dioniso si mostra a due Menadi;
una di loro regge un capro in mano:
i loro corpi sono 'avvolti' da V multiple, dritte e al rovescio.
Le due mezzelune, affrontate, nel mondo pagano erano simbolo della Vita che ☽ nasce e che muore ☾ .
Il poeta latino Ovidio, ne I Fasti, scriveva sul doppio volto della profetessa Carmenta:
era Lei a dispensare la sorte dei nascituri...
a chi prega, ascolterai nomi mai prima uditi:
si cerca di placare Pòrrima, e Postverta
[…] si crede che l’una cantasse ciò che era stato,
l’altra predicesse ciò che sarebbe accaduto. » [2]
Le due facce di Carmenta predicevano il futuro del nascituro, come i due volti di Giano -dio a cui la Dèa era associata, e alle cui feste seguiva: nel Calendario romano.
« Carmenta era quindi la dea che prediceva il futuro a chi nasceva, analoga alla Moira dei Greci.
[…] Gli appellativi che venivano attribuiti alla dea, di antevorta e postvorta, sono interpretati da Pettazzoni, come riferiti alla luna. Infatti, nel suo ciclo, la luna si presenta rivolta ora in una direzione ora in un’altra (luna crescente ☽ e ☾ luna calante).
Le due “facce” di Carmenta sono associate in qualche modo alle due facce di Giano. » [3]
Le due Lune affrontate erano il simbolo della Dèa come Labrys:
l'ascia bipenne della cultura Minoica.
In un vaso (phitos) rinvenuto nel golfo di Mirabella, vediamo la labrys associata ad una grande testa di Toro:
l'animale paredro della Madre Cretese...
Ermes usò un'ascia bipenne per estrarre Atena dalla testa di Zeus.
Come scrisse l'archeologa inglese Jane Ellen Harrison, Atena era la Grande Madre ingenerata – associata al simbolo della bipenne –
a cui si diede poi un padre:
partorita proprio con l'ascia, simbolo del Suo culto Matriarcale.
« Come folgore scaturì la sua vita dalla luce della testa del Padre, eppure questo rimane un disperato espediente teologico per privare delle sue condizioni matriarcali una Kore nata dalla terra. » [4]
Questo simbolismo, materno e funebre,
si deve a un fatto empirico:
molti nascituri, nel mondo antico e fino all'Ottocento, venivano alla luce già Morti.
La dèa che vigilava sulle gravidanze era, anche, Colei che avrebbe accompagnato i Morti al 'guado'.
L'antropologa Michela Zucca spiegava:
« La nascita, nel mondo antico, era l'altra faccia della morte:
il numero di decessi per complicazioni da parto doveva essere altissimo, le madri hanno continuato a morire fra i dolori più atroci per dar luce a nuove vite fino a poco tempo fa. » [5]
Nella chiesa mariana di un Cimitero, e in un Simbolo, è sopravvissuto questo arcaico potere.
Se vuoi approfondire l'argomento, dai uno sguardo al libro...
◉ Sul culto lunare della Dèa-vacca, vedi:
La luna e le corna: il culto della Vacca lunare.
◉ Sulla Madre oscura protettrice, vedi:
Madre Nera e dèmoni protettivi: la dèa apotropaica e la Madonna Bruna.
Note alle immagini ---
_La pittura vascolare con la Nascita di Atena, sopra, è assegnata al Pittore del Phrynos, e fa parte delle collezioni del British Museum.
_La pittura vascolare con Dioniso che appare a due Menadi, terza immagine del post, è opera del Pittore di Amasis: il vaso, a figure nere, proviene da Vulci ed è custodito nel Cabinet des médailles della Bnf di Parigi.
Visita la pagina dedicata su Wikipedia.
_La miniatura con una figura a due teste, quarta immagine del post, è tratta dal manoscritto B 11.22 del Trinity College di Cambridge: folio 8 verso.
_Il vaso con una testa di Toro (o Vacca sacra), e asce bipenne che corrono intorno, emblema Minoico, è un Pythos dal Museo Archologico di Heraklion (isola di Creta).
Note al testo ---
[1] Cfr. Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, dèmoni, folletti e le parole perdute, Einaudi, Torino, 2000, p. 74.
[2] Cfr. George Thomson, Eschilo e Atene, Einaudi, Torino, 1949,
p. 218.
[3] Cfr. Enrico Comba e Margherita Amateis, Le porte dell’anno: cerimonie stagionali e mascherate animali, Collana di studi del "Centro interdipartimentale di scienze religiose", Università di Torino, 2019, p. 327.
[4] « Her life as the lightning was flashed from the light of her Father's head, but it remains a desperate theological expedient to rid an earth-born Kore of her matriarchal conditions. »
Cfr. Jane Ellen Harrison, The making of a Goddess: Athene in Prolegomena to the study of Greek religion, Cambridge University Press, 1908, p. 302.
→ Alessandro Zabini ha curato, nel libro, la traduzione del testo che la Harrison dedicava alla dèa Atena.
[5] Cfr. Michela Zucca, Donne delinquienti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, bandite, tarantolate, Tabor, Valle di Susa, 2021,
p. 42.
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