lunedì 9 febbraio 2015
Una fattoria di pietra: la Cripta dell'abbazia di San Felice a Giano dell'Umbria
Per secoli, la Chiesa guardò con terrore al ritorno dei culti naturali.
Parlare agli uccelli era un reato di stregoneria perseguito dai Vescovi, che agivano spesso contro indovini e preti di campagna.
Nel regno animale abitavano le deità ancestrali del vecchio Paganesimo: dialogare con gli animali era considerato diabolico.
E così, il Clero li accettò solo a scopo decorativo o simbolico: per abbellire la casa di Dio.
Come nella Cripta dell'Abbazia di San Felice a Giano dell'Umbria...
Nella Cripta, 5 colonnine creano un gioco elaborato di piccole navate.
Camminandoci intorno si ha come la sensazione di aggirarsi in un cortile popolato da oche, lucertole e muli.
Tante volte si parla dell'immaginario medievale come di un mondo fantastico, gremito di bestioni straordinari.
L'uomo medievale, in realtà, era figlio della terra, e le sue suggestioni dipendevano più dal proprio orticello e dalle sue bestie da soma [sotto] che non da astruse congetture su draghi e fenici.
I capitelli che sormontano le colonne sono arte arbarica di reimpiego.
Ma la Cripta risale al 1100.
Ciò significa che i devoti a cui predicava san Francesco nel contado erano uomini e donne molto simili a quelli a cui era rivolto il bestiaro scolpito qui.
Possiamo farci un'idea sulla loro cultura - che aveva ben poco di spirituale! - partendo proprio da questi rilievi.
Certo, ci vuole (un po') d'immaginazione per scorgere in tutte le sculture disegni comprensibili.
Il bassorilievo sottostante, per esempio, mi ricorda tanto la sagoma di un lucertolone...
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